IL VERO NEMICO

Giugno 1919. Trattato di Versailles. Alla Germania, sconfitta nella Grande Guerra, vengono addossate pesanti riparazioni, sotto forma di cessioni territoriali e ingiunzioni pecuniarie: 132 miliardi di marchi d’oro rateizzati (e terminati di pagare 92 anni dopo).

20 marchi d’oro, coniati alla vigilia della Grande Guerra da Guglielmo di Prussia negli anni 1913-1914. Il debito iugulatorio di 132 miliardi di marchi d’oro imposto alla Germania dai vincitori, ne causò la miseria sotto forma di fame disoccupazione e svalutazione giornaliera galoppante, ponendo le basi dell’avvento del nazismo, dapprima promotore della rivincita economica e infine vittima dei suoi smisurati piani di guerra

Condizioni talmente gravose ed umilianti da mettere la Germania in ginocchio, economicamente e militarmente, azzerando le sue forze armate e causando un’iperinflazione che rimase ben vivida nella memoria tedesca. Talmente punitive da alimentare un forte senso di rivalsa, che sfociò nell’affermarsi del partito nazionalsocialista di Hitler. 

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Nel giro di soli 6 anni, Hitler, grazie in gran parte al suo ripudio del sistema monetario occidentale, basato sul debito, riuscì a risollevare economicamente la Germania, ricostituendo un esercito capace di sopraffare ogni resistenza europea. Da notare una regola generale, che vuole un’economia arrancante risollevarsi grazie, dapprima al riarmo, e successivamente nel pieno delle ostilità. Riarmo e conflitti assorbono poderose energie e fungono da transitorio doping dell’economia, che presenterà il conto in caso di sconfitta.
E infatti, l’euforia nazista cominciò a svaporare durante la terribile campagna di Russia, anche a causa di un inverno particolarmente rigido (“Il Generale inverno”), con la fortuna che iniziò a girare le spalle all’esercito tedesco, messo a dura prova dalla poderosa resistenza russa. Si ebbe, dopo Napoleone, il secondo rovescio storico delle ambizioni belliche di chiunque osi avventurarsi nello sconfinato territorio russo.
La Germania del 1945, ridotta in macerie e alla fame, subì il secondo smacco nel breve spazio di poco più di un ventennio, e rivisse l’oltraggio dei vincitori, con lo smembramento del suo territorio e la restituzione dei territori invasi. Oltre, naturalmente, al ridimensionamento del suo esercito, ridotto in condizioni di non più nuocere. Ci fu un momento in cui, accantonati i piani di divisione del territorio tedesco in 4 o 5 Stati indipendenti, sembrò quasi prevalere l’ipotesi del ministro americano delle finanze Morgentau di trasformare la Germania in una nazione ad economia esclusivamente agricola, castrando ogni sua aspirazione industriale, e quindi potenzialmente bellica.

Perdite territoriali tedesche dopo il Trattato di Versailles del 1919

Dopo ottant’anni, si sono verificate le condizioni, vere o artefatte, per ritentare ancora una volta di ripercorrere la stessa strada intrapresa nelle due sciagurate occasioni nel XX secolo.
L’UE, guidata da una tedesca, si erge, a partire proprio dalla Germania, a fautrice di una corsa al riarmo, estesa a tutta Europa, in nome della difesa da un’incombente minaccia nemica.
E chi è stato eretto al rango di nemico? Proprio quella Russia, che non ha mai fatto che difendersi dalle invasioni europee, prima con Napoleone e poi con Hitler. Non risulta che la Russia abbia mai accarezzato piani di invasione europea, avendole semmai subite: l’unica nazione che ha realmente invaso l’Europa è stata la Germania. La Russia ha invece dovuto assistere a minacciosi accerchiamenti da parte della coalizione europea occidentale, sorta come NATO proprio in funzione antisovietica, e oggi anti-russa. Accerchiamento al quale ha reagito con l’annessione forzata di una parte del territorio ucraino in funzione di ammonimento e autodifesa dalle ingerenze di una NATO statutariamente ostile, che, dopo decenni di torpore, ha colto la palla al balzo per dimostrare di esistere e di assolvere al compito per cui fu creata negli anni della guerra fredda e poi mantenuta in vita senza più convinzione.

Ecco i 3 capi di governo: Merz (Germania), Macron (Francia) e Starmer (UK), schierati sulla stessa linea di aiuti a oltranza all’Ucraina, fino allo schieramento di truppe, proprie o sotto egida ONU, a sua protezione dopo il raggiungimento di una tregua/pace duratura. Vedere le 3 maggiori nazioni europee così propense alla guerra mi fa davvero paura

Ora, ci troviamo in una situazione davvero paradossale, nella quale convivono due posizioni antitetiche: da una parte gli USA di Trump che trattano direttamente con la Russia per porre fine al conflitto ucraino (e anche per legittimarsi a vicenda, in Ucraina l’una, e in Groenlandia/Canada gli altri); dall’altra una torma di novelli guerrieri, capeggiati da Gran Bretagna e Francia (due nazioni quasi ex colonialiste alla ricerca di nuova “gloria” fuori confini), con l’aggiunta di una Germania speranzosa di far dimenticare i rovesci storicamente recenti e di ridare fiato alla sua malconcia economia ripristinando un regime prebellico, con investimenti per ben € 800 miliardi in armamenti.

Giorgia Meloni si trova da tempo in un limbo, tra i leader europei, a partire dalla von der Leyen, intenzionati a continuare ad aiutare Kiev economicamente e militarmente, e l’America di Trump-Vance, che tende a chiudere le ostilità “entro Pasqua”. Un’America che la Meloni ha ampiamente corteggiato, nella speranza di condizioni, daziarie, ma non solo, privilegiate per il nostro Paese. Mi sovviene il titolo della goldoniana commedia “Arlecchino servitor di due padroni”

Per spenderli in armi, facendo così cadere la maschera di una nazione che sino a ieri pretendeva una politica di austerity da parte dei Paesi mediterranei, pavoneggiando un’economia esemplare, pur se raggiunta grazie all’introduzione nel 2002 dell’euro, studiato proprio per avvilire in particolare l’Italia, suo pericoloso concorrente sino a quella data. La von der Layen fa eco al suo connazionale Friedrich Merz alzando la posta a € 1 trilione per l’intera UE. Il mondo dell’auto va male? Non sarà per sovrapproduzione, per rigetto dei cittadini a seguire pedissequamente ogni nuovo modello? L’importante è tenere in piedi le fabbriche, “mantenere i posti di lavoro”. E il riarmo cade proprio a pennello: trasformiamole in fabbriche di carri armati e bombardieri, risolvendo all’istante l’annoso aut-aut tra burro e cannoni di sessantottesca memoria.
È ben noto il trucco, usato da Paesi in difficoltà domestiche, di creare un nemico esterno, per sviare l’attenzione generale dei suoi cittadini fuori dalle patrie frontiere. Ebbene, il trucco sembra funzionare ancora, basandosi soprattutto sulla scarsa memoria della gente. Persino nazioni come Francia e Inghilterra, che hanno patito le mire espansionistiche tedesche in anni non troppo lontani, sembrano non ricordare -e temere- di vedere rinascere una Germania armata fino ai denti. Una situazione che echeggia, in parallelo, quella degli alleati-nemici USA e URSS durante e dopo l’ultima guerra, allorquando ciascuno sapeva che l’altro si sarebbe ben presto trasformato da alleato in nemico.
Sulla base delle precedenti considerazioni non esito a dichiarare di aver molto più timore di una Germania riarmata che non di una Russia che, pur disponendo da decenni di uno degli eserciti più temibili e delle tecnologie più potenzialmente devastanti, non è mai caduta nella tentazione di farne uso. Se, dopo 80 anni dalla fine dell’ultima guerra, ha fatto una limitata invasione di una nazione limitrofa, a causa delle sue velleità filo-NATO, dovremmo guardarci bene dall’ingigantirla fino a comprendere l’Europa intera, tanto da motivarne un frettoloso riarmo in funzione anti-russa. Si tratta chiaramente di un pretesto, della “occasione buona” per porre fine a decenni di pace e indurre la von der Leyen ad appellarsi alla locuzione latina “si vis pacem, para bellum”.

Marco Giacinto Pellifroni     30 marzo 2025

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