LA POLVERIERA

Premetto di non appartenere a nessuna categoria di esperti, o presunti tali, di strategie belliche, di armamenti e di tutto ciò che gira intorno alle guerre moderne, in termini tecnici o di mero business.
Parlo invece da uomo carico di anni, che la Seconda Guerra Mondiale l’ha vista da infante e adolescente, quindi con poca consapevolezza, all’epoca, di cosa gli stava accadendo intorno.
Oggi posso parlarne solo in retrospettiva, come potrebbe fare chiunque, a prescindere dall’età e dagli eventi vissuti in prima persona, che si perdono ormai nella memoria, tranne gli spettacoli di un bombardamento notturno di Milano e del siluramento pirotecnico sulla spiaggia di Finalpia di una petroliera tedesca.
Ciò detto, mi permetto di avanzare alcune considerazioni, di mero buon senso.
Dunque, non voglio giudicare se l’aggressione dell’Ucraina da parte della Russia sia stata una mossa proditoria o giustificabile come reazione al progressivo accerchiamento e alla crescente baldanza della NATO, che doveva ritagliarsi una visibilità e uno scopo sempre più appannati da decenni di sonnolenza, dopo la fine della guerra fredda.

Il nome di Hiroshima non sembra aver fatto riaffiorare ricordi dell’atrocità della devastazione insita negli armamenti nucleari. Tutti d’accordo, come bravi scolaretti, col maestro canuto in mezzo, a escogitare nuove sanzioni alla Russia e sempre nuovi fondi e armi micidiali all’Ucraina, dimenticando che sono rivolte al Paese con l’arsenale atomico più vasto al mond [VEDI]

Voglio invece evidenziare che l’Occidente sta percorrendo una strada sempre più inclinata verso l’apocalisse nucleare: un’eventualità che, a furia di venir ripetuta, sembra aver perso buona parte della sua implicita follia.

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Dopo aver ascoltato, dal febbraio 2022, provvedimenti economicamente bellicosi [VEDI], come le sanzioni finanziarie  contro la Russia, dando per scontato che la ragione fosse tutta dalla parte dell’Ucraina, e il torto dalla parte della Russia, con confische di capitali esteri russi, pretendendo al tempo stesso che onorasse le scadenze dei suoi debiti esteri, si assiste ormai da mesi alla fornitura di armi, dapprima difensive e più recentemente di portata offensiva sia sul campo di battaglia che a lunghe distanze.
L’Ucraina dispone quindi di armamenti sempre più sofisticati, che le nazioni occidentali, e in particolare USA, Germania e Regno Unito, fanno a gara nell’inviare, mettendo l’Ucraina sempre più nelle condizioni di diventare da aggredita ad aggressore, spostando il terreno del conflitto anche in territorio russo.
Così facendo, le nazioni NATO, sotto il cui ombrello stanno per porsi nazioni un tempo neutrali, come Svezia e Finlandia, hanno in pratica dichiarato guerra alla Russia, sfoggiando contro di essa il fior fiore degli armamenti sempre più sofisticati e letali che gli apparati militari non avevano osato sperare di poter mettere alla prova sul campo, sino allo scoppio di questo conflitto. Si tratta della miglior guerra sperabile, senza perdita di uomini propri, lasciando che sia un’interposta nazione a fare la guerra per noi, anzi, soprattutto per gli americani, che hanno ancora dei conti in sospeso con la Russia, quando ancora era URSS. Una guerra per gli USA a rischio zero, mentre noi europei rischiamo di essere il vicino e facile bersaglio nel caso gli eventi prendessero la temibile piega atomica.

