La Realpolitik della Vispa Teresa: il M5s, il gas russo e la rottura con il campo largo
La Realpolitik della Vispa Teresa: il M5s, il gas russo e la rottura con il campo largo
Nel serrato dibattito parlamentare sulle crisi internazionali, la recente presa di posizione del Movimento 5 Stelle – che apre a una possibile futura collaborazione con la Russia sul gas – segna uno spartiacque politico tanto inatteso quanto emblematico della mutazione genetica di una forza politica che, un tempo, si proclamava portatrice di purezza morale e intransigenza etica. Una mutazione che potremmo definire, con amara ironia, *la “realpolitik della Vispa Teresa”*.
Sì, perché l’atteggiamento del M5s ricorda la leggendaria fanciulla della filastrocca, che inseguiva farfalle nel prato salvo poi scoprire che quelle stesse ali colorate erano iridescenze ingannevoli. Così, anche Giuseppe Conte, nel ruolo della vispa leader in cerca di coerenza, si ritrova ora a rincorrere farfalle geopolitiche, tra aperture al gas russo e chiusure alle armi per Kiev, oscillando tra pacifismo di principio e calcolo elettorale.
L’apertura che spacca il fronte
La notizia: il M5s inserisce nella propria risoluzione parlamentare l’invito a non escludere a priori e pro futuro una collaborazione con la Russia in materia di forniture energetiche, qualora lo scenario mediorientale (leggi: guerra all’Iran) comprometta le attuali rotte di approvvigionamento. Immediate le reazioni indignate del Pd, di Avs e – non a caso – di Carlo Calenda, che non ha perso l’occasione per ribadire il suo niet a ogni alleanza con un Movimento che, a suo dire, ha la stessa postura di Salvini sulla Russia.

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Più che una scissione sul merito, è l’indice di una frattura valoriale. Eppure, la domanda scomoda resta: *è davvero così assurdo, oggi, rimettere sul tavolo il nodo energetico in chiave pragmatica, senza dover per forza passare per “putiniani”?*
Doppio standard o doppia morale?
Qui si svela il paradosso: da una parte si demonizza ogni spiraglio di dialogo energetico con Mosca, dall’altra si continua a fare affari con l’Egitto di al-Sisi (nonostante Regeni), con la Turchia di Erdoğan (nonostante i curdi), e con l’Arabia Saudita (nonostante il caso Khashoggi). La geopolitica non è mai stata un pranzo di gala.
Il M5s, con una mossa che pare mossa più dalla logica del posizionamento strategico che dalla coerenza ideologica, sembra voler capitalizzare il crescente disincanto di una parte dell’opinione pubblica che non si riconosce né nella guerra senza se e senza ma né nella sudditanza energetica univoca agli USA e al blocco atlantico.
E qui la vispa Teresa inciampa davvero: perché se è vero che occorre tenere aperte tutte le strade in un mondo multipolare, allora la mossa andava accompagnata da un ragionamento più strutturato, meno improvvisato e più coordinato con le forze affini. Invece, si è scelto il solitario volo pindarico, portando allo scoperto divisioni interne al campo largo che la destra potrà ora sfruttare con comodo.
Dal pacifismo all’ambiguità
Anche sul fronte delle armi all’Ucraina, il Movimento conferma la propria linea contraria agli invii militari. Ma stavolta non è solo: Avs lo sostiene, mentre il Pd – ormai pienamente collocato in una postura filoatlantica – insiste sul “sostegno pieno e solidale”. Una coabitazione diventata sempre più ipocrita e insostenibile.
Si ha quasi l’impressione che il campo largo sia diventato un’arca di Noè dove convivono animali che si ringhiano addosso. Una coalizione che non riesce nemmeno a convergere su una risoluzione parlamentare ha serie difficoltà a proporsi come alternativa credibile alla destra meloniana.
Conclusione: il crepuscolo del campo largo?
Il M5s tenta una nuova narrazione: quella di un realismo energetico e pacifista, in contrasto con le retoriche belliciste dominanti. Ma nel farlo, rischia di apparire più interessato a distinguersi che a costruire. La realpolitik, quella vera, richiede freddezza, visione e alleanze robuste. Quella della “vispa Teresa” è invece una realpolitik ingenua, che rincorre le convenienze del giorno e inciampa nel discredito del domani.
Nel frattempo, Meloni osserva e ringrazia: se le opposizioni si dividono persino su gas e armi, la sua leadership può continuare a volare indisturbata sopra i prati della maggioranza.