L’ Italia? Un paese alla frutta. Gli italiani? …
L ‘ ITALIA? UN PAESE ALLA FRUTTA.
GLI ITALIANI? UN POPOLO TRISTE
CHE NON VUOLE CAMBIARE
|
L ‘ ITALIA? UN PAESE ALLA FRUTTA. GLI ITALIANI? UN POPOLO TRISTE CHE NON VUOLE CAMBIARE Gli italiani? Un popolo triste, il più triste d’Europa. L’Italia? Un paese alla frutta. Queste parole ormai non le possiamo più sottovalutare perché questo è il sentore che molti commentatori stranieri hanno di noi, e descrivono una realtà e una verità che noi da dentro, non riusciamo a comprendere del tutto. C’è un malessere diffuso in ognuno di noi, un popolo che non si vuole più bene, un popolo in preda a una “depressione” collettiva, economica e sociale, che rispecchia una latente quanto reale infelicità. Manca la speranza e la fiducia in una classe politica che sembra non conoscere alcuna ricetta per cambiare radicalmente le cose, o meglio se la conosce non fa nulla per metterla in atto. La cosa peggiore è che da decenni tutte le questioni si sono irrimediabilmente incancrenite, in quanto non è più concepibile una frammentazione politica destabilizzante, che ha creato tante diseguaglianze sociali, economiche interne, una totale sfiducia nelle istituzioni e uno scarsissimo senso di appartenenza allo Stato.
Tale sfiducia è stata ampiamente raccontata dai giornalisti Stella e Rizzo nel libro” La Casta” e anche da Saviano in “Gomorra” dove hanno sostenuto la tesi che è proprio la politica a permettere alla criminalità organizzata di arricchirsi, impedendo lo sviluppo di buona parte dell’Italia; due libri che hanno messo nero su bianco i problemi reali del nostro paese, problemi che fanno parte ormai da tempo immemore del nostro marchio “made in Italy” e che la dicono lunga sul malcontento che stiamo vivendo. Noi italiani siamo inconsapevoli di adottare uno stile di vita assai meno tecnologico rispetto ai nostri vicini Stati Europei cosi pure di avere i salari molto più bassi rispetto alla media; non abbiamo investimenti e crescita economica, al contrario, possediamo cifre altissime di debito pubblico e un’inefficiente pubblica amministrazione. In Italia i nostri giovani trovano sempre meno spazio e continuano a vivere a carico dei genitori e dei nonni, i più intraprendenti scappano all’estero, siamo uno Stato con una alta percentuale di anziani e quelli con la più bassa natalità.
E i politici? E’ evidente è sotto gli occhi di tutti che il problema era (ed è) il mancato ricambio generazionale, gli anziani nelle varie Amministrazioni pubbliche non vanno in pensione anzitempo e non ci pensano minimamente a mollare le loro posizioni, I politici tutti, nessuno escluso, rimangono tenacemente incollati alle calde e remunerate poltrone, per cui sono sempre le stesse facce che troviamo alternativamente alla guida del Paese. Non basta un giovane (Renzi) messo a capo del Governo se dietro di lui ci sono sempre gli stessi che tirano le fila. Tutti gli altri Stati, da Francia, Spagna, Inghilterra ecc. e non più solo l’America, ci guardano con occhi delusi e contrariati, ci osservano con attenzione e spesso e volentieri ci deridono, la stampa estera giudica “indifendibili ” i comportamenti di nostri capi di governo. Molti si chiedono come sia stato possibile che l’Italia patria del Rinascimento e della cultura occidentale, sia potuta cadere cosi in basso, dimenticando l’Italia di Dante e quella di Verdi. Se fino a ieri eravamo in qualche modo, sempre giustificati in virtù della nostra storia, dell’arte, della creatività delle nostri menti e lo spessore dei nostri personaggi, ora queste virtù sono state ampiamente scavalcate da qualcos’altro talmente negativo da offuscare tutte le nostre meravigliose bellezze che non bastano più per costituire una giustificazione al progressivo ma inesorabile degrado dell’immagine che il nostro Paese regala sempre più ai nostri partners europei.
Oggi fare riferimenti alla nostra storia e del tutto inutile a fronte di certe esternazioni superficiali di alcuni personaggi che non contribuiscono di certo a creare l’eccezione per limitare questa negatività nei nostri confronti. La realtà ci pone di fronte a un problema serio e tangibile, perché non è pensabile che tutta l’Europa mediatica si sia messa d’accordo per screditarci? Ma sta a noi smentirli con fatti e comportamenti visto che anche negli altri Stati non sono solo e sempre” rose e fiori” basta vedere come è cambiata la reputazione tedesca dopo i fatti storici del nazismo, èinnegabile che l’Italia sia la patria e la culla della cultura europea, con una storia da fare invidia ai più patriottici cittadini dei nostri stati vicini. Oltre a ciò è doveroso ricordare come il nome Italia sia associato ai marchi che producono oggetti e prodotti prestigiosi da farci rendere fieri della nostra italianità. Pertanto dobbiamo cambiare la nostra classe politica al più presto perché incominci veramente, con serietà e sacrificio, ad occuparsi dei problemi reali in cui versa il paese attuando tutte quelle riforme utili e necessarie e dare una svolta per uscire da una situazione non più sostenibile dal paese. Perché l’Italia e gli italiani non meritano di essere trascinati a una deriva incontrollata e incontrollabile. Chi comanda oggi e chi ci comanderà domani in tutti i livelli politico-istituzionali deve instaurare un rapporto di fiducia con il popolo italiano e per iniziare fare in modo che le sedute del Parlamento non siano più dei teatrini di demagogia svuotati di qualsivoglia contenuto utile alla società, gli errori politici non possono scatenare campagne di odio mettendo tutti contro tutti, l’ipocrisia a raggiunto livelli talmente evidenti da passare quasi come inosservanza quotidianità. Ricerche e studi condotti a vario titolo ci dicono che purtroppo in fase stagnante dell’economia che ci sta impoverendo nell’anima e nello spirito, venire a sapere che i ricchi diventano sempre più ricchi, che il 10 % detiene la ricchezza di tutti gli altri, essere tristi e quasi d’obbligo. Il modo per cambiare le cose è in mano agli italiani Se alle prossime elezioni non riusciamo o non vogliamo che la situazione venutasi a creare cambi d’avvero, allora non ci resta che piangere e fare il mea culpa. P. A. Perino |