Yalta, febbraio 1945. I 3 “grandi” di UK, USA e URSS si incontrano per spartirsi il bottino, essendo ormai certa la sconfitta di Germania e Giappone. Gli accordi furono presi proprio in Crimea, oggi principale casus belli del conflitto Russia-Ucraina

Si continua a pensare di riequilibrare l’evidente disparità iniziale di uomini e mezzi dell’Ucraina nei confronti della Russia; ma oltre ai generali, persino gli stessi capi di Stato, a cominciare dall’Italia, continuano ad usare toni enfatici nel ribadire, quasi ogni giorno, l’appoggio incondizionato all’Ucraina e addirittura, in linea con la visione di Zelensky, la vittoria finale sulla Russia, con piani ufficiosi di suo smembramento territoriale, seguendo la prassi di tutti i vincitori, come maldestramente fatto nel 1918 e nel 1945.
Sembra quasi di rivedere, sottotono, la Yalta del 1945, per la spartizione anticipata delle spoglie territoriali della Germania; nonché di Bretton Woods nel 1944, con l’affermazione della supremazia del dollaro su tutte le altre valute, mettendo con ciò le basi per il rafforzamento dell’Impero Americano, che infatti ne seguì.
Con una differenza essenziale: che nel 1944 e 1945, si conoscevano ormai per certe le sorti della guerra, dopo la disastrosa campagna di Russia; mentre oggi solo nei sogni di Zelensky si giungerà ad una Russia in ginocchio col capo cosparso di cenere.

Bretton Woods, luglio 1944. I rappresentanti di 44 Paesi si riunirono nella cittadina americana per delineare un nuovo ordine mondiale, dopo le turbolenze di una guerra dall’esito già scontato. In realtà si assistette al duello tra il declinante impero britannico, difeso da John M. Keynes, e lo statunitense Harry D. White, che ebbe la meglio e pose le basi per un’egemonia del dollaro e il successivo imperialismo USA

Il risultato delle sanzioni pecuniarie e commerciali è stato quello di rinsaldare l’asse tra la Russia e altri Paesi asiatici, Cina in testa, con l’accelerazione del progetto, in campo già da diversi anni, di una moneta pan-asiatica capace di contrastare, se non demolire, l’egemonia del dollaro. Un progetto, voglio ricordare, simile a quello di una valuta pan-africana in via di consolidamento, a guida Gheddafi, la cui tragica fine dimostra quanto chi detiene interessi contrari, come gli stessi USA, ma in questo caso ancor più la Francia di Sarkozy, col suo franco coloniale, non può tollerale, a costo di scatenare una guerra di aggressione, che però non trovò ostacoli a sfondo moraleggiante come è invece accaduto per l’Ucraina. Insomma, un’aggressione va bene solo se è attuata a salvaguardia degli interessi occidentali.
Ma c’è altro, e di portata immensamente maggiore: sembra ci si dimentichi che la Russia detiene un parco di testate nucleare superiore persino a quello USA. E, qualora il gioco al rialzo della NATO tramite l’Ucraina continuerà, la tentazione, o l’extrema ratio del ricorso al nucleare, potrebbe a un certo punto diventare necessario per salvarsi dalla disfatta.

Xi Jinping e Vladimir Putin nell’incontro al Cremlino del 21 marzo scorso. Mentre in Occidente si disegnano mappe di una Russia smembrata tra vari pretendenti, in stile Yalta, i due statisti stanno tentando di varare un nuovo ordine monetario –e quindi un riassetto globale, col baricentro spostato in Asia- che ponga fine al predominio del dollaro sancito a Bretton Woods

Nei sogni di gloria di Zelensky, fatti propri dagli occidentali, la pace si potrebbe fare a condizione che la Russia ricedesse all’Ucraina territori a maggioranza russofona, inclusa addirittura la Crimea, stoltamente “regalata” all’Ucraina nel 1954 da Nikita Kruscev, come si regala qualcosa di inutile e improduttivo; quale la Crimea in realtà è, dipendendo dall’Ucraina persino per l’acqua. Ha tuttavia grande importanza strategica, che forse Nikita dimenticò, nei fumi del potere di recente acquisito, dopo la morte del suo vecchio “padrone”: Stalin.
E’ chiaro che, finché al Cremlino sarà saldamente insediato l’attuale zar, Putin, che non esita a comportarsi come nostalgico dell’impero sovietico di staliniana memoria, la Russia difenderà quei territori anche a costo di aprire gli arsenali atomici.

