IL SORRISO DI ALDO GHIDETTI
Noi compagni di classe di liceo a Loano
IL SORRISO DI ALDO GHIDETTI
Amarcord ad un mese dalla scomparsa, per non dimenticare
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Noi compagni di classe di liceo a Loano IL SORRISO DI ALDO GHIDETTI
Amarcord ad un mese dalla scomparsa, per non dimenticare
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Aldo è stato mio compagno di liceo, in prima e seconda, nella sede distaccata del classico di Savona “Gabriello Chiabrera”, in Loano (poi soppressa in seguito all’apertura del liceo albenganese ), negli anni 1950-1952, ubicata nei locali dell’antico convento di Sant’Agostino, zona detta dei “Prati”, a fianco del torrente Nimbalto. Il ricordo è intenso per la seconda anche se ho dimenticato qualche nome proprio. Era in effetti, vista dopo tanti anni, una classe un po’ speciale. Aldo stava nell’ultimo banco, nella fila a sinistra dell’ingresso, con Beppe Morchio, anch’egli albenganese. Davanti a loro Pinuccio Josi ed io; davanti ancora Luigi De Rosa e Gianni Bottaro e, nel primo, Muglia e Cauvin . |
Alla destra dell’ingresso e della cattedra, in corrispondenza delle finestre che si aprivano sul Chiostro del convento, c’erano le ragazze : Giovanna Carbonetto, Grazia Apicella, Pia Baldini, Maria Grazia Benedetti, Laura Bianco, Adriana Chizzoniti, Carla Giacomel, le finalesi Cogno e Bogliorio. Dico una classe un po’ speciale per quello che poi, nella mantenuta amicizia tra quegli studenti e studentesse della recentissima Repubblica, si modellò nel tempo come una crescita intellettuale e sociale in politica, nel giornalismo, nella Scuola e nell’amministrazione scolastica, nella ricerca culturale, nelle professioni. In questo quadro da Amarcord desidero però oggi mettere a fuoco Aldo in quelle che erano, già allora, le sue più attese performances. Occorre premettere che, malgrado l’incredibile cultura filosofica e storica che ne faceva, ai nostri occhi –ma non solo-, più che uno studente uno studioso di altissimo livello, egli appariva come un ragazzo modesto; a volte poteva sembrare quasi timido se non fosse stato per il sorriso, dolce ma spesso anche ironico, che accompagnava le sue attenzioni e le sue conversazioni. Bastava quel sorriso a mettere in soggezione le nostre sortite che spesso, per l’acerba età e l’acerba esperienza di vita, ridondavano in discorsi da adolescenti un po’ repressi, come tutti gli altri. Avevamo allora un ottimo professore di storia e filosofia, Rodolfo Sacco, piemontese, ancora giovane, uomo imponente, di vasta cultura e di grandi capacità professionali che ci aveva fatto adottare i testi di storia di Giorgio Spini, la cui impronta critica, democratica e resistenziale, rompeva con gli schemi dei vecchi libri impregnati spesso dell’oscurantismo e della retorica d’anteguerra. Quando Aldo era chiamato per l’interrogazione alla cattedra dal professor Sacco, tutta la classe seguiva con inusitata attenzione quello che può definirsi, più che altro, un dialogo inter pares. Persino il mio compagno di banco, Josi, sempre immerso, durante le altrui interrogazioni, nella lettura dei volumetti della universale Rizzoli –BUR– di varia letteratura, usciva dal Kafka o dal Jerome Klapka Jerome del momento per connettersi al notevole scambio di opinioni tra i due. Naturalmente Aldo tornava al banco dopo aver ottenuto un nove, solo perché non era allora in uso, per nessuna ragione, vedersi assegnare un dieci. Non posso dimenticare il lungo discorso che lo intrattenne, più dell’usuale, alla cattedra di Sacco per una discussione sulla filosofia e sulla figura di Giordano Bruno. Aldo entrò subito nel vivo del pensiero di Bruno, rilevando come, pur figlio del Rinascimento, il filosofo contrastò il “manierismo” che si andava formando intorno all’umanesimo rinascimentale, del resto rispecchiato anche nell’evolversi manieristico della pittura del suo tempo, marciando sicuro verso il concetto fondamentale della infinitezza della natura e in quello degli infiniti mondi finiti in essa inglobati tra i quali la stessa Terra. Così, continuò Aldo, scompare nell’infinità della materia vitale dell’universo una qualsiasi priorità, un qualsiasi primato dell’uomo e delle sue esperienze, ivi compresa quella religiosa. Tutto quello che costituisce il perno del Cristianesimo perde ogni consistenza, il mito stesso della creazione è annullato. L’anima non è un che di individuale, quindi giudicabile, premiabile o punibile, Bruno crede nell’immortalità dell’anima all’interno però di un processo di metempsicosi e quello che può accadere agli individui, visti come frammenti del tutto, è il ritorno da anima animale ad anima umana nel ciclo dell’infinito cui partecipa infinitamente. La responsabilità dell’uomo è nei confronti della società. Libertà e laicismo affiorano prepotentemente, ancorché la straordinaria posizione di Giordano Bruno possa anch’essa essere mitizzata nella metempsicosi, in un percorso che potrebbe apparire prologo ad un filosofo che rivoluzionò il pensiero moderno alcuni secoli dopo: parlo di Nietzsche. – Basta così, sorrise Sacco, è troppo presto per questi approfondimenti-. Certo professore, possiamo dire ancora che Giordano Bruno fu eroico nell’accettare il rogo, nel momento stesso in cui, attraverso l’abiura, gli si offriva dalla stessa criminale Inquisizione la possibilità di salvarsi, così come fece Galileo. – Possiamo dirlo, concluse Sacco, la Libertà è sempre costata un caro prezzo nella nostra Italia.” La conoscenza della materia da parte di Aldo non era chiusa nei limiti del programma scolastico: egli, in seconda liceo, aveva già consultato testi fondamentali di Kant, Hegel, Nietzsche, Croce ed altri filosofi, anche contemporanei, allora pressoché sconosciuti. Di questa classe seconda ci hanno lasciato, alcuni anni or sono, M.Grazia Benedetti , Cauvin e Beppe Morchio compagno ed amico carissimo, redattore de “La Stampa”. Ora se ne è andato Aldo. Ma c’è una luce di intelligenza e di fraternità nella loro vita che ci lega ad essi e resterà accesa per sempre nella memoria di chi li ha amati.
Stefano Carrara Sutour
18 dicembre 2011
LEGGI (……) DA ARCHIVIO TRUCIOLI L’ARTICOLO SULLA SCOMPARSA AD ALBENGA DI ALDO GHIDETTI
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