La musica verso il silenzio

IL VOLTO DELLA MEMORIA
 (Centoquattresima parte)
LA MUSICA VERSO IL SILENZIO

IL VOLTO DELLA MEMORIA
(Centoquattresima parte)

Alcuni amici lettori ci hanno consegnato una coppia del quotidiano nazionale “LA STAMPA”, datato 24 aprile 2017, segnalandoci, in particolare, l’articolo riprodotto alle pagine 1, 28, 29 a firma di SANDRO CAPPELLETTO è così intitolato:

BILANCI FLOP, LA NOTA  STONATA
DEI TEATRI D’OPERA  ITALIANI
INCHIESTA: 320 MILIONI  DI DEBITI

Leggiamo assieme la parte centrale di questo pregevole servizio giornalistico:

Correva l’anno 1967 e il Parla mento votava la Legge n. 800 che stabiliva: «Lo Stato considera l’attività̀ lirica e concertistica di rilevante interesse nazionale, in quanto intesa a favorire la formazione musicale, culturale e sociale della collettività̀ nazionale».
Un impegno e una promessa; 50 anni dopo siamo riusciti a trasformare un primato in un problema, una grande risorsa in una voragine di costi.
Un miracolo al contrario. Un caso unico al mondo.
Sandro Cappelletto

  Alla lettura di questa sintetica (ma veritiera) annotazione di SANDRO CAPPELLETTO, alcuni nostri amici sono sobbalzati sulla loro sedia e, con il volto della memoria, ci hanno consegnato l’articolo di ALDO PASTORE datato 20 giugno 1996 e ristampato integralmente nel volume “L’ALTRA CITTÀ”, pagine 111-116; In questo articolo, Aldo aveva fatto un particolare riferimento (con relativo giudizio negativo) alla legge 800 dell’anno 1967, conosciuta come “LEGGE CORONA”.

Riservandoci una breve annotazione finale, riproponiamo, l’attenzione e al giudizio dei nostri lettori, quell’articolo di Aldo, così intitolato:

LA MUSICA VERSO IL SILENZIO

 Ha ancora un avvenire, in Italia, la musica classica (sacra, cameristica, sinfonica, operistica)?

La domanda, alla maggioranza dei nostri lettori, potrà apparire assai singolare, se non addirittura illogica ed irrazionale; ma così non è: chi segue, con un certo interesse, le vicende della politica culturale nel nostro Paese, si rende conto, quotidianamente, del progressivo ed incontenibile degrado al quale va incontro la cultura musicale in Italia.

Credo, dunque, vada fatta una serena riflessione sull’intera questione e che, alla domanda iniziale, vada data una risposta, il più possibile convincente e razionale.

Vediamo, allora di prendere in considerazione i fatti:

– sotto il profilo istituzionale, non esiste più il Ministero dello Spettacolo, spazzato via dall’esito del Referendum Popolare del 18 aprile 1993; le residue competenze governative sono passate ad un fantomatico Dipartimento, istituito presso la Presidenza del Consiglio;

– le Regioni, alle quali, formalmente, è passata la competenza in materia, non hanno, in concreto, nessun potere, poiché, ad esse, non sono state “passate le consegne”, né sotto il profilo istituzionale, né (meno che mai) sul piano della disponibilità economico-finanziaria;

– la normativa legislativa, che disciplina il settore, risale al 1967 (Legge 800, conosciuta come Legge Corona); nessun esecutivo è riuscito ad introdurre modifiche sulla materia, nonostante i numerosi progetti presentati dai diversi schieramenti politici; eppure tutti avvertono la necessità di una riforma, che ridisegni gli obiettivi e la filosofia dell’intervento dello Stato nel settore musicale;

– il Fondo Unico dello Spettacolo (destinato a finanziare Enti Lirici, Orchestre Regionali, Teatri di tradizione, Società di concerti, compagnie di danza e di prosa, cinema, circhi, e bande) viene definito, annualmente, dalla Legge Finanziaria dello Stato; ogni anno abbiamo assistito ad un progressivo assottigliamento delle risorse disponibili.

