La prospettiva della “Fine del mese”

La prospettiva della “Fine del mese”
Sempre più frequentemente incontro vecchi amici, vecchi compagni di lavoro dall’aria contrita. Mi chiedono se conosco qualcuno che cerchi lavoro, se qualcosa “si muove” dalle mie parti. 

La prospettiva della “Fine del mese”

Sempre più frequentemente incontro vecchi amici, vecchi compagni di lavoro dall’aria contrita. Mi chiedono se conosco qualcuno che cerchi lavoro, se qualcosa “si muove” dalle mie parti. Chiedono se io stesso ho bisogno di una mano per qualche lavoro.

Dopo la fabbrica, e tutti gli ammortizzatori sociali previsti dalla legge, chi non si è reso conto della situazione e non s’è dato da fare, è rimasto appiedato.

Alcuni si sono rimessi a tagliare legna, a raccogliere funghi, ad accettare piccoli lavoretti da amici o vicini di casa (quanto è importante, in una società, il vicinato, la famiglia, il gruppo!!) altri hanno aspettato ancora che lo stato proponesse loro qualcosa, che l’occasione buona arrivasse un po’ per combinazione, un po’ per diritto.


Intendiamoci: non trovo niente di sbagliato in questo. Il diritto al lavoro è sancito dalla costituzione (finché non la cambiano, anche in questo…) e creare le condizioni per facilitare la creazione di posti di lavoro degni (sottolineo: degni, non lavoro basta che sia, non lavoro-inquinamento, non lavoro-schiavitù) dovrebbe essere in cima a qualsiasi agenda politica. Evidentemente con visioni economiche di destra (libero mercato, iniziativa privata, stato vigile ma non presente); o di sinistra (libero mercato vincolato a regole chiare, stato presente e vigile, stato sociale, integrazioni al reddito).

Attualmente, nonostante ci si dibatta (o almeno sembra che ci si dibatta) con svariate iniziative a livello centrale (jobs act) o altre a livello più periferico, il lavoro è sempre scarso. Negli ultimi anni, a quanto ho percepito, è talvolta diventato pure indegno: orari flessibilissimi, giorni di paga flessibilissimi, contratti flessibilissimi, condizioni sanitarie e igieniche di cui è meglio non parlare.

C’è una nuova emigrazione. Alcuni giovani scoprono i paesi stranieri, non solo europei, dove andare a cercare uno stipendio adeguato alla fatica, e nel contempo ad apprendere fluidamente una lingua, a fare esperienza per il vasto mondo, sempre più complicato e veloce. Magari torneranno presto con una nuova mentalità, e questo potrebbe servirci più dei buoni propositi (elettorali) dei politici.

Registro un fenomeno, nella mia personale esperienza, piuttosto curioso, di cui non sono molto documentato se non per conoscenza diretta, visto che quel che qui descrivo avviene a poca distanza dalla mia casa di campagna, la vecchia cascina dei nonni.


Tenuta Squaneto

Nel comune di Spigno Monferrato c’è un borgo che si chiama Squaneto. Quattro case e una chiesetta. Ci sono estesi prati pianeggianti, colline coperte di boschi tutt’intorno, il fiume, molti caprioli, tassi e volpi.

Vicino al fiume alcuni anni fa è stata costruita una piccola trattoria. Un gioco da bocce, quattro tavoli, un parcheggio. Il luogo adatto per passare una domenica d’estate. Poi è arrivato qualcuno con altro spirito imprenditoriale, ed ha costruito un campeggio. Parcheggio roulottes, bungalow, parco giochi per bambini, ristorantino, piscina…

A partire dai primi giorni della bella stagione il campeggio si riempie completamente. Deborda di persone sorridenti, che corrono e ciabattano, pedalano e nuotano, fra gli ameni prati e boschi della nostra Alta Valle.

La posizione è strategica: ad un passo hanno le spiagge della rinomata Riviera, ad un altro passo hanno l’ubertoso Piemonte delle Langhe e del Monferrato. Qui, hanno pace, tranquillità, verde, spazio, silenzio, accessibilità.

Una nota interessante: tanto i titolari che la maggior parte dei clienti sono olandesi. Forse qualche belga, qualche francese. Ma sparuti come papaveri nei campi di grano (che esistono, rari, pure attorno al campeggio).

Vien da fare qualche riflessione. Intanto non si può negare che la cosiddetta “vocazione turistica” sia un bel modo di dire: la vocazione si crea con iniziative o imprese che abbiano volontà e senso degli affari, non per concessione di qualche divinità.


In secondo luogo, di questo campeggio i valbormidesi, i locali in genere sanno poco. Eh ti credo: che ne sappiano poco o molto, non conta nulla. Di un campeggio come questo (fra l’altro premiato  – in patria – come uno dei migliori in Europa) devono saperlo all’estero, primo fra tutti i nordici signori che calano sull’Italia sul far di giugno.

In terzo luogo saper valorizzare e promuovere il proprio lavoro, saper accogliere e gestire un campeggio, non è cosa da improvvisare. Sul sito, infatti, si spiega che la famiglia titolare è qualificata e abilitata nell’ambito del turismo. Niente improvvisazione.

In quarto e ultimo, il campeggio ha una ricaduta, sia pure di pochi mesi, su territori la cui economia è quasi solo più basata sulla pensione dei pochi ottuagenari ancora in forma. Le persone in ferie, si sa, sono ben disposte alla spesa, al consumo e vorrebbero anche portare a casa qualche buon ricordo dalle vacanze.

Incredibilmente, sul campeggio non c’è quasi campo per la telefonia mobile. E già qui c’è da chiedersi cosa mai aspettino i gestori a dare un servizio, oggi come oggi, indispensabile a chi è in viaggio… La qual cosa potrebbe metterci in imbarazzo tutti, come italiani, nei confronti di stranieri in vacanza.  Altrettanto curioso: all’uscita del campeggio non ci sono tabelle indicative di città o percorsi turistici consigliati. Che so: una cartina della zona, le distanze dalle principali città (europee?), i luoghi che varrebbe la pena visitare, il calendario delle tante feste e sagre locali…

L’impressione è che questi olandesi siano lasciati a loro stessi. Forse siamo liguri anche noi nell’entroterra, per cui il turista un po’ ci imbarazza, e tutto sommato troveremmo giusto che ci ringraziasse anche solo per essere in Liguria…

Ma ancora una domanda mi viene: come mai non ci abbiamo pensato noi? Come mai non ci arriviamo nelle cose? E non proviamo a rifarlo, questo modulo?

Sento già ribollire le scuse che s’inseguono, la burocrazia, le leggi, gli impedimenti, il clima, l’assessore, la banca, le scie chimiche e i complotti internazionali.

Sarà anche tutto vero, non so, non me ne intendo. Però dobbiamo imparare a fare turismo dagli olandesi, e questo è imbarazzante.

Forse anni di industria ci hanno abituato davvero a non vedere prospettive, ad attendere pazienti la fine del mese, la busta, la cassa integrazione, la feria pagata. Forse abbiamo trasmesso questa quiete ai nostri figli. Ma il mondo si complica, ci sono molti rischi, ma ci sarebbero pure delle buone occasioni.

Alessandro Marenco

 

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