IL POTERE

I MITI DEL POTERE E IL POTERE DEI MITI
Un invito alla lettura di “Il potere” di James Hillman

I MITI DEL POTERE E IL POTERE DEI MITI
Un invito alla lettura di “Il potere” di James Hillman

Il potere, come l’essere, può declinarsi in molti modi. Inoltre, non c’è un solo potere (se ce ne fosse solo uno sarebbero risolti alla radice i famosi “conflitti” di potere); basti pensare a espressioni come “il potere dei soldi”, “il potere della tecnica”, “il potere della parola”, “il potere delle armi”, “il potere dei media”, “il potere della legge”, “il potere di veto”, “il potere delle lobbies”, “il potere della mafia”, e così via.

E non solo, ma ciascuno di noi, anche nel corso di una giornata media di vita, subisce e, in parte, esercita qualche porzione piccola o grande di potere: in famiglia, per strada, quando sale in macchina, sul posto di lavoro, al ristorante, al telefono, ascoltando la radio o davanti allo schermo televisivo o al monitor del computer. Non per niente la nozione e i modi effettivi in cui si esercita un qualunque potere costituiscono oggetto di studio in diversi ambiti disciplinari: da quello politologico, a quello giuridico, a quello economico, a quello sociologico, a quello massmediologico, a quello antropologico, a quello religioso, a quello psicologico e psicoanalitico. In sociologia, per esempio, il termine “potere” designa “il possesso, da parte di un soggetto individuale o collettivo, della capacità di raggiungere i propri fini in una sfera specifica della vita sociale, nonostante la volontà contraria di altri.” (L. Gallino). Come si vede, questa definizione non implica un giudizio positivo o negativo, e infatti, di per sé, il potere non è né buono né cattivo; caso mai si potrà discutere sui fini a cui mira un determinato soggetto; è evidente che non tutti i fini sono buoni o legittimi: un conto sono le finalità di un’associazione onlus per l’assistenza ai malati, ai poveri e ai diseredati; un altro le finalità di un’associazione per delinquere di stampo mafioso. In ogni caso, per poter raggiungere le proprie finalità – compresa quella di acquistarlo e  mantenerlo –  il soggetto individuale o collettivo del potere ha bisogno di fondarsi su alcune condizioni e capacità, le quali, a loro volta, formano altrettanti aspetti del potere che si manifesta e può agire tramite la gestione e la capacità d’impiego di una quantità di informazioni e di conoscenze tecniche superiore a quella dei subordinati, o tramite il controllo delle risorse necessarie al sostentamento dei dipendenti, o con il prestigio e l’ascendente esercitato nel proprio campo professionale, o suggestionando e manipolando le coscienze suggestionabili e manipolabili, o addirittura con la coercizione e con la paura.

 

 Ed è proprio di questi aspetti, degli stili, della tipologia, delle credenze, delle idee connesse o al servizio del potere, e, infine,  dei miti o archetipi che “precedono le idee e che si rivelano nelle idee” relative al potere, che ci parla, dal  punto di vista della psicologia archetipica, James Hillman in Kinds of Power, 1995 ( tr. it. Il potere. Come usarlo con intelligenza, Milano, 2002). Come mai, si chiede Hillman, la vera religione universale dei nostri tempi è diventata l’economia? Come è possibile che il business, senza nemmeno disporre di apparati militari, né di servizi segreti, né di politburo possa esercitare il suo potere su scala mondiale e rappresentare “la ragione principale per cui tutti noi ci alziamo la mattina e il principio organizzatore di ogni nostra giornata.”? Da dove gli viene tanto potere? “La risposta possiamo trovarla soltanto nella pervasività delle sue idee. La civiltà odierna è tenuta insieme non dall’idea di bellezza, di verità, di giustizia o di destino, non da leggi, divinità e lingua comuni, o dalle fedi condivise. Soltanto le idee del business, come il commercio, la proprietà, il prodotto, lo scambio, il valore, il profitto, il danaro, sono quelle che, in modo cosciente o inconscio, governano la vita umana del pianeta, allora sono queste le idee che concorrono a dare al business il suo potere, stabilendo il suo impero mondiale al di là di ogni confine geografico e di ogni barriera di costume. Queste idee penetrano in ogni atto da noi compiuto: creare, prestare un servizio, scegliere e conservare.

Siamo tutti, ciascuno di noi, nel business. E così, adesso abbiamo una risposta alla domanda: ‘Che cosa costituisce il potere del business?”. Una singola risposta, tuttavia, non esaurisce certo la questione, ma almeno ne chiarisce i termini e ce ne  rivela aspetti che magari prima non avevamo preso in considerazione; ed è una risposta che “pone un interrogativo ancora più vasto: Cos’è il potere?”.

 

Non è certo facile rispondere a questo interrogativo che verte sull’essenza stessa dell’oggetto che stiamo esaminando, anche perché noi non conosciemo il potere in sé, ma solo le sue diverse sfaccettature,  rappresentazioni e interpretazioni; l’interrogativo quindi va riformulato così: con quali maschere o facce si presenta il potere? E anche: quali idee comprende in sé l’idea che abbiamo del potere? Hillman dichiara all’inizio (“Aprendo il libro”) di voler mettere in discussione le nostre idee  in tre modi:

 

1) smuovere i pregiudizi e i luoghi comuni sedimentati circa la natura del potere;

2) differenziare ed esaminare una per una le idee particolari comprese sotto l’idea generale di potere:

3) estendere le idee del potere alle regioni del sentimento, dell’intelletto e dello spirito, cioè a quelle regioni che oltrepassano il consueto esercizio del potere da parte dei soggetti individuali o collettivi.

