La Bella di Torriglia e il Calenda che nessuno si piglia

C’è un’antica filastrocca ligure che suona così: “A l’é a bella de Torriggia: tutti a vêuan e nisciûn s’a piggia”. Parla di una donna così desiderata da suscitare l’interesse di tutti i pretendenti, ma che per ragioni oscure — o forse fin troppo chiare — nessuno ha mai davvero preso per sé. È diventata un modo di dire, un concetto popolare, una metafora dell’irrisolto: e oggi torna attuale in politica, nella figura del leader di Azione, Carlo Calenda.

Corteggiato da destra e sinistra, evocato come ago della bilancia in ogni tornata elettorale, Calenda è al centro dell’attenzione. Lo cercano a Milano per non far saltare le alleanze progressiste, lo lusingano in Basilicata, lo immaginano decisivo nelle Marche. E lui? Sorride, rilascia dichiarazioni da statista liberale, difende l’Europa, critica Salvini e Conte, si dice alternativo alla Meloni. Ma resta lì, in mezzo al salone, solo con il proprio mazzolino di fiori — come la Rosa Garaventa ritratta nella leggenda torrigliese.

Nel romanzo dei Fieschi, c’era anche Clementina, la donna devota e segreta dell’antico signore di Torriglia. Fedeltà silenziosa, esclusa dal potere. O ancora Maria Traverso, musa dipinta sulla facciata di una casa. Tre storie per una leggenda. Tre immagini anche per Calenda: il tecnocrate europeo, il centrista riformista, il tribuno solitario. Tutti lo vedono, lo riconoscono, ne ammirano i tratti — ma nessuno lo prende davvero.

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E mentre lui declina offerte e rifiuta sponsorizzazioni con la grazia di una regina in attesa del principe azzurro, i numeri raccontano una favola meno romantica. Secondo il sondaggio Swg del 12 maggio per il Tg La7, Fratelli d’Italia galoppa al 30,4%, seguita dal Pd al 22,4%, M5S al 12%, Lega e Forza Italia appaiate intorno all’8,5%, mentre Azione langue al 3,5%, poco sopra Italia Viva e con il fiato sul collo di +Europa e Noi Moderati. Un elettorato, a quanto pare, più incline alla concretezza che alle poesie di corteggiamento.

Il rischio è che Calenda, come la Bella, finisca a rappresentare più un’idea che un progetto. E come nella variante più pungente della filastrocca — “chi vêu troppo, ninte piggia” — si ritrovi ad aver detto troppi “no” nella giovinezza politica per potersi sedere al tavolo da protagonista.

Torriglia ha anche una torta che porta il nome della sua Bella: dolce, composta, rara. Calenda è la versione politica di quella torta. Ma la politica, a differenza della pasticceria, non aspetta che la crema prenda consistenza: se non ti siedi a tavola, rischi che gli altri si mangino tutto. Compreso il 3,5%.

E alla fine, quando la Bella si sarà maritata altrove — magari a una coalizione meno pretenziosa — resterà solo l’amaro retrogusto: quello di aver avuto tutte le occasioni e nessun matrimonio.

Antonio Rossello       CENTRO XXV APRILE

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