La Savona che vorrei: chicche di idee e programmi….

 
LA SAVONA CHE VORREI:
CHICCHE DI IDEE E PROGRAMMI
PER IL RINASCIMENTO DELLA MIA CITTA’!

   LA SAVONA CHE VORREI:

CHICCHE DI IDEE E PROGRAMMI
PER IL RINASCIMENTO DELLA MIA CITTA’!
 Comincerei con la considerazione che in provincia ci sono più di 30.000 disoccupati; Quindi penso che nel programma dell’alleanza che dovrà eleggere il nuovo Sindaco e la Giunta di Savona la parola “lavoro” dovrà essere centrale.

Ricordiamo alcuni articoli della nostra Costituzione che è forse la migliore al mondo: Art. 1 L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione. Art. 4 La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.

Il diritto riconosciuto dall’art.4 è oggi negato a troppi cittadini,soprattutto ai giovani ed alle donne; i governi di ogni colore hanno soprattutto fatto una cosa: cercato di diminuire le tutele che, faticosamente, erano state conquistate nei decenni precedenti, prendendo a pretesto il costo del lavoro in Italia come la scusa accampata dalla classe imprenditoriale per delocalizzare le loro aziende all’estero,nei paesi in cui quelle tutele non ci sono, impoverendo il tessuto industriale del nostro paese.

Ricetta dannosa ed anche inutile: quand’anche i vari Marchionne o Bombassei o simili, attaccando le conquiste sindacali, intervenendo sulle regole del mercato del lavoro, siano riusciti a diminuire i loro costi, cosa hanno ottenuto: hanno scaricato sull’INPS e sullo stato il costo delle varie indennità di disoccupazione e cassa integrazione; hanno provocato la recessione attuale; non hanno più un mercato interno,…non riescono più a vendere i loro prodotti! E’ stata ormai dimostrata la ricetta fallimentare adottata, ora bisogna invertire la tendenza, bisogna creare lavoro e sviluppo.


 Stiamo perdendo un’intera generazione di giovani, che pur anche scolarizzati e qualificati, hanno come unico orizzonte una vita di disoccupazione, precariato e nessuna possibilità di progettare un futuro…E non ci vengano a raccontare che i giovani sono “choosy“ o “bamboccioni“. Se anche dopo i 30 anni stanno a casa con i genitori è perché senza una busta paga nessuna banca ti fa un mutuo e, seppur cerchi casa in affitto, ti chiedono canoni assurdi e spesso fideiussioni di migliaia di euro.

Non ho la presunzione di essere io ad avere la ricetta per risolvere un problema così serio, ma vorrei proporre alcune semplici idee per creare lavoro in uno dei settori primari, quello dell’edilizia, uno di quelli in cui si è registrata la perdita più consistente di posti di lavoro.

Si tenga presente che rilanciare questo settore significa anche far ripartire le industrie collegate che producono le materie prime … Ora, prima che vengano le obiezioni che mi aspetto, rilanciare l’edilizia non deve significare continuare a cementificare un territorio già fin troppo deturpato.


No, il rilancio deve avvenire attraverso la riqualificazione del patrimonio edilizio esistente e dell’assetto urbanistico delle nostre città e pure di Savona quindi!

Abbiamo fabbricati, pubblici e privati, staticamente non adeguati; abbiamo edifici con un consumo energetico elevatissimo che sprecano molta energia; abbiamo territori perennemente sottoposti al pericolo di frane e smottamenti (come le alluvioni hanno dimostrato anche in anni recenti); abbiamo città assediate dal traffico, senza infrastrutture viarie, senza metropolitane, senza trasporto pubblico efficiente, senza piste ciclabili, senza verde attrezzato,etc. Quindi c’è molto da fare per fare ripartire un settore strategico; ci vogliono fondi, certo, ma ci vuole soprattutto progettualità, perché molti fondi europei non vengono spesi, perché chi potrebbe attivarli non sa magari neppure che esistano, oppure non ha a disposizione le competenze che siano in grado di avviare le pratiche. Occorre maggiore informazione su questo. Lo stato centrale deve fare la sua parte, perché ci vogliono buone leggi, fra queste: una nuova legge urbanistica nazionale che superi le frammentazioni delle varie leggi regionali; non servono nuovi Piani Casa, serve una legislazione chiara,che vada incontro ai bisogni del cittadino,non a quelli della grossa speculazione.

