Io, speriamo che me la cavo

IO, SPERIAMO

CHE ME LA CAVO

IO, SPERIAMO CHE ME LA CAVO

 Scrivo nella certezza di interpretare i sentimenti della maggioranza degli italiani, che l’attuale governo ha solo in parte individuato e in parte ancora minore cercato di risolvere. 

Dietro il rassegnato quietismo che si scorge in giro, si nasconde in realtà l’angoscia per non riuscire a far fronte alla ridda di scadenze che ogni giorno assillano la nostra vita e che sembrano andare di pari passo col crescente ricorso a farmaci delegati a frenare l’ansia e la rabbia che si agita nelle nostre menti di fronte ad una società sempre più ostile. 

Stiamo vivendo come se ci fosse ancora la lira per quanto riguarda i redditi, da lavoro o da pensione; ma dobbiamo subire le raffiche di continui aumenti che l’euro ci ha appioppati per i beni di prima necessità (che ormai includono i farmaci), accompagnati da una escalation di tasse e, giova ripeterlo, multe e sanzioni, che sono tasse mascherate, per ogni minima deroga ad una selva crescente di divieti, imposizioni, minacce. 

 


Il titolo del libro e relativo film rende a pennello l’ispirazione di questo articolo

 

Ho già spiegato a sufficienza [VEDI] i motivi originari per cui gli enti pubblici infieriscono su di noi. E per noi non intendo soltanto chi percepisce un salario, uno stipendio o una pensione, perlopiù ai limiti della sopravvivenza, o anche meno, ma anche chi sta dall’altra parte, e cioè il grosso di coloro che danno lavoro, ma che a loro volta subiscono lo stesso trattamento vessatorio dei loro collaboratori. Insomma le piccole partite Iva.

Già conviviamo con un indecente divario tra le grosse compagnie, specie internazionali, che pagano uno scandaloso 1% di tasse, grazie ad indirizzi fiscali di comodo, come l’Irlanda, il Lussemburgo o altri Paesi pronti ad ospitarli, anche oltreoceano, e i cittadini comuni, che vedono decurtare dai propri redditi tasse decine di volte superiori e, se sono partite Iva, tutta una costellazione di altre mani in tasca da parte di Stato ed enti pubblici.

Gli elementi per moti popolari ci sarebbero tutti; ma le “autorità” hanno pensato bene di rimbecillirci con svaghi di ogni genere: se è dubbio il panem, ci sia almeno abbondanza di circenses

I criteri di governo sono ormai quelli zootecnici, come prevedeva in “Oltre l’agonia” e “Tecnoschiavi”Marco Della Luna, grande anticipatore dei malesseri di un’Italia in balìa di politicanti incapaci e spesso corrotti. E per le pecore che tentano di sviare dal percorso stabilito c’è il cane pastore (le sanzioni) che le riporta al gregge.

 


“Quando saremo completamente sottomessi, non ci renderemo neanche

più conto di aver perduto la nostra dignità”

 

Non sto scrivendo in base ad astratte ideologie, ma confrontato, in via diretta o tramite persone a me vicine, con il quotidiano assalto ai nostri esangui proventi per portarci sul lastrico. Gli attaccanti sono privati e pubblici ed è inutile che ne faccia l’elenco: sono i soliti noti, la cui pubblicità si esplicita in bollette, contravvenzioni, intim(id)azioni.

Eppure, basta accendere la TV, cosa che faccio ormai raramente, o anche la radio, per notare un totale cambio di clima: va in onda un Paese rilassato, persino euforico; non c’è differenza tra programmi e pubblicità. Particolarmente irritanti sono i presentatori radiofonici, che sembrano provenire tutti da compagnie comiche di avanspettacolo, o reduci da recenti spinelli, tanto ridono e sparano facezie, seguendo l’umore tipico dei teenager, che ancora non sanno cosa li aspetta e ridono in continuazione. (Una ricerca dice che ridono molto di meno dopo la fine degli studi; e quasi per niente dopo la piena età adulta; per non dire della vecchiaia).

Quello appena raffigurato non è un piano pessimistico, è la mera realtà che circonda tutti noi. Ma ora voglio provare a dire cosa farei se fossi al governo e avessi carta bianca. Tanto per chiarire che, non essendo gli italiani capaci di fare una rivoluzione, il cambio di passo non può che essere affidato ad una presa di potere di ispirazione populista.

Sogno un’Italia come quella uscita dalla guerra: l’Italia degli anni ’50 e ’60, piena di progetti e speranze. E, poiché siamo in piena guerra finanziaria, proporrei un rinnovato spirito post-bellico, ripartendo da zero, sulle odierne macerie.

