L’anfiteatro Flavio

 
L’ANFITEATRO FLAVIO
L’attualità dei nostri giorni è tremenda e non ho nè il coraggio nè la capacità di affrontarla in scienza, coscienza, e serenità 

 
L’ANFITEATRO FLAVIO

 

L’attualità dei nostri giorni è tremenda e non ho ne il coraggio ne la capacità di affrontarla in scienza, coscienza, e serenità in quanto non ci sono ragioni e torti ma solo torti che pesano sui quei tutti che avrebbero dovuto governare meglio il fenomeno, quindi lo stimolo a mugugnare lo debbo confinare in un argomento più leggero e tutto casereccio ma pur pericolosamente delicato.

Anche se è pur vero che la vicenda dello sciopero del Colosseo ci ha regalato una figura che non definisco per non scivolare nella scurrilità è altrettanto vero che sarebbe meglio distribuire equamente le responsabilità tra tutti i soggetti coinvolti non ultimi, ed in generosa quantità, tra quanti si sono violentemente indignati ad usum delphini ed a botta calda sul pubblico video.

 


 Do’ per nota la vicenda e quindi sui fatti non mi ci soffermo più di tanto, mi interessano più gli antefatti e le conseguenze, vediamo quindi di sintetizzare:

 

·        il sindacato indice una assemblea del personale di custodia informandone Chi di dovere nei modi forme e tempi di legge;

·        Chi di dovere (già ma Chi?) non provvede a fare ciò che doveva ovvero informare prima e bene ma nella società della comunicazione, sempre quello sconosciuto Chi, si limita ad esporre uno misero avviso in A4 che denuncia insieme a una certa padronanza della lingua ormai universale una altrettanta abissale ignoranza del bizzarro, per noi, suo modo di contare le ore;

·         tutti, o quasi, gridano allo scandalo ed allora, forse anche per cavalcare l’indignazione qualcuno medita vendetta, piatto da mangiare caldo, in tempi e modi così rapidi che neppure uno stato di guerra, nella nostra pur non efficientissima amministrazione, sarebbe stato capace di provocare, segno forse del nuovo, e che nuovo, che avanza.

 

Di questi tempi difendere i sindacati potrebbe apparire indice di un preoccupante precipitare nell’abisso del masochismo, un rischio che un tuttologo che come tale deve essere anticonformista può però ben correre, vediamone le ragioni.


 

 

Anzitutto il motivo del contendere sul merito sembra infatti che dallo scorso novembre Chi di dovere, forse ma non è chiaro lo stesso che si indigna così vistosamente, non corrisponda gli straordinari da novembre, evidentemente 2014; poco meno di un anno poca roba, ne dovrebbero lamentarsi quei privilegiati lavoratori pur con stipendi non proprio da favola, visto che lo stesso Chi di dovere non paga ormai da anni, o solo da poco ha cominciato a pagare, i debiti ai propri fornitori, un vizietto che un tempo rappresentava un comportamento illecito giuridicamente tutelato nell’epoca aurea di uno stato di diritto che ormai è uno sbiadito ricordo.

In realtà sembra che non sia proprio così in quanto Chi avrebbe dovuto scucire gli scudi pare non sia direttamente il Ministero Competente (maiuscola doverosa ma immeritata nel caso di specie) ma un intermediario privato pur con una particolare connotazione societaria cosa peraltro anche questa tutta da dimostrare, quindi viene da chiedersi se questo intermediario questi scudi li abbia ricevuti, oppure no anche lui vittima del vizietto dilagante che chiamano patto di stabilità, una domandina di non poco conto.