Bisogna che sia nuovamente possibile un disegno delle città governato dal pubblico e non organicamente funzionale all’interesse del privato potente.

La revisione del Codice dei Contratti e degli appalti che, se da un lato non riesce a proteggere dal rischio delle infiltrazioni mafiose nel settore, dall’altro taglia via la possibile partecipazione della piccola e media impresa alle gare.

Quest’ultima è quella che ha subito di più la crisi e che ha prodotto il maggior numero di disoccupati. E questo è tanto vero per le imprese di costruzioni quanto, ancor di più, per i servizi professionali. Andrebbero rapidamente trovate risorse finalizzate alla stabilizzazione degli incentivi per gli interventi di contenimento dei consumi energetici dei fabbricati; molto si è fatto per il fotovoltaico (e non sempre bene), pochissimo viceversa per la coibentazione delle murature perimetrali, il solare termico, la geotermia etc.

Qui c’è ancora moltissimo da fare, siamo ben lontani dagli obiettivi che il protocollo di Kyoto aveva fissato!

Le leggi regionali potrebbero poi, se del caso, assegnare bonus volumetrici, consentire la delocalizzazione di volumetrie in aree diverse, modifiche delle destinazioni d’uso o della sagoma necessarie all’armonizzazione architettonica con gli edifici esistenti.

In coerenza con queste linee operative, gli imprenditori del settore edile vanno indirizzati verso operazioni di recupero edilizio e, azzardo, anche di sostituzione volumetrica: se un immobile non ha valenze architettoniche di pregio, si può demolire e ricostruire a prezzi anche inferiori a quelli di ristrutturazione, che a volte possono essere abbastanza onerosi.


 

Inoltre sarebbe necessario una sorta di nuovo Piano decennale che finanziasse il recupero del patrimonio edilizio esistente, come quello del 1978: dare contributi in conto capitale o in conto interessi (come si fece con alcune leggi anche regionali molto utili) per chi avviasse interventi di vero risanamento sia dei centri storici che di quei fabbricati, che pur ci sono in zone non storiche ma centrali, anche a Savona, per lo più di cattiva qualità edilizia.

Ci sono poi fabbricati spesso fatiscenti, dei quartieri di espansione ormai vecchi di 40-50-60 anni; pure lì molto da fare. Un piano simile potrebbe essere volano di una nuova ripartenza dell’economia di questo settore.

Alcuni degli interventi legislativi che ho elencato non hanno costi a carico del bilancio dello stato; come finanziare gli altri, che sono onerosi? Con la riforma e il potenziamento del catasto, con il censimento di tutte quelle abitazioni che o sfuggono al classamento, oppure sono ancora censite erroneamente con redditi catastali bassissimi, mentre magari sono in zone di alto pregio, con valori immobiliari reali 5-6 volte il valore catastale. Assoggettando a una giusta tassazione queste case, che spesso sono seconde e terze case, magari lasciate vuote pur di non affittarle a canoni equi (certo anche rimodulando l’IMU) si ricaverebbero tantissimi soldi. Siamo qui a fare proposte che riguardino il territorio savonese: bene a Savona, dopo non pochi anni è entrato finalmente in vigore il nuovo PUC, quindi l’Amministrazione Berruti il suo dovere lo ha fatto.

Anche prima dell’entrata in vigore del PUC, pur tuttavia molto si era già fatto, avviando importanti ed imponenti operazioni di trasformazione e ristrutturazione urbanistica. Finalmente si sta attuando l’intervento di recupero dell’ex Ospedale S. Paolo. In questi ultimi anni si è creato il Parco Commerciale delle Officine e l’insediamento del Parco Doria.

 

Tutto bene? No, certamente! Esistono errori, commistioni, speculazioni e contraddizioni del tutto palesi!

Se da un lato in questa città ci sono tantissimi alloggi vuoti, se abbiamo costruito abbastanza per i ceti più abbienti che hanno potuto acquistare casa alla Torre Bofill o al Crescent, non abbiamo ancora dato risposta abitativa ai savonesi giovani, precari, quando non disoccupati, o semplicemente a basso reddito.

