La civiltà occidentale e la globalizzazione

La globalizzazione è un fenomeno complesso, variamente definito e variamente giudicato. Da un punto di vita storico ha sostituito l’imperialismo monopolistico e accentratore, quello che secondo Lenin doveva essere “la fase suprema del capitalismo”, seguita dal suo collasso.

E se in quella fase viene esasperata l’idea dello Stato-nazione nel Villaggio Globale sul quale per la nuova sinistra splende il sole dell’avvenire non solo quell’idea viene accantonata ma è l’dea stessa di Stato che inizia a vacillare. L’avvento di imprese multinazionali che per le loro dimensioni soffocano l’imprenditoria nazionale e di un sovrastante sistema finanziario che condiziona i mercati e la produzione e compromette la sovranità monetaria  dà modo ad un capitalismo obeso di continuare a crescere nutrendosi di nuovi mercati  – e di nuovi bisogni – , impossibile contenere entro i confini dei singoli Stati.

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Ma è a rischio proprio lo Stato in quanto tale, con l’affermarsi di una democrazia nella quale la cittadinanza è svuotata di qualsiasi contenuto valoriale e identitario mentre il superamento del nazionalismo imperialista in nome del primato illuminista dell’individuo è vanificato  dalla sua riduzione a consumatore ecumenico.  Lo stile di vita occidentale, l’ariete col quale si sfonda la porta delle tradizioni nazionali, si riduce di fatto alla liquidazione della dimensione politica e al trionfo del divertissement,all’estremizzazione dell’individualità e del privato risolti l’uno e l’altra nel loro contrario: massificazione e esteriorizzazione.

La liberazione delle coscienze dal giogo della Chiesa è stata solo un’illusione. A quel giogo se ne è sostituito un altro realizzato attraverso  una serie di scelte culturali fatte passare per liberatorie: una scuola non selettiva che aspira ad essere gradevole per diventare semplicemente inutile; la diffusione incontrastata di stupefacenti, la fuga dalle responsabilità personali, l’esclusione di ogni forma di socialità attiva e di confronto interpersonale,  lo svilimento della riflessione e della curiosità, lo smantellamento anche concettuale  dell’ordine a favore di un anarchismo floscio e inebetito,  l’eliminazione, dentro e fuori la scuola,dell’esercizio fisico teso a rafforzare  l’identità sociale, l’autocontrollo e l’esternalizzazione della razionalità, spacciati per militarismo.  L’apparente promozione dello sport popolare è nella realtà  o pratica competitiva e commercializzata  o spettacolo, un distrattore come la musica leggera, la discoteca e il mito della vacanza . Ad un livello più elevato svolge la stessa funzione anche l’anacronistica riedizione della contrapposizione fra democrazia liberale  e  statocrazia comunista, che nasconde il disgregamento dello Stato occidentale, il vuoto di valori, di ideali, di obbiettivi e il rischio continuo che si prenda coscienza della terribile solitudine e della mancanza di prospettive  che ha finito per rendere integrabile la possibilità di una nuova guerra mondiale, sopprimendo anche l’istinto di sopravvivenza. E questo è forse sul piano etico e cognitivo l’effetto più devastante  del nichilismo della cultura occidentale dentro il Villaggio Globale. Perché se è vero che si vive nel presente è anche vero che la solidità del presente dipende dalla certezza di un futuro; mancando questa retroazione la propria finitudine diventa nullificazione totale, perdita del senso di umanità e della certezza rassicurante di una continuità che va oltre la propria personale vicenda.

Eppure, la globalizzazione in sé non si esaurisce nel suo essere l’ultima metamorfosi del Capitale e non necessariamente comporta una nuova forma di asservimento di massa.  Dopo il crollo delle ideologie per loro natura divisive lo scenario di un mondo aperto e senza barriere ha avuto il merito di avvicinare  far conoscere e integrare  senza pregiudizi  nel proprio orizzonte cognitivo popoli e culture, di favorire la convivenza di costumi, tradizioni,fedi religiose sul terreno della reciproca tolleranza garantita da un laicismo di fondo. È l’altra anima della globalizzazione, alternativa a quella industriale e finanziaria.  Vi si oppongono gli interessi materiali della Chiesa e il fanatismo aggressivo dell’Islam radicale ma la sfida della civiltà si combatte su questo fronte ed è la sfida della civiltà universale, senza altri aggettivi.

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Oggi, per coprire gli interessi  dei gruppi industriali e delle lobby finanziarie politicamente rappresentate dai dem americani, l’Occidente torna a presentarsi come una categoria dello spirito, come “civiltà occidentale”, per i palati più sofisticati giudaico-cristiana. La Civiltà Occidentale! qualcosa che inorridisce, anche dietro la maschera della democrazia, qualcosa  che rievoca i fantasmi del colonialismo, della distruzione, dell’asservimento, della cancellazione fisica o culturale di intere popolazioni, un’invenzione mostruosa che ha preteso di giustificare la barbarie americana, inglese, belga o francese, ha ispirato bislacche teorie sulle razze e sulla superiorità dell’uomo bianco e soprattutto qualcosa di superato, consegnato alla storia, liquidato per sempre . Invece no, eccola in questa nuova e ridicola riedizione, che pretende di spaccare la storia e la cultura europee demonizzando la Russia (ma il vero obbiettivo è la Cina) facendone l’alternativa a quell’Europa di cui è in realtà parte essenziale e, per quel che più direttamente ci riguarda, .rimuovendo il filo che la lega direttamente alla romanità.

Un’operazione grottesca, possibile solo  se i destinatari sono privi di strumenti critici, possibile solo in una democrazia farlocca in cui il popolo non solo non è rappresentato ma ha cessato di esistere come tale, ridotto ad una moltitudine senza anima e senza intelligenza.

Pierfranco Lisorini

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