Invasori disarmati

INVASORI DISARMATI

INVASORI DISARMATI

Un tempo le città e i castelli difendevano la propria indipendenza e libertà con fossati, valli e mura. Lungo la nostra costa il pericolo veniva principalmente dal mare, per le temute scorrerie dei Saraceni; di conseguenza, si tendeva ad erigere ogni fortificazione in posizione elevata, onde poter scorgere i navigli ostili per tempo e organizzare la difesa.


Chissà cosa direbbero i nostri antenati della situazione attuale, che vede le autorità organizzare, anziché la difesa, la perlustrazione del mare sino alle coste africane alla ricerca di barconi pericolanti, per assisterne gli sventurati passeggeri e portarli in salvo dentro i nostri confini. Paradossale.

Questa invasione oggi si fa con l’assenso e la collaborazione degli invasi (noi), cui segue una protratta assistenza e un sussidio di entità circa doppia di quella con cui devono arrangiarsi gli italiani più disagiati.

Questo paradosso viene giustificato, soprattutto dalle sinistre, con filastrocche umanitarie, trattandosi di aiutare chi fugge dalle guerre e dalla fame. A parte il fatto che, durante l’ultima guerra, noi italiani abbiamo patito una sorte analoga a quella delle popolazioni che oggi ci chiedono asilo, ma non trovavamo porte aperte da parte di nessun’altra nazione, Svizzera in testa, e al più “sfollavamo” in campagna; a parte ciò, i dati dicono che solo un quinto di quanti arrivano da noi sono esuli di guerra. Inoltre, non ha senso ripetere che abbiamo l’obbligo morale di soccorrerli in base alla legge del mare, che impone di prestare soccorso a chi si trova in pericolo.


Infatti, questi profughi sono in pericolo sin da quando salgono sui barconi, sono naufraghi già in partenza, visto lo stato dei natanti su cui sono stipati; prova ne sia che, subito dopo le prime miglia in mare, telefonano alla nostra Guardia Costiera (il cui numero è stato probabilmente fornito loro dai criminali che li imbarcano), nella certezza di poter tosto trasbordare da natanti fatiscenti sulle nostre navi, comode e sicure; ovvero vengono tratti in salvo da navi di altre nazioni –magari delle stesse che negano loro asilo- che pilatescamente li scaricano nei nostri porti (mica nei loro!). Quindi, non si tratta di accidentale pericolo, bensì di un obiettivo premeditato: dichiararsi subito a rischio di naufragio e lanciare un SOS per un pronto soccorso.


Questo sistema, ormai ben collaudato, ha permesso ai criminali che sfruttano questa situazione di riempirsi le tasche con i soldi delle loro vittime, per poi gettarli nelle nostre braccia, sfruttando la presunta generosità dei nostri governanti, beninteso a nostre spese; mentre il numero di barconi e i profitti dei carnefici non fanno che crescere. Credo che siano proprio loro, gli aguzzini, i più meravigliati di questi facili guadagni a rischio zero, grazie alla nostra stolida irresolutezza, per non dir di peggio.

Il paradosso non finisce qui, perché una volta in Italia questi invasori disarmati cadono facile preda di organizzazioni altrettanto criminali di quelle dell’opposta sponda, come i recenti scandali non hanno fatto che confermare. Del resto, se uno di noi venisse paracadutato, che so, in India o in Messico, cos’altro potrebbe fare, senza conoscere la lingua, senza mezzi, senza lavoro, per potersi sfamare? O delinquere o diventare un parassita dello Stato ospitante, ammesso e non concesso che al mondo esistano altre Italie. Gli altri Paesi UE, così umanitari a parole, si defilano al solo pensiero di dover fare da patria d’arrivo a schiere di alieni.


Accoglienza” profughi alla Stazione Centrale di Milano. E’ solo l’inizio..(il video)

Ci si vuole concedere un briciolo di sano raziocinio, o almeno di autodifesa? I vari governi ci hanno terrorizzati per anni, prima coi quotidiani resoconti dello spread e del debito pubblico, poi con le ossessive immagini di questi barconi gremiti di africani, che poi, nel migliore dei casi, ritroviamo sui nostri viali a spacciare merci abusive, in concorrenza esentasse con i negozianti locali, sommersi di tasse e balzelli, anche allo scopo di finanziare le spese di soccorso e permanenza di questi clandestini.

Ci si aspetta allora che li accogliamo con cristiana pietà, anziché vederli come una minaccia alla nostra sopravvivenza commerciale e civile? Non credo alla parole di fratellanza quando escono dalla bocca di un cinico, come il nostro premier, visto come è arrivato al potere e come s’è allineato alla sinistra di stampo dalemiano, idolatra della finanza di Wall Street dopo il crollo dell’ideologia comunista nel 1989. Ma non credo neanche ai sermoni anacronistici dell’attuale papa Superstar, che predica l’accoglienza illimitata di immigrati così come anatemizza la contraccezione. Non facciamo quasi più figli, per la paura del futuro, ma dovremmo vedere con favore che al calo delle nostre nascite sopperisca la proliferazione di etnie straniere, spesso ostili? È così che l’Italia realizzerà a tappe forzate quel destino che il “fronte del Nord Europa” ci vuole affibbiare: quello di una loro colonia con serbatoio di manodopera a basso costo, dopo aver devastato la nostra economia con la moneta unica. Monetariamente uniti, socialmente separati.


Non si contano le accuse di nazionalismo e razzismo contro ragionamenti come quelli testé espressi. Ma provengono invariabilmente da persone che ostentano generosità, solidarietà e “apertura mentale” fintanto che non viene intaccato il loro interesse, il loro spazio, la loro vita normale. Grandi quando sono altri a pagare il conto: Mafia Capitale et sim. insegnano.

Concordo con Maroni quando afferma, in mezzo alle bordate di critiche dei “buonisti”, che finché ci muoviamo solo a valle del problema non faremo che promuovere nuove partenze, mentre, esclusa l’opzione militare (per carità, già i Paesi Nato ce ne stanno preparando una a rischio deflagrazione globale sul fronte russo), non resta che agire in Libia, gestendo là quei campi profughi che Alfano & Compari sembra vogliano creare in Italia. E smistando noi stessi, con mezzi nostri, in Europa –non solo in Italia!- gli aventi davvero diritto di asilo, senza farli dissanguare o annegare dai criminali libici. Ma, una volta qui, si apre il capitolo su come integrarli. Una nuova sfida.

Marco Giacinto Pellifroni                           14 giugno 2015

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