Sia chiaro io, non contesto le costruzioni in darsena o in altre zone di pregio: con gli interventi a scomputo degli altissimi oneri di urbanizzazione si è cambiato, in meglio, il volto della città. Ma ora occorre pensare ai locali, altrimenti i giovani savonesi continueranno a doversi trasferire in Val Bormida, ove gli affitti sono più bassi dei 550-600 euro al mese che si chiedono a Savona per un bilocale.

Se questa tendenza non si contrasta, non solo vedremo aumentare l’invecchiamento della popolazione, ma continueremo a vedere crescere fenomeni di pendolarismo, che creano inquinamento, traffico e problemi di parcheggio.

Come possiamo fare? Incentivando interventi sul patrimonio esistente che è per lo più di cattiva qualità edilizia, che ha bisogno di interventi: quante case senza bagno , con il wc sul poggiolo o in veranda, quante senza riscaldamento!!! quanti condomini senza ascensore!!!

E questo deve e ….può essere compito di un’amministrazione comunale! Io credo che si possano assegnare bonus volumetrici, consentire la delocalizzazione di volumetrie in aree diverse, modifiche delle destinazioni d’uso o delle sagome necessarie all’armonizzazione architettonica con gli edifici esistenti. In coerenza con queste linee operative, gli imprenditori del settore edile vanno indirizzati verso operazioni di recupero edilizio e, azzardo, anche di sostituzione volumetrica : se un immobile non ha valenze architettoniche di pregio, si può demolire e ricostruire a prezzi anche inferiori a quelli di ristrutturazione, che a volte possono essere abbastanza onerosi.

Il Social housing è la giusta soluzione ma non possono bastare i soli edifici e capitali pubblici, bisogna, a parere mio, coinvolgere i privati.

Come si è fatto ottimamente con i Contratti di Quartiere di Savona Ponente.

Per fare questi interventi, certamente, bisogna prima prevedere degli alloggi parcheggio ove alloggiare i condomini durante le operazioni di risanamento o sostituzione volumetrica. Già il Piano Città Vecchia del 1976 prevedeva un meccanismo simile per avviare il risanamento del centro storico. Qualche contenitore edilizio esistente e desueto potrebbe assolvere a questa funzione, come avrebbe dovuto essere per l’edificio di via Giuria, ristrutturato negli anni ’80 a tale scopo, e poi usato invece per gli sfrattati …

Nel Comune di Savona (ed anche in tutta la provincia) dovremmo essere in grado di avviare un generalizzato piano di recupero dell’esistente,per adeguare il patrimonio abitativo dal punto di vista strutturale, distributivo ed energetico. (E’ inutile imporre i certificati energetici se poi non si rimedia al fatto che le case esistenti son tutte in classe G).

Immaginate quanto lavoro per il mondo della nuova edilizia riconvertita dalla crisi verso nuovi orizzonti di compatibilità ambientale e per l’indotto!!!!

Si sa che l’edilizia è settore trainante e se, senza consumare ulteriore suolo, riuscissimo a fare questo, si creerebbe sviluppo,perché oltre alle opere edili (ed ai servizi connessi) si produrrebbero componenti: acciaio, pannelli isolanti, pannelli fotovoltaici e solari termici, piastrelle, ponteggi, tegole,etc. etc. Un nuovo grande impulso all’economia! Savona può crescere anche così.

Infine, un mio vecchio pallino è quello della necessità di reperire tutte le risorse per il recupero dei “contenitori storici“: Palazzo S.Chiara, Convento di S.Giacomo, Villa Zanelli, etc.


 

E per quelli non proprio storici, ma centrali, bisognerà pensare ad una nuova destinazione d’uso: Edificio ex Banca d’Italia, Palazzo della Provincia, Prefettura (se come pare si eliminerà).

Credo che per fare questo bisognerà creare sinergia fra pubblico ed eventuali privati interessati.

Un discorso a parte va riservato al Priamar che deve essere valorizzato e usato di più anche in funzione turistica.

ELENA FEDI

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