Il sistema Burlando tramonta nel cinismo

 
Il sistema Burlando tramonta nel cinismo
Agli esordi sventolò la bandiera dell’onestà,
poi ha governato senza ideali e promosso i suoi fedelissimi

 
Il sistema Burlando tramonta nel cinismo
Agli esordi sventolò la bandiera dell’onestà, poi ha governato senza ideali e promosso i suoi fedelissimi

Il “burlandismo”, in Liguria, è naufragato in una disfatta elettorale imprevedibile. Numeri che hanno trasformato la rossa Liguria in una dépendance della Lombardia, come neanche a Ferragosto. Forse perché nell’ultima fase l’ex governatore della Liguria Claudio Burlando, già dalemiano di stretta osservanza, ha convertito il “burlandismo” in un renzismo senza Renzi e quindi in un dirigismo senza carica innovativa. La sinistra ligure ha perso gli ideali, ma non li ha barattati con il cambiamento. Tutto è rimasto come prima. Tranne la passione. Ma all’inizio non sembrava così.


Nel 1993 l’ingegner Burlando, figlio di un camallo doc, divenne un mito della sinistra cittadina quando, sindaco trentanovenne, riportò i post comunisti al governo di Palazzo Tursi e dopo poche settimane finì in gattabuia per una storia legata a un sottopasso mal progettato. Ma i compagni avrebbero messo la mano sul fuoco sull’onestà di quel loro figlio. E in effetti avevano ragione: il giudice lo assolse per non aver “capito” il fatto e Burlando venne risarcito per ingiusta detenzione. Da allora di acqua sotto e sopra i ponti di Genova ne è passata molta e Claudio è assai cambiato. Si è dimostrato incapace di cogliere gli umori di quella base che lo aveva quasi portato in trionfo il giorno in cui andò ad aspettarlo fuori dal carcere di Marassi. Il giovane ingegnere comunista ha lasciato il posto a un politico di lungo corso smaliziato e fautore delle alleanze variabili, da Rifondazione comunista all’Udc, pur di conservare il potere. Nel 2005 gli fu affidato il compito di riconquistare la Regione dopo l’inaspettato ratto del 2000 da parte del centrodestra e lui, caduto un po’ in disgrazia a causa degli incidenti ferroviari a ripetizione ai tempi in cui era ministro dei Trasporti, approfittò della cosa per ripartire e innalzarsi a doge. Sino all’epilogo da tardo impero, quando come un Caligola qualsiasi, ha imposto al suo mondo la candidatura della cocca, l’allora assessora alla Protezione civile Raffaella Paita, per molti inadeguata e poi indagata per omicido colposo per l’alluvione dell’ottobre 2014. Un disastro annunciato a cui Burlando & c., nonostante i miliardi di finanziamenti pubblici piovuti sulla Regione non hanno posto un argine.

Eppure Paita, anche grazie al sostegno di alcuni notabili della destra, ha vinto le primarie ed è stata candidata alle elezioni. Una prova di cinismo politico che si è rivelata un autogol. Ma evidentemente per Burlando la “sua” Raffaella era un sacrificio necessario sulla strada della continuità: infatti la quarantenne spezzina è la compagna di Luigi Merlo, il potente presidente dell’autorità portuale di Genova che alla moglie aveva lasciato il testimone di assessore nella giunta Burlando.


Nonostante le cassandre della sinistra del Pd annunciassero la sciagura, Claudio ha portato avanti la mutazione genetica della gauche ligure, in cui l’invidia sociale di tanti funzionari si è tramutata in passione per la barchetta o la banchetta. La prova lampante si trova sul sito dell’associazione Maestrale, il pensatoio burlandiano alla cui nascita hanno partecipato a vario titolo i più bei nomi dei salotti cittadini: imprenditori (dal petroliere Edoardo Garrone al re dei traporti Aldo Spinelli), intellettuali (Lele Luttazzi ed Edoardo Sanguineti) e uomini di spettacolo (Fabio Fazio e Maurizio Crozza).

Nel 2014 l’associazione  è finita sotto inchiesta  per i presunti “finanziamenti  illeciti” del gruppo petrolifero Europam. Ma Burlando non risulta indagato. Lo è invece, con la pesante accusa il disastro ambientale, del procedimento  sulla centrale a carbone di Vado Ligure.

In passato il nome di un non identificato “Burlando C.” finì nelle carte giudiziarie del fallimento della Festival crociere e sulla macchina di un dalemiano DOC, il broker Franco Lazzarini, amico d’infanzia e per un periodo generoso ospite,  l’ex Governatore imboccò contromano tangenziale genovese.


Ai poliziotti che gli chiedevano le generalità mostra un tesserino scaduto da parlamentare.

L’epitaffio sul “burlandismo” lo scrive Christian Abbondanza, compagno di partito del divo Claudio e poi suo implacabile censore.

E’ lui che lanciato in procura e sui giornali  il tour elettorale della Paita il giorno dell’alluvione, che ha stigmatizzato il sostegno alla candidata governatrice integrata di ambienti legati alla ’ndrangheta e che ha attaccato Burlando per i rapporti (certificati da imbarazzanti  intercettazioni finite in fascicoli giudiziari)

con la  famiglia calabrese dei Mammone, imprenditori nel settore rifiuti, da tempo sotto indagine: “La sua rovina è stata l’aver gestito la cosa pubblica a esclusivo favore della sua corte  di impresentabili contro l’interesse del territorio della comunità.”

Giudizio severo che però non confligge con i guai giudiziari che hanno  colpito diversi collaboratori di Burlando. A partire dai due ex vicepresidente della sua giunta, Marilyn  Fusco e Nicolò Scialfa, entrambi arrestati per presunte spese pazze. Altre  indagini hanno riguardato speculazioni edilizie e faraonici progetti di porti turistici, una delle passioni di Burlando, da Lavagna a  Santa Margherita passando per Ospedaletti. Ma lui, come un Forrest Gump  della politica si è sempre chiamato fuori.

 Anche se alla fine non ha potuto vincere con la sua arma più efficace: lo spauracchio della destra brutta, agitato anche dalla Paita.

Perché stavolta gli  “impresentabili” erano loro, “i compagni”. La gente di buona volontà lo ha capito e li ha rispediti a casa .

GIACOMO AMADORI  da Libero


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