Il voto in Europa

Tengono i popolari, arranca la sinistra con i verdi in caduta libera. Avanzano le destre, debacle per i liberali. Nell’Europa di domani più contrasto all’immigrazione e meno politica green.

In Italia vince il centrodestra sempre più incentrato sulla Meloni che è campionessa di preferenze nelle diverse circoscrizioni ma  che riesce a mantenere anche la parte più liberale, Forza Italia, e quella più populista, la Lega con la “punta” Vannacci, su livelli accettabili per non perdere il carattere di raggruppamento.

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Nel centrosinistra, area campolargo, si manifestano le maggiori novità. Il PD cresce con la guida della Schlein ma con l’affermazione nelle diverse circoscrizioni  di candidati appartenenti ad un’area diversa dalla sua: a parte la Strada, De Caro, Bonaccini, Nardella e Gori. Quindi un Pd plurale e non di stretta osservanza della segretaria.

Ha un exploit imprevisto l’alleanza verdi sinistra che sembra beneficiare della scelta Salis, evidentemente più sentita dal popolo di sinistra di quanto si poteva presumere, e dell’abbandono consistente da parte di un elettorato  di sinistra del M5s. Il M5s infatti, pacifista dell’ultima ora e che sta un po’ di qua e un po’ di là, non ha tenuto i suoi elettori. E ha definitivamente collocato Conte in una posizione più marginale nell’eventuale campolargo da costruire. La guida spetterà alla Schlein. Gli elettori hanno dato questo segnale forte. Auguri.

Nell’area del centro liberaldemocratico si può parlare solo di disfatta. Un’area che pur “sgangherata e divisa” quota intorno all’8% ma non manda neppure un rappresentante nel Parlamento europeo. In Azione e Italia Viva hanno “retto” solo gli “aficionados“ del Capo, mentre è in parte mancato l’apporto dei radicali e non c’è stata nessuna attrazione verso l’area liberaldemocratica di opinione.

Il centro liberaldemocratico può avere in Italia una quota intorno al 10%, che gli consentirebbe di entrare a pieno titolo nel gioco democratico fra destra e sinistra con idee innovative e proposte meno stataliste, meno assistenziali e meno populiste, ma per raggiungere questo obiettivo è oramai chiaro che non sono più sufficienti, ed anzi rappresentano un freno, gli attuali leader di questo campo: Bonino, Calenda e Renzi.

Ci vorrebbe un nuovo leader, inclusivo, aperto e in grado di fare squadra, e perché no anche un partito. Difficile vederlo nell’attuale panorama politico italiano. Intanto sappiamo cosa non serve più. Bisogna partire da lì.

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Ed ora? Tramontato Macron, e quindi Draghi, dobbiamo sperare nella serena guida dei popolari europei per una guida dell’Europa che cambia alcune cose ma che non viaggia fuori dal binario fino ad oggi segnato. Da cambiare c’è molto. Ma senza esagerazione. Il messaggio degli elettori è netto su Immigrazione e Transizione energetica ed ecologica. Vanno bene gli obiettivi di lungo periodo, ma basta con l’idea che l’Europa è “ senza confini”, e quindi chiunque nel mondo può pensare di entrare a piacimento, e basta col pensare che sulla Transizione ambientale dobbiamo essere i primi della classe “senza se e senza ma. Dobbiamo guardare agli interessi nazionali ed europei di breve periodo e dobbiamo stare dentro il “main stream” mondiale. Da “soli” non risolviamo nessun problema ecologico mondiale. Dopodiché dobbiamo accelerare e rafforzare le politiche di adattamento al cambiamento climatico. Quelle si sono positive per la qualità della vita dei cittadini  e sono anche una spinta all’innovazione e allo sviluppo tecnologico del sistema economico.

Quanto alla politica in Italia sembra che dobbiamo tenere la Meloni alla guida del paese. Non disperiamo, magari dopo questo “check” darà un impulso maggiore alle politiche spesso disegnate ma non ancora  attuate. E magari in Europa si schiererà con i popolari e non con i populisti. Sarebbe un bel messaggio. E magari smetterà di fare la segretaria di Fratelli d’Italia e comincerà a fare, di più, il Presidente del Consiglio. Anche questo sarebbe un bel passo avanti.

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