Sul metodo della vicenda poco da aggiungere sembra infatti che le rappresentanze sindacali avessero informato, come si suol dire in burocratese, nei modi forme e tempi di legge le Autorità Competenti (anche in questo caso maiuscola immeritata e dubbio sul chi queste fossero), ed allora perché tutto questo sdegno istituzionale; chi è causa del suo mal pianga se stesso, ricordo infatti come nei paesi civili i ministri si dimettano per molto meno mentre nel nostro si indignano con tutti tranne che con se stessi ed  incavolatissimi adottano legislazioni di emergenza che definire discutibili è un blando eufemismo, un brutto segnale

 


Siccome sono diventato tuttologo in età avanzata facendo nella vita produttiva tanti mestieri, tra i quali il sindacalista, senza però abbandonare il lavoro e senza ma un permesso ad hoc si badi bene, provo ad esaminare la questione alla radice sperando di sollevare la categoria dalla immonda e nauseabonda palude nella quale troppi, e soprattutto chi non dovrebbe per ruolo istituzionale, stanno cercando, devo dire con un certo successo, di precipitarla.

Come non sempre il sindacato ha difeso e difende cause giuste, ci mancherebbe e potrei testimoniarlo, così però non sempre un avvocato difende un imputato magari da reati gravissimi non essendo in cuor suo del tutto sicuro della innocenza del proprio assistito, un conflitto interiore che per quel professionista deve essere terribile; ma solo per questo nessuno e tantomeno il Ministro di Giustizia, attaccherebbe l’Ordine degli Avvocati; spero di non vivere abbastanza per vedere una cosa del genere anche se qualche timore comincio a nutrirlo.

Da oggi l’accesso alle ricchezze culturali del nostro paese diventa servizio pubblico essenziale come la sanità, i trasporti e la scuola, ma su questa ultima qualche dubbio infatti le ore di educazione che non mi sono state offerte in allora a causa degli scioperi dei docenti, sempre improvvisi e benvenuti, non hanno certo compromesso più di tanto il mio inesorabile, già da allora, sprofondare nell’abisso dell’ignoranza.

Il problema non è tanto, o soltanto, la qualificazione come servizio essenziale su cui però molto ci sarebbe da eccepire, il vero problema è il come è stato fatto e su cosa è stato fatto: bazzecole come il diritto di riunione e di sciopero; non mi avventuro nei meandri dei profili di costituzionalità materia difficile da superesperti che, come gli economisti, non sembrano azzeccarne troppe negli ultimi tempi, ma focalizzo la mia e la vostra attenzione sul punto che segue.

Mi preoccupa principalmente il fatto che un Consiglio dei Ministri, alcuni dei quali visibilmente alterati forse perché investiti dall’immonda ondata, in una notte adotti un provvedimento legislativo ad effetto immediato, uno strumento usato e soprattutto abusato anche per connivenza di Chi nel passato avrebbe dovuto intervenire in misura più puntuale, provvedimento che però tutto ha fuorché il requisito dell’urgenza, mi ripeto neppure uno stato di emergenza nazionale od addirittura di guerra avrebbe giustificato questo excursus e legittimato una cosa del genere un tempo così rapidi.


 

Ancora più preoccupante il fatto che si cominci anche solo a limare diritti fondamentali con l’istituto del decreto legge il che potrebbe rappresentare un pericolosissimo precedente per invocare emergenze analoghe in altri campi fondamentali della civile convivenza; probabilmente può avere senso ampliare le connotazioni dei servizi essenziali ma a quel Tale, che candido ha affermato che non sono stati lesi diritti costituzionali, ricorderei che sicuramente sono stati limitati e che le limitazioni, anche se magari necessarie, quando si tratta di diritti di tale portata vanno considerate con la dovuta cautela, verbi come limitare suonano male quando hanno per oggetto una costituzione e vanno sempre maneggiati con estrema cura come gli esplosivi.

Un tempo le dittature si instauravano, sempre in nome dei supremi interessi del re e della patria, con la violenza delle armi, oggi al contrario nell’interesse del paese, ma non più della patria, per passare ad uno stato sempre più moderno ma sempre più autoritario sembra essere sufficiente inoculare sistematicamente un tarlo che pian piano, ma sistematicamente, roda l’albero costituzionale già pieno di buchi introdotti per via ordinaria con la scusa della modernità e della globalizzazione o del lo vuole quell’Europa che oggi da il meglio di sé; alcuni sostengono, e non a torto, che per non fare strillare un pollo occorre spiumarlo lentamente una penna alla volta, mala tempora currunt.

Alla prossima

 

 

     Hiselo

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