 


“Quali sono gli effetti politici dell’indebitamento

 globale e di misure di sicurezza e monitoraggio

sempre più invasive? Dall’uomo indebitato

all’uomo biologicamente modificato, dalla

schiavizzazione finanziaria a quella tecnologica”

 

Per prima cosa, via ad un provvedimento spazza debiti privati verso Stato ed enti pubblici: quel Giubileo di millenaria memoria di cui l’Italia ha un disperato bisogno, evocato anche dal Papa una sola volta, di contro al tam tam quotidiano sugli immigrati. Non possiamo continuare a convivere col soffocante assedio di creditori che esigono il pagamento di sanzioni scriteriate e rovinose, e comunque di gran lunga sproporzionate alle colpe. Chi decide i continui innalzamenti delle sanzioni? Legislatori seduti su comodi scranni, rintanati in un Palazzo sordo al grido di dolore di milioni di cittadini. 

Quindi, via tutte le sanzioni. Equitalia dovrà farsene una ragione; avrà meno lavoro, dovrà finalmente licenziare pure lei. Pensate che strazio. Ma un’intera nazione non può vivere di sanzioni, come stanno facendo ad es. la Provincia di Savona (incasso in meno di 1 anno: € 4 milioni!) [VEDIe tanti comuni a corto di fondi. Carabinieri e Polizie Locali e di Stato non possono essere gli esattori di queste altre imposte, camuffate da multe. Verrebbero a tale scopo emanate leggi che taglino drasticamente, per il futuro, le occasioni (tipo limiti di velocità ridicolmente bassi) e gli importi delle contravvenzioni. Ricordo quando un divieto di sosta costava mille lire…

In contemporanea, i soldi pretesi dalle banche per mutui e finanziamenti verranno sospesi, quanto meno dimezzati e reindirizzati allo Stato, non appena la nazione avrà ripreso a funzionare normalmente, senza pesi morti sul collo. 

Le banche torneranno a fungere da intermediari del credito, con l’interesse inteso come compenso per il rischio d’impresa. L’emissione di moneta ternerà ad essere appannaggio dello Stato, non più a suo debito e gravata da interessi.

 


Ultimo libro di Ellen Brown, che predica da anni la 

proprietà pubblica della moneta, in un mondo dove

governi e cittadini sono “messi in ceppi” dalle banche private

 

In tal modo, sarà giusto che le banche paghino le tasse solo sugli interessi; mentre oggi non ha alcuna giustificazione che sia esentasse il capitale che creano dal nulla e poi occultano contabilmente, proprio per non pagarle. Se le pagassero, sarebbero tagliate almeno al livello di quella flat tax che Salvini insegue da tempo, senza sinora riuscirci per gli ostacoli che gli “europeisti” ergono sulla sua strada. E gli enti pubblici cesserebbero di perseguitarci con multe scriteriate, per acquistare, tra l’altro, un mare di autovelox e telecamere, alla spasmodica ricerca della tanto decantata sicurezza: alibi per non perderci di vista neanche un attimo della nostra giornata, con la scusa di scovare i delinquenti. Un po’ come togliere i contanti per sapere tutto di noi e costringerci a non evadere più neanche la spesa di un caffè.

Fantascienza? Veramente è fantascienza da incubo quella che stiamo vivendo, sotto l’apparente patina della normalità. Il progressivo impoverimento della nazione viene oggi riconosciuto, grazie alle statistiche, ma la cura imposta è esattamente l’inverso di quella giusta. Ci fu inizialmente calata sul collo tramite il colpo di Stato del 2011, che portò al governo Mario Monti, eletto senatore a vita per il merito al valor civile di averla applicata. Sarebbe possibile un colpo di Stato inverso, populista, assodata la riluttanza del popolo italiano a ripetere moti di ormai remota memoria? Tutti penseranno a Salvini, a questo punto. Ma ha uno spirito troppo poliziesco, troppo fanatico della sicurezza per incarnare i principi populisti più sopra espressi. Peccato che il M5S, che aveva invece i requisiti adatti, abbia troppo ceduto, da una parte, a Salvini, e dall’altra alla corrente pro-migranti di Fico.

Ultim’ora. Sento il solito Ignazio Visco annunciare tetramente che il Pil è calato. Lo sapevate che il Pil include anche l’Iva? Beh, basta alzare ancora l’Iva, come chiede Bruxelles, e il problema è tecnicamente risolto. Ok, ci sono dei danni collaterali: un’altra sfilza di piccole attività industriali e commerciali falliranno. Che problema c’è? È il bello della concorrenza, siamo mondialisti, ragazzi!

 Marco Giacinto Pellifroni      2 giugno 2019

  Visita il blog  https://www.marcogiacinto. com

 

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