LA DROGA FINANZIARIA
Il delirio della crescita
è figlio dell’ingordigia
La connotazione che meglio si attaglia all’attuale sistema economico è la sua spasmodica pulsione ad accrescere il Pil, considerandolo come un fedele resoconto del grado di felicità. Seguendo questo criterio, si cade facilmente nella tentazione di aumentarlo, anche drogandolo, come fanno nello sport quanti, pur di vincere, non esitano a rivolgersi al doping.
È ciò che m’è venuto facile pensare a proposito del mega fallimento del colosso cinese dell’edilizia Evergrande, sommerso da 330 miliardi di dollari di debiti. [VEDI]
Negli ultimi 10-15 anni non cessavamo di stupirci dello “sviluppo” cinese a due cifre, ossia una decina di volte il ritmo europeo.
Pensavamo allora che ciò fosse dovuto esclusivamente al fatto che la Cina era diventata la “fabbrica (sporca) del mondo”, considerando l’etichetta Made in China che accompagna(va) la gran parte dei nostri prodotti di uso comune. In realtà, a ciò si accompagnava una dissennata mania edificatrice, secondo il tipico schema Ponzi, che contraddistingue tanti effimeri successi seguiti da improvviso scoppio della bolla che si nascondeva dietro di essi.
Per legge (non dimentichiamo l’anima comunista che soggiace al subentrato capitalismo di Stato cinese) la terra è di proprietà dello Stato; che quindi trae beneficio nel cederla in affitto a scopi edili. Oltre allo Stato, ne beneficiavano le grandi società costruttrici, come appunto Evergrande, nonché la n° 2, Country Garden, anch’essa in procinto di fallire, ma salvatasi (per ora) per un soffio, essendo riuscita a pagare entro i 30 giorni di tolleranza, cedole per $ 22,5 milioni in scadenza il 6 agosto; [VEDI] e ne beneficiavano quanti credevano di aver trovato, comprando azioni di queste ed altre società immobiliari, in continuo rialzo proprio per il parallelo afflusso di nuovi investitori, il proverbiale campo dei miracoli.
Per inciso: il fenomeno delle città fantasma sembra essere connaturato alla mentalità cinese: anche in Africa la Cina ha esportato questa sua mania, a fianco della sua guerra di conquista territoriale nel Continente Nero. [VEDI] Il metodo non è così diverso da quello occidentale à la FMI: far pagare le infrastrutture (tra cui queste) al Paese ospitante, indebitandolo e tenendolo così al guinzaglio.
E sin qui non abbiamo fatto che esporre le conseguenze del disequilibrio eccessivo tra domanda e offerta. Ma, COLPO DI SCENA:
Evergrande rimbalza del 70% dopo che Country Garden è riuscita a pagare le cedole in scadenza.
Ma, attenzione! Quando un titolo in 5 anni crolla da $ 30 a 60 cent, un rimbalzo del 70% è del tutto irrilevante: sono bastati pochi acquisti, probabilmente pilotati, per farlo salire di 42 cent a poco più di $ 1. Resta da vedere, ad ogni prossima scadenza di Country Garden, quanti infarti saranno provocati agli investitori dai mancati appuntamenti, rispettati magari entro il termine di grazia dei successivi 30 giorni.
Da tutto quanto sopra emerge una riflessione, ineludibile: nulla cresce all’infinito. Elementare, Watson. Ma sembra che la lezione non l’abbiano imparata né i nostri imprenditori, tutti protesi alla continua crescita, né la classe politica, che di quella crescita si nutre (e con abbondanza!). Un esempio da manuale è stato il Superbonus 110% per “dare fiato all’edilizia”. Con un bel colpo nello stomaco ad un debito pubblico già gonfiato dalle recenti misure anti-Covid.
Ma chi ancor più se ne frega dei limiti alla crescita è la finanza, che si nutre prevalentemente del denaro facile che le Banche Centrali immettono nel sistema, finendo non già a permettere al governo di varare misure che non siano misere elemosine alla crescente massa di cittadini in sofferenza, bensì a gonfiare i valori dei titoli di Borsa in maniera completamente slegata dall’economia reale, come pure le casse dei clan criminali, abilissimi nel succhiare al massimo le elargizioni statali.
Alla gente comune, alle micro-imprese, invece, vengono riservati bandi con tali e tanti paletti che i più non possono beneficiarne. Un esempio per tutti: la legge 3/2012, etichettata come “anti-suicidi. Doveva salvare dalla disperazione e dal gesto estremo tanti piccoli imprenditori fiaccati dalle varie “crisi”, ultime targate Covid, guerra in Ucraina e relativa inflazione, indotta dalla scellerata scelta del governo di sostituire al gas russo quello USA, a prezzi triplicati per il “nobile gesto” di schierarsi con la povera Ucraina aggredita, anziché restare neutrale. La legge è talmente macchinosa e piena di prerequisiti, cominciando col costare sui € 1000 (chiesti a chi è in apnea!), salvo il ricorso ad avvocati, che ad oggi il ricorso ad essa è stato quasi nullo. Ma la pratica dei politici di lisciare il pelo ai ricconi è così connaturata che sono i ricconi stessi che, al G20 in India, hanno inviato una lettera chiedendo di essere tassati di più, per attenuare il divario crescente tra loro e la massa. Vedi: < Lettera ai leader del G20, appello shock dei super-ricchi: “tassateci di più”> (su WSI dell’8/09/2023).
L’attuale situazione italiana è ben descritta tra il divario esistente e persistente tra grandi e piccole imprese, con le prime che se la passano più che bene (anche grazie a quanto più sopra indicato), mentre le piccole se la passano piuttosto male: a 10 anni, su base 100, l’indice delle grandi, FTSE Mib, vale oggi 169 (e quello delle medie imprese 190), mentre il FTSE Italia Growth vale 81. [Vedi grafico] Divario che non fa che rispecchiare l’affanno della miriade di piccoli, sempre qualificati come “la spina dorsale del Paese”, rispetto ai “grossi”. Di fatto, un’economia squilibrata, cui una seria rimodulazione del gravame fiscale dovrebbe porre giusto rimedio. Anche perché i piccoli non producono merci “a obsolescenza pianificata”, che sono in realtà la linfa drogata del Pil: si pensi agli abusi in tal senso delle industrie automobilistiche e tecnologiche, i cui rapidi scarti vanno a ingrossare le discariche del terzo mondo.
Marco Giacinto Pellifroni 10 settembre 2023