Evgeny Prigozhin, fondatore della Wagner, armata mercenaria pro-Russia, in una foto eloquente, lamenta l’ingente numero di suoi soldati morti per gli insufficienti approvvigionamenti di munizioni da parte dell’esercito russo. Se, come anche durante la parata in ricordo della vittoria sul nazismo, la Russia dimostra di essere a corto di armamenti, la tentazione di stroncare l’avversario con mezzi più rapidi potrebbe diventare irresistibile 

Forse, come apertamente dichiara il capo della Wagner, Evgeny Prigozhin, non è tanto dai nemici esterni che può arrivare la disfatta, quanto dal malessere interno di una nazione del XXI secolo, come tale composta da persone non più così disponibili come un tempo a impugnare le armi. Soprattutto se si concretizza la frase da sempre indicativa della tendenza a mandare al macello i giovani delle classi meno abbienti, preservando i rampolli delle élite: “Armiamoci e partite”. Nessuna ideologia è oggi così forte da far superare l’avversione a combattere in prima persona, creando difficoltà di reclutamento, se non con pene di tipo marziale.
L’Ucraina, bombardata quotidianamente, vede coinvolti tutti i ceti della nazione, e pertanto questo distinguo non esiste. Ma in Russia è assai probabile che stiano covando un crescente rancore e conseguente voglia di diserzione, anche alla luce delle migliaia di morti, le cui salme, al rientro in patria, sono la peggior pubblicità negativa del regime verso i suoi cittadini.
Naturalmente, sono tutte supposizioni, passibili di smentita o conferma, se solo pensiamo a Italia e Germania dopo il 1943, con la prima stanca di guerreggiare e perdere (leggi armistizio dell’8 settembre 1943) e la seconda, a parte un attentato fallito a Hitler nel 1944, in guerra testardamente fino all’ultimo sangue.
Come dire: la storia può essere maestra di comportamenti, ma non dispensatrice della proverbiale sfera di cristallo.

Marco Giacinto Pellifroni   28 maggio 2023

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One thought on “LA POLVERIERA”

  1. Caro Marco, che siamo tutti seduti su una polveriera, o, se si preferisce, sull’orlo di un vulcano, nessuno lo può dubitare. Le controversie nascono quando si cerca di venire a capo delle cause che ci hanno portato a questo punto, e su queste, come ben sai, ci si divide anche perché le cause sono molteplici: ce ne sono di prossime e di lontane, di evidenti e di sotterranee, di vere e di false, quello che possiamo constatare sono i loro effetti disastrosi anzitutto sulle forze in campo ma in seconda battuta su tutti noi. Tu guarda soltanto, inutile che te lo dica, le posizioni divergenti della classe politica italiana, la guerra mediatica tra” pacifisti”. e “guerrafondai”, tra atlantisti e putiniani, tra filoucraini e filorussi, ognuno convinto di essere dalla parte della ragione. Come ben sai c’ è persino chi approva l’invasione russa dell’ Ucraina in quanto “covo di nazisti” e di “terroristi assassini” . Tu conosci la mia posizione: in questa guerra sono in gioco l’integrità territoriale e la libertà del popolo ucraino sotto minaccia del nuovo zar e francamente preferisco stare dalla parte del minacciato, il quale, particolare non trascurabile, ha tutto l’Occidente con sé. Alt: non dico che l’Occidente non abbia colpe, ma questo cosa significa? Perché abbiamo la nostra parte di responsabilità dobbiamo assoggettarci all’impero autocratico russo? Certo che dobbiamo fare il possibile per arrivare alla pace, ma deve essere una pace giusta, altrimenti ricomincerebbe subito una nuova guerra. Ad ogni modo la migliore risposta al tuo articolo l’ha fornita, a me pare, Maceri, in questo stesso numero di Trucioli savonesi. Alla prossima.

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