 “Questa estensione ad aspetti del potere che di solito non vengono considerati, mira a offrire un potenziale maggiore a chi legge questo libro. Che, infatti, vuole conferire potere – altrimenti, perché fare la fatica di leggerlo (oltre che, ovviamente, di scriverlo)?” .Conferire potere per mezzo di un libro? E’ mai possibile? Non sarà un progetto troppo ambizioso? Certo dipende dal libro, dall’autore  e da chi lo legge (vengono in mente le accorate parole di Francesca nel V Canto dell’Inferno sul potere di certe letture: “Galeotto fu il libro e chi lo scrisse: / quel giorno più non vi leggemmo avante.”) Spiega Hillman: “L’aumento del potere deriva dall’allargarsi della nostra comprensione delle forme di potere che si presentano intorno a noi, e dallo scoprire un più ampio spettro di possibilità di abbracciare il potere. Tutto questo si impara semplicemente rimuovendo l’inconsapevolezza che avvolge l’idea di potere, più che con istruzioni ed esercizi pratici. Prima si sviluppano le idee, poi segue una pratica allargata.” Pur con qualche dubbio che la rimozione dei pregiudizi, delle credenze e delle abitudini mentali che ammobiliano le nostre (in)coscienze sia un’operazione di tutto riposo, mi pare condivisible l’idea hillmaniana che senza una specie di “scuotimento” dell’albero della nostra consolidata visione del mondo, saranno sempre le idee del potere a dominarci dall’interno, mentre l’intento di tutta l’opera di Hillman, non solo di questa, è aumentare, appunto, il potere delle idee. La via per arrivare a questa specie di conversione interiore che si tradurrà poi nell’estensione dell’esercizio dei nostri poteri verso l’esterno e verso l’interno di noi stessi è pur sempre quella della psico-analisi. “Proprio come in una seduta psicoanalitica, cercheremo di capire qual è il significato sotteso alle nostre parole e lo faremo attraverso intuizioni capaci di chiarificare (ma anche di disturbare, differenziare e ampliare). Come in una psicoanalisi, seduti su due poltrone, voi a leggere e io a scrivere (o viceversa), saremo alle prese con le parole, con le idee e con i sentimenti inconsci che esse esprimono. Mentre converseremo, nella nostra mente nasceranno, inaspettati, altre idee e altri sentimenti che modificheranno il nostro mobilio, e ci consentiranno di intuire e riconoscere cose che, una volta posato il libro o terminata la seduta, si ripercuoteranno sul nostro agire in modi imprevisti.” Ma come può avvenire  una  psicoanalisi a distanza di luogo e di tempo, tramite un testo scritto con il quale non è certo possibile interloquire, quando si sa che, nella psicoanalisi, è fondamentale l’unità di tempo e di luogo, e il rapporto personale con l’analista, e l’instaurarsi della dinamica affettiva del transfert e del controtransfert, della proiezione e dell’identificazione, ecc? Un testo scritto, anche se interrogato, diceva Platone, rimane muto come una statua! Beh, è evidente che qui Hillman ci invita a una lettura attiva e profonda del suo testo, a concentrarci sul linguaggio e sulle parole, così sulle sue come sulle nostre: “La chiarificazione della mente attraverso l’attenzione al linguaggio è un metodo che risale a Confucio e a Socrate. Entrambi ritenevano che la risoluzione di ogni problema inizia con l’esame attento del nostro linguaggio. Freud ha ripreso questo approccio. E’ stato lui, infatti, il primo a chiamare la sua psicoanalisi ‘cura con le parole’.

Per diventare consapevoli di qualunque cosa bisogna, in primo luogo, usare le parole in modo appropriato, perché le parole sono cariche di implicazioni. Voi e io possiamo anche stare seduti uno di fonte all’altro, come durante un seduta o una colazione d’affari, e usare le stesse parole, per esempio “potere”, ma è probabile che ciascuno di noi attingerà a idee radicalmente diverse sepolte in quella parola.” Bene, quali idee diverse sono sepolte nel potere? L’elenco è lungo: nella prima parte si va dall’efficienza alla crescita, dal servizio alla manutenzione, e su ognuna di queste idee l’autore si ferma e ne esplora i significati, le implicazioni e le potenzialità. Nella seconda parte esamina gli stili del potere, da quelli più noti e studiati, come il controllo, l’autorità, la tirannia, la leadership, a quelli più nascosti e “sottili” come i piaceri estetici, o come la filantropia, la carità, il prendersi cura, con i suoi corollari: conservare, condividere, aiutare a nascere e a liberare le potenzialità latenti in ciascuno. Nella terza e ultima parte troviamo i potere dei miti, potere che non è scomparso, come non sono scomparsi gli dei, ma anzi agiscono nelle nostre idee e nelle nostre immaginazioni, come il mito dell’eterno ritorno, del destino avverso, della speranza che non muore, della catastrofe apocalittica  e della dea Ragione. “Quello che può avere un effetto più potente del cielo lassù, alto, dell’intercessione degli angeli, e della magia dei dèmoni, sono le idee che abitano le nostre menti e che passano, senza che noi ce ne accorgiamo, nella nostra condotta quotidiana.” E, in definitiva, sostiene Hillman, sono le idee che governano il mondo.

Fulvio Sguerso

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