Il prezzo di essere se stessi

Il prezzo di essere se stessi

Il prezzo di essere se stessi

In tempi non lontani mi bastava leggere di un fatto, osservare qualcosa, e scattava il desiderio di scrivere,  così come la mente pensa. Il mio sfogo, il mio modo di tenere i piedi ancorati ad una terra che sempre più sento aliena a ciò che sento di essere. Ho avuto il privilegio di crescere in una famiglia in cui sono stata amata e desiderata, di trascorrere i primi anni di vita in un luogo dove bastava uscire di casa per respirare la vita. Ho imparato che vivere con persone disabili è una ricchezza. I miei due zii gravemente ammalati credo mi abbiano amato come un dono divino. E questo si porta dentro. I miei genitori hanno rischiato di perdermi e mi hanno trattato sempre come una rara perla da proteggere. Ci sono riusciti in tutto e per tutto, ma non hanno potuto proteggermi dal dolore infinito di vederli andarsene inchiodati in un letto.

La mia era una famiglia numerosa, in pochi anni tutti se ne sono volati via.  Rimanemmo solo io e la mia nonna materna, io 17 anni e lei 94. A ripensarci ora mi chiedo come non mi sono giocata la sanità mentale. Invece no, io proteggo: questo il mio imperativo categorico. Ho sempre protetto tutti da quando ho avuto il senno, l’unica che non ho probabilmente protetto è la mia persona.


Ma va bene così, il dolore, quello nero che ti sommerge è il fuoco che tempra tutto. Poi il tempo insegna che proteggere non vuol dire trattenere, vuol dire ben altro. Lo si capisce da genitori, più che da figli. Proteggere vuol dire togliere ogni affanno possibile, ogni dolore possibile, vuol dire farsi carico “per”. Ed oggi continuo a farlo, in tutti i modi che sento. Tutto ciò prevede un prezzo, a volte alto. Il non essere compresi. Quando morì mia nonna, decisi che il giorno successivo avrebbe avuto il suo funerale. Era cattolica praticante e così è stato. Ci furono persone capaci di criticare questa mia fretta, perché non ebbero modo di renderle visita. Ipocriti maledetti: sino a che era in vita in pochi si interessarono di lei e di me. Dopo la sua morte a lei nulla poteva interessare di costoro e a me ancora meno. Ricordo questo fatto con estrema lucidità nonostante siano ora trascorsi vent’anni. Ora sono una persona che si ferma a raccogliere i vermi che escono dal giardino del condominio dove vivo e rischiano di morire disidratati sul viale, che ogni tanto ascolta musica a tutto volume in auto, che risponde sempre al telefono per chi mi chiede un aiuto ma che difficilmente lo usa per chiedere. Sono una adulta forse mai stata veramente bambina. Capace di emozionarsi ancora di fronte alle gocce di pioggia che scorrono sui vetri, di sopravvivere agli incubi e alla consapevolezza che la vita non è sogno, ma è una e non va sprecata. Il prezzo di essere se stessi non ha valore. E’, infine, la capacità di saper piangere e lasciar asciugare le lacrime al vento, anche quando il vento è il tuo veleno.

 Giovanna Rezzoagli Ganci

 

Condividi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.