Per quello che riguarda l’attività musicale, poi, la situazione è diventata più difficile, per il sopravvivere di una serie di fattori collaterali, primo tra tutti, il fatto che, sono venuti a mancare quegli aiuti supplementari (Enti Locali e sponsor), che, in passato, hanno sostenuto, in modo cospicuo, le attività delle istituzioni;

 

 – dal Giugno 1994 sono state soppresse, ad opera dei vertici aziendali, le Orchestre della RAI di Torino, Milano, Roma e Napoli ed i cori di Torino, Milano e Roma (che hanno sempre operato in stretto collegamento con le orchestre RAI di quelle città) colpevoli, agli occhi dell’azienda, di costare troppo e di produrre poco;

– entro il Dicembre di quest’anno soltanto cinque degli attuali dodici Enti Lirici riceveranno ancora il finanziamento dello Stato; per gli altri sette le “competenze finanziarie” ricadranno sui bilanci delle rispettive Regioni (con risultati facilmente immaginabili);

– il settore della Danza (che, fatte le dovute eccezioni, non ha mai brillato nel nostro Paese per numero di compagnie e di spettacoli) è sull’orlo del definitivo collasso.

I fatti, or ora citati, dicono che ci troviamo di fronte ad una drammatica ritirata culturale; tali fatti ci fanno fortemente dubitare del futuro musicale del nostro Paese.

La mia non è una impressione individuale e soggettiva; desidero riportare, a sostegno ed a completamento di quanto sopra evidenziato, alcune dichiarazioni di grandi personalità del settore.

 
Kystian Zimerman  e Riccardo Muti

KYSTIAN ZIMERMAN (uno tra i più grandi pianisti contemporanei):

“Italia sta correndo un grande rischio, tagliando fondi alla cultura; si stanno compiendo gli stessi errori dell’era Reagan in USA, quando per inseguire un immediato consenso elettorale, si penalizzò la cultura e l’educazione per investirli in “beni” più appariscenti.
 Il risultato è che le droghe dilagano; i giovani sono disperati e, hanno tre dollari in più, non hanno più sale da concerto o i teatri dove spenderli.”

RICCARDO MUTI:

“Lo Stato chiude le orchestre e non prende iniziative per migliorare le strutture e coltivare i giovani. Tanta indifferenza rischia di far finire la nostra tradizione, umilia gli artisti e penalizza la gente, che è, invece, assetata di musica, piena di entusiasmo e competenza”

 
Luisella Muratori e Maurizio Pollini

LUISELLA MURATORI (componente della ex-orchestra RAI di Roma)

“In tutte le grandi capitali europee, ci sono più complessi sinfonici; a nessuno viene in mente di smantellarli, perché appartengono al patrimonio culturale del Paese; in Italia invece di coltivarli e di incentivarli, si cancellano”.

 MAURIZIO POLLINI:

“Le orchestre vanno difese come un parco: sono valori culturali ed ambientali. Si distruggono le coste, non si salvaguardia Venezia, si chiudono le orchestre.
C’è coerenza in questo; se non lo si capisce è gravissimo”.

Per completare interamente il quadro, desidero richiamare l’attenzione dei lettori su altri due dati di fatto (talmente evidenti, da apparire incontestabili) e cioè:

a) l’assoluta noncuranza della nostra scuola rispetto alla cultura musicale; ancora Maurizio Pollini faceva recentemente rilevare che quasi i tre quarti del pubblico italiano della musica colta è compreso tra i 40 ed i 70 anni; siamo ben lontani dai livelli dell’Austria, dell’Ungheria, della Germania dove “far cantare i bambini a cominciare dalle elementari” è fatto assolutamente normale ed unanimemente condiviso;

b) l’insufficiente apporto dato dalla TV all’evoluzione culturale del nostro Paese; assistiamo, quasi costantemente, a programmi deteriori (o violenti, o mediocri, o stupidi); i pochi eventi musicali trasmessi sono collocati, generalmente, nelle ore notturne e, quindi, in fasce d’ascolto assolutamente impossibili e quasi irridenti per i cultori di questi generi musicali.

Questa è, dunque, la situazione; dobbiamo rassegnarci a tutto questo e considerare finito l’ascolto della musica classica ed ultimata l’epoca delle rappresentazioni teatrali?

