Il Porto della Margonara e la mancanza del limite.

Il Porto della Margonara
e la mancanza del limite

Il Porto della Margonara e la mancanza del limite.

Dopo l’interpellanza di Daniela Pongiglione che chiedeva il motivo della mancata costituzione in giudizio al Consiglio di Stato contro il ricorso presentato dall’imprenditore Gambardella per il progetto della Margonara, il Comune di Savona, a mezzo Stampa, il 6 aprile comunica la decisione di costituirsi in giudizio.
 Il 9 aprile ci sarà l’udienza per la sospensiva della sentenza del Tar con cui veniva respinto il ricorso sulla bocciatura del porto.

L’imprenditore Gambardella chiamerà in causa molti Enti, tutti pubblici a suo parere, responsabili della mancata approvazione dell’iter progettuale, ormai certo :  il Provveditorato opere pubbliche, la Capitaneria di porto di Savona e la Port Authority, prontamente costituiti in giudizio.

Regione, Provincia e i Comuni di Savona e Albissola Marina, tutti Enti politici che sono stati meno pronti.

L’allarme della Pongiglione, ampiamente giustificato dal passare del tempo che tradisce una mancanza di dichiarate intenzioni e strategie da parte degli Enti mancanti all’appello, fa pensare quanto questa partita non sia ancora chiusa.

 

Il Comune di Savona comunica oggi, sabato 6 aprile, a tre giorni dall’udienza, di essersi costituito al Consiglio di Stato contro il ricorso dell’imprenditore Gambardella che vorrebbe comunque realizzare un porto turistico con annessa cementificazione, cancellato dalle previsioni urbanistiche della Regione.

Già perché fu proprio la Regione Liguria a togliere tutti dall’imbarazzo, chiudendo la vicenda che tante tensioni stava provocando a Savona e non solo, dando nel 2011, parere negativo sull’impatto ambientale del porto turistico e cancellandolo definitivamente dalle previsioni del Piano della costa.

Il Comune di Savona, quindi, difende oggi la scelta di rinunciare al porto della Margonara, e mentre ricorda, e a ragione, come la collaborazione fu, per anni, sempre leale e finalizzata alla progressiva ridefinizione del progetto, puntualizza anche come i “paletti” severi cui subordinava l’assenso all’opera non fossero stati rispettati nelle due prime stesure di progetto.

 

Ricordiamoli i paletti: l’esclusione della destinazione residenziale, la salvaguardia della veduta dall’Aurelia, la riduzione delle volumetrie, la realizzazione di un collegamento pedonale-ciclabile fra Savona e Albissola Marina.
 Ma questa vicenda, comunque vada, sarà destinata a rimanere LA MADRE di tutte le contraddizioni urbanistiche savonesi, politiche e amministrative, di tutti gli inciuci, di tutti gli interessi consociativi, di tutte le false intenzioni e di tutte le menzogne sui veri interessi, di tutti i progetti che hanno dato la peggior prova dell’inadeguatezza, della disonestà intellettuale, della mancanza di rispetto verso i cittadini.
Nