La logica perversa dei preavvisi umanitari

Israele sostiene di assumere tutte le precauzioni necessarie per limitare il più possibile i danni materiali ed umani conseguenza delle sue operazioni militari.

Ora consideriamo in cosa consistono queste precauzioni prendendo spunto da tre di esse, ovvero da
quelle che più si prestano, data la loro loro natura e la loro logica, a chiarire il generale modus operandi e le intenzioni che le rendono paradigmatiche.

La prima è avvisare tramite cellulare i residenti del target ( casa, palazzo, scuola etc. ) che verrà colpito.

A ciò si oppone che per essere efficace, ogni potenziale interessato dovrebbe possedere il cellulare, e di ognuno si dovrebbe conoscere il relativo numero.
Inoltre se anche il cellulare egli lo avesse e lo avesse ancora integro, quanto sarebbe facile mantenerlo funzionante trovando un posto di ricarica tra le macerie, libero da una concorrenza di una marea di persone che cerca di fare altrettanto?

La seconda è avvisare tramite volantini lanciati dagli aerei

A ciò si oppone che per essere efficace, tralasciando la difficoltà di procurarseli da parte di chi è ferito, malato, debilitato etc., in quale maniera gli avvisi potrebbero arrivare a chi si sostiene di voler salvare facendolo sfollare ( da un ospedale, da una scuola, da una tendopoli etc. ) e non anche a chi, considerato pericoloso, si vuole eliminare ed è l’obiettivo del bombardamento?
Se tutti sfollano, egli resterebbe a farsi ammazzare?
Non ha qualcosa di assurdo pensare che con un lancio del genere si procede ad una azione a pioggia che per definizione non è selettiva?
E anzi, non si può immaginare che se qualcuno segue le indicazioni del volantino di lasciare l’area, costui sia proprio l’affiliato al braccio armato di Hamas e non chi, troppo vecchio, troppo stanco, troppo debilitato e magari troppo amputato, non ce la fa o non ha qualcuno che trova il modo, in una situazione in cui è difficile non pensare prima di tutto a sé, di pensare anche a lui ( o a lei )?
Se tuttavia l’avviso nonostante tutto arriva ai destinatari, non è nemmeno detto che essi se ne vadano, perché sanno da episodi precedenti e reiterati che nessun posto è sicuro e gli air strike spesso sono agìti proprio laddove era stato indicato di andare per scamparne.

La terza precauzione è specifica per gli ospedali, e consiste nell’avvisare in quanto consta il lasso di tempo per sgombrare i degenti ( di cui ovviamente una gran parte è costituita da ustionati, vale a dire da pazienti difficilissimi da gestire e che dovrebbero essere spostati esclusivamente seguendo punto per punto uno specifico protocollo ) prima che vengano considerati terroristi. 

A ciò non si oppone alcun ragionamento, ma unicamente la notizia stessa sul tempo di sgombero concesso ad un ospedale: 15 minuti [ dal telegiornale di “Canale 5” del 27 dicembre ’24 ]. 

Detto ciò, vi è un episodio del 26 dicembre scorso alquanto significativo che conferma questo quadro. 
Non importa che non si tratti di Palestina ma di Yemen. Anzi. Proprio per questo vale la pena di richiamarlo, in quanto chiarisce le usuali modalità dell’IDF ( la Forza di Difesa di Israele ) la quale, pur di raggiungere quanto le torna utile non rispetta, indipendentemente dal nemico contro il quale agisce, le strutture e le infrastrutture civili, la cui salvaguardia sarebbe invece prevista dal diritto internazionale.
Lo afferma nientemeno il Direttore Generale dell’ OMS ( Organizzazione Mondiale della Sanità ) Tedros Ghebreyesus, coinvolto in prima persona.
Infatti mentre era in procinto di imbarcarsi dopo un sopralluogo in Yemen per valutare la situazione sanitaria e umanitaria del Paese, è rimasto illeso per un soffio dopo un raid israeliano che ha provocato morti e feriti nell’aeroporto di Sana’a. 
Evidentemente non è vero, come invece la narrazione sionista vorrebbe far credere, che l’IDF si prodighi per avvisare tutti; è anzi più frequente che non avvisi o avvisi quel tanto che formalmente basta per dire che ha avvisato.
C’era modo di contattare facilmente e in molti modi Ghebreyesus e la sua delegazione, la cui presenza era nota, e non è stato fatto.
Forse Ghebreyesus non era gradito e glielo si è voluto comunicare in modo “forte e chiaro”. Comunicazione d’altra parte finora pervenuta anche ad altri rappresentanti delle Nazioni Unite, a moltissimi giornalisti, alla forza di interposizione UNIFIL, a medici e paramedici di Save the Children, a rappresentanti delle ONG, alla Croce Rossa, e perfino agli autotrasportatori dei convogli di derrate alimentari e di presidi medico-chirurgici…

Dopodiché, se spesso i bombardamenti che dovrebbero essere mirati provocano un così alto numero di morti, è perché l’aviazione utilizza bombe potentissime.
Su Gaza sono state sganciate ( e ricordiamoci che si tratta del territorio più densamente popolato al mondo in cui la gente per forza di cose vive gomito a gomito ) anche le MK-84 da 900 chili, la cui deflagrazione va inevitabilmente a interessare una zona assai più vasta di quella ( eventualmente ) allertata.
Ne sarebbe ultima conferma la notizia ( la fonte riportata dal Secolo XIX del 6 gennaio è palestinese ) di 200 persone uccise in soli tre giorni.  

Quanto si è detto sarebbe evidente a tutti se solo si trovasse il modo e il tempo di ragionare senza lasciarsi frastornare dalla massa di notizie  che si accavallano e che giungono contemporaneamente dal Libano, da Gaza, dalla Siria, dalla Cisgiordania, dall’Iran, dallo Yemen in un flusso continuo che ormai rende difficile seguirle e persino distinguerle.  
Ma se ci si riuscisse, si vedrebbe che le operazioni belliche per come vengono condotte procedono secondo uno schema rodato che si ripete.
E non soltanto nelle azioni, ma pure nelle giustificazioni fornite ai media: “Israele deve difendersi”, “Tra i morti c’erano terroristi che hanno cercato di confondersi con i ricoverati”, “Se c’è stato qualche errore da parte nostra, procederemo ad un’inchiesta per verificare eventuali responsabilità”, “Sono solo fake news degli odiatori antisemiti”. E simili.

Basta perciò considerare un numero limitato di operazioni belliche dell’IDF per capire contestualmente la dinamica militare, politica e propagandistica di tutte le altre.
Che, considerate una ad una, assomiglierebbero ad un tragico copia-incolla.

Fulvio Baldoino

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