In memoria di Gabriello Castellazzi
Il 5 maggio scorso è mancato, a 78 anni, il prof. Gabriello Castellazzi.
La nostra amicizia data dal lontano 1972, quando costituimmo, assieme ad altri ecologisti della prima ora, tra i quali anche la moglie Marina, la Lega Ecologica Finarese.
Sotto quel vessillo, portammo avanti battaglie sui principali temi del momento, uno su tutti, contro la scellerata lottizzazione San Bernardino, che profanò per sempre una zona di Finale dal sapore prettamente arcaico, preistorico, quale è buona parte dell’entroterra finalese, a vocazione Parco Naturale, che ci prodigammo per anni affinché venisse riconosciuto e istituito, ma sul quale pendono senza pace attentati sotto vario titolo, con una Regione ambigua, qualunque sia il suo colore politico.
Purtroppo, a San Bernardino vinse la speculazione, approvata da un PSI all’epoca dominante nella provincia savonese e in Regione. Vinse, come sempre vince chi ha in gioco grossi interessi e può permettersi qualunque forma, legittima o no, per far prevalere i propri ristretti progetti, a scapito dell’interesse generale. I danni all’ambiente si chiamano “diseconomie esterne”, ai soldi intascati dagli aggressori si attribuisce segno positivo, in quel paradossale metro di misura della nostra ricchezza che si chiama Pil. Un bosco ha valore solo quando gli alberi scadono a legname.
La Lega continuò la sua azione di contrasto alle mille richieste edilizie, di cui vediamo oggi con sconcerto i risultati, nonché le iniziative di sensibilizzazione dell’opinione pubblica sui guasti che il prevalere del privato sul pubblico avrebbe comportato.Poi, come tutti i movimenti che hanno come capitale soltanto la buona volontà e la fede in una causa, la Lega perse lo slancio iniziale, sopraffatta dai tanti ostacoli che le attività speculative o comunque economicamente fruttifere possono permettersi di porre sul cammino degli idealisti, o che tali vengono fatti apparire.
Prima di ciò, si tentò la carta del Partito Verde, primo in Italia, nel 1985, nonostante la contrarietà di alcuni di noi a finire in politica. I tempi non erano maturi, i soldi per fare pubblicità erano quasi zero; e infatti non ottenemmo neppure un seggio in Comune.
L’illusione, da parte mia, fu allora quella di confluire in un partito, onde avere più chance di ottenere dei successi sul campo. Solo per rendermi conto di esservi guardato con sospetto, quasi una mina vagante, una quinta colonna, un corpo estraneo.
Gabriello invece proseguì la sua lotta ambientalista aderendo ai vari movimenti che nel frattempo erano sorti, fino ai Verdi, di cui divenne, fino all’ultimo, portavoce provinciale.
Dal canto mio, mi detti a scrivere e dedicare le mie energie ad ogni forma di diffusione della mia nuova visione, addebitante lo sconquasso ambientale, che proseguiva a velocità accelerata, al capitalismo espresso nel sistema bancario e monetario, basato sul debito gravato di interesse: in sostanza un’usura di portata mondiale che vede una cesura netta tra il 99% della popolazione + l’ambiente da una parte e l’1% dei parassiti finanziari dall’altra.
In sostanza, io e Gabriello condividevamo gli stessi ideali e le stesse battaglie, lui circoscritte a livello provinciale, io sui “massimi sistemi”. Io a monte, lui a valle. Lui col “nemico” dal volto scoperto; io contro una cricca apolide e perlopiù senza volto.
Diciamo che esprimevamo due facce dello stesso problema, come due gambe, entrambe necessarie per camminare, come ben sintetizzato dal motto di Legambiente: PENSARE GLOBALMENTE, AGIRE LOCALMENTE.
In ambedue i casi, ci ergevamo a difesa di chi non ha voce e, massimo handicap in democrazia, non vota: animali selvatici, flora, ambiente in senso lato. Non c’à attività più avara di soddisfazioni di quella dell’ecologista: c’è sempre qualcuno che vede intaccati i propri interessi e, portafoglio alla mano, ti attacca qualificandoti come “uno di quelli del no”. Del resto, nell’impazzare di attività umane tese solo a promuovere la coccolata “crescita”, utile a pagare gli interessi alle banche che quelle attività le finanziano creando soldi dal nulla, cos’altro possiamo fare noi ambientalisti che vediamo in una graduale decrescita della popolazione e dei consumi l’unica via d’uscita, fumo negli occhi per tutti gli altri?
Gabriello ormai ha smesso di combattere per forza maggiore: solo la morte è riuscita a tanto. E io, ottuagenario, faccio quello che posso, sgomento di fronte alla marcia, forse inarrestabile, che vede gli umani e i loro animali domestici procedere nell’occupazione di nuovi territori, non saprei di quanti kmq al giorno, addirittura da parte di nuove o vecchie nazioni ex o neocolonialiste; a caccia di risorse affinché il Pil non cessi di aumentare.
Caro Gabriello, hai chiuso gli occhi su un mondo che ti ha isolato, come ha fatto e continua a fare con me. Non so quanti milioni di anni ha impiegato la vita per assestarsi su questo insostituibile pianeta. Sono bastati 3 secoli per procedere alla sua probabile estinzione. Né io né te ci aspettavamo medaglie d’oro per aver dedicato tanto tempo e tanta passione nel tentativo di aprire gli occhi all’avidità degli umani; ma neppure tanta ipocrisia, con le medaglie d’ottone che i media dedicano alla “green economy”, che di verde ha solo il nome.
Marco Giacinto Pellifroni 14 maggio 2023
Anch’io ho avuto modo di apprezzare le qualità umane, etiche e culturali del prof. Gabriello Castellazzi nel periodo in cui ho insegnato all’Ipsia di Finalborgo e, in quanto responsabile dell’educazione alla salute, incontravo spesso i rappresentanti degli altri Istituti di Finale, e tra questi spiccava per la sua competenza, per il suo impegno e per i suoi modi garbati e direi “aristocratici”, nel senso migliore del termine, il collega e amico Castellazzi. Del quale, oltre al suo costante impegno per la causa ecologista – puntualmente ricordata dall’amico Pellifroni – vorrei ricordare la sua netta scelta di campo antifascista, testimoniata dalla sua partecipazione alle celebrazioni del 25 aprile, del Giorno della Memoria, il 27 gennaio e dall’attività di organizzatore degli incontri con l’ultimo finalese reduce dal campo di concentramento di Mauthausen, Giulio Arnaldi,con la collaborazione di Maria Bolla Cesarini, presidente dell’ANED della provincia di Savona. Recentemente ho avuto la lieta sorpresa di riincontrarlo in occasione delle conferenze tenute presso il circolo culturale Domenica Est- Giorgio Girard, a Finalpia, dove non faceva mai mancare i suoi interventi mirati e chiarificatori. Ci mancherai, Gabriello!
Bravo Marco, grazie di questa commemorazione! Ricordando Gabriello hai rievocato una stagione di ideali e di passioni che il cinismo del cosiddetto sviluppo ha finito per spegnere. Gabriello però ha mantenuto la sua fede fino alla fine, appassionandosi a qualsiasi problema riguardasse la natura e la sua terra, di cui continuava a celebrare la bellezza con magnifiche foto su Facebook. Ne sentiremo tutti la mancanza!