La sicurezza che c’è

La sicurezza che c’è
Per lavoro viaggio di notte. Su sei notti di lavoro a settimana quasi tutte le sere incrocio una pattuglia dei carabinieri, almeno una volta a settimana vengo fermato.

La sicurezza che c’è
 

 Per lavoro viaggio di notte. Su sei notti di lavoro a settimana quasi tutte le sere incrocio una pattuglia dei carabinieri, almeno una volta a settimana vengo fermato.

È capitato anche in zone isolate e buie, dove ci si ritrova improvvisamente un’auto in mezzo alla strada. La qual cosa inquieta parecchio. Salvo poi scoprire che si tratta di una pattuglia, la quale si rende riconoscibile con il lampeggiante. Fa anche capire le sue intenzioni: fermarsi, farsi riconoscere, mostrare i documenti.


A quel punto io faccio un sospiro di sollievo. Non mi capitava da molto tempo questo fatto: più giovane, in auto o in moto, quando mi trovavo di fronte a una pattuglia cominciavo istintivamente a sudare. Forse ero in regola, ma non si sa mai. Qualche multa, qualche grattacapo può sempre arrivare. E invece ora, di notte, alle due, da soli, al buio, incontrare una pattuglia fa piacere.

Cercando di immaginare cosa pensano i due giovanotti sul mezzo nero di fronte a me, mi dico che la cosa migliore è tranquillizzarli. Non deve essere un mestiere facile, oggettivamente, quello di vagare nel buio e cercare di pizzicare chi merita d’esser pizzicato. Allora accendo subito la luce interna, sopra il parabrezza, e metto le luci di posizione e le quattro frecce. Mi faccio vedere bene, insomma.

Dall’auto scende un carabiniere, talvolta con una mano sulla fondina. Lo capisco, a quest’ora di notte, puoi pure aspettarti qualunque cosa. E qualcosa, magari, l’hai già visto.

Si avvicina, saluta, mi guarda: “L’ho già vista, l’ho già fermata?”. “Eh si, faccio il panettiere, vado al lavoro”. “Ah ecco, mi sembrava. Può darmi i documenti che dobbiamo registrare chi fermiamo? Questione di un attimo”. Dopo un paio di minuti il carabiniere ritorna, sorridente, dice di avere pazienza, mi augura buon lavoro. “Altrettanto a voi, e grazie”.

Sono grato ai carabinieri che mi fermano di notte, mi fanno compagnia e mi danno una sensazione di sicurezza. Sono ancor più grato a loro quando fanno il loro lavoro con cortesia e professionalità, sorridendo, senza peraltro distrarsi mai.


Mi sono deciso a scrivere queste righe perché ultimamente vedo giornali, testate online e pagine facebook che (da sempre, ma sempre più) soffiano sul fuoco della paura notturna dei ladri, delle rapine, dei malviventi ad ogni piè sospinto. E questo è, nell’insieme, negativo.

Instillare paura, richiamare all’allarme continuo, non fa che creare un clima soffocante di sospetto, ansia, timore. Nelle menti più deboli può finire pure per creare reazioni esagerate o combinazioni sciagurate. So di un padre e un figlio, abitanti nella stessa villetta, che separatamente avvertono dei rumori. Ognuno esce dal proprio giaciglio e si arma di un bastone. Fortunatamente non c’era nessuno, fortunatamente in mano avevano un bastone, fortunatamente si sono riconosciuti in tempo. Se avessero avuto per le mani una pistola armata dalla paura, forse questa storia sarebbe andata a finire male.

Sì, la sicurezza è un problema. Sì, ci sono ladri e traffici loschi, anche di giorno. Ma non dobbiamo cedere alla paura, non dobbiamo cedere alla nevrosi dell’inoltro insensato sui social network di notizie non verificate prima.


 

Dobbiamo necessariamente tornare (se mai l’avessimo persa) a dare fiducia a chi ha in mano la nostra sicurezza quotidiana per professione e per mandato. Come viene ripetuto nei corsi che gli stessi carabinieri tengono in tutti i paesi, è importante avere dei buoni rapporti con i vicini: il paese, il villaggio, è la nostra salvezza. Non è sempre facile, ma sorridere e salutarsi, perdere qualche minuto con il vicino a parlar del tempo o scambiarsi un favore, è la prima norma per cercare di vivere in un mondo migliore e più sicuro. Poi si può telefonare per segnalare le cose che si notano, un numero di targa anomalo, dei movimenti sospetti. Anche questo non è facile, perché bisogna farsi responsabili, e agire, anziché aspettare che lo facciano altri. Sempre senza allarmismo, senza generare ansia inutile: se si vede su un social una generica foto di un furgone definito “sospetto”, non è detto che lo sia, e non è neppur detto che si tratti di un brutto scherzo tirato a una persona tranquilla e onesta, proprietaria di quel furgone. Condividere su facebook, in questi casi, è il modo migliore per togliersi delle responsabilità.

Infine vorrei richiamare l’attenzione sulla progressiva privatizzazione della sicurezza sociale. Non mi piace vedere gli agenti privati garantire sicurezza in un centro commerciale, in un mobilificio, in un quartiere altolocato. Così come la sanità e la scuola, lo stato non deve derogare la sicurezza dei cittadini, eguale per tutti, ad aziende private. Semplicemente perché non si può, non si potrebbe, non si dovrebbe fare profitto su sicurezza, sulla salute e sulla istruzione. Un carabiniere, un poliziotto, un vigile del fuoco, non è solo un impiegato legato da un lecito stipendio e da un ragionevole rapporto di fiducia, ma qualcosa di più: è una incarnazione dello Stato, è una missione (e spendiamola questa parola così preziosa e bistrattata…), è un mandato sacro, nel senso più antico e laico del termine.

 

ALESSANDRO MARENCO

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