Mi rifiuto di credere tutto questo; credo ancora in un risveglio delle coscienze e che l’attuale crisi possa essere superata; voglio andare contro corrente e pensare, in armonia con le recenti dichiarazioni di Zubin Mehta, che “l’Italia è un mito nel mondo e, forse, tredici Enti Lirici sono addirittura troppo pochi per la tradizione culturale del Paese”.

Che fare, dunque?

Ritengo che la risposta a questo quesito risieda in una radicale modifica della Legge Corona, ampiamente superata dagli eventi ed obsoleta sul piano giuridico-costituzionale.

La nuova normativa (coerente con l’esito del referendum popolare del 1993 e con le ipotesi, formulate da più parti, di un decentramento amministrativo dello Stato e di federalismo fiscale) potrebbe fondarsi sui seguenti presupposti:

1) il Governo Centrale ed il Parlamento dovrebbero avere esclusivamente, compiti di indirizzo e di coordinamento; di conseguenza andrebbe soppresso il Fondo Unico dello Spettacolo;

2) tutte le altre competenze (Programmazione, Bilancio, Gestione delle risorse finanziarie pubbliche e degli apporti privati, ecc.) dovrebbero essere trasferite (di fatto e non solo di diritto) alle Regioni;

3) i privati dovrebbero compartecipare, sul piano culturale e finanziario, alla gestione dei teatri e delle attività connesse, trasferendo alla competenza regionale i provvedimenti in materia fiscale, già parzialmente definiti dalla normativa vigente (in termini molto più semplici chi investe finanziariamente in attività culturali e musicali, potrà scomputare la somma versata dal proprio reddito imponibile; l’apporto finanziario dei privati verrà introitato direttamente dalle Regioni e non più dallo Stato Centrale).

L’introduzione di una normativa così concepita condurrà, ovviamente, a sostanziali mutamenti anche nella gestione dei Teatri e degli Enti Lirici, con indubbi vantaggi e benefici per l’intera collettività nazionale e locale.


 In tal senso, un discorso a parte (e conclusivo) va fatto a pro posito del nostro Teatro Chiabrera.

Le attività culturali del nostro Teatro rischiano seriamente di essere compromesse a causa della grave crisi nazionale del settore; per questa ragione, sostengo da anni (in coerenza con le ipotesi di riforma sopra esposte) che la conduzione del nostro Teatro non può essere affidata esclusivamente all’Amministrazione Comunale di Savona; nello spirito della riforma e del decentramento amministrativo e fiscale auspicato, occorre trasformare il nostro Teatro in Ente Autonomo, dotato di propria personalità giuridica, ai sensi dell’articolo 12 del Codice Civile e dell’articolo 14 del D.P.R. 616/77.

Alla sua gestione dovrebbero concorrere, oltre al Comune di Savona, la Regione Liguria, l’Amministrazione Provinciale ed i privati, secondo lo schema poc’anzi rappresentato.

La sicurezza finanziaria così raggiunta dovrebbe consentire al nostro Teatro di esprimere sino in fondo le sue notevoli potenzialità; inoltre potrebbe essere, finalmente, valorizzata l’attività dell’Opera Giacosa, che ha avuto, in questi ultimi anni, il grande merito di riproporre al pubblico testi musicali (e capolavori) sconosciuti e di scoprire il “lato minore” dei grandi autori operistici del ‘700 e della prima metà dell’ 800; infine troverebbero una positiva ragione di essere e di crescere l’Orchestra Sinfonica Giovanile Savonese ed il complesso vocale, recentemente nato.

Può essere che questa mia ipotesi di lavoro venga giudicata utopica e velleitaria; per quanto mi riguarda, considero utopico e velleitario il contrario e cioè il persistere nella conduzione attuale, destinata ad una lenta, ma inarrestabile estinzione.

Savona, 20 giugno 1996

BREVE ANNOTAZIONE FINALE

 Desidero collegare l’ipotesi di lavoro (con la quale ho concluso l’articolo sopra esposto) con iniziativa recentemente assunta DALL’OPERA GIOCOSA DI SAVONA, rivolta ad avvicinare i giovani all’opera lirica (vedere, in proposito, l’articolo, a firma di ELENA ROMANATO, pubblicato sul quotidiano “LA STAMPA” in data 23 aprile 2017).

 Auguro, in tutta sincerità, vivo successo dell’iniziativa intrapresa.

Aldo Pastore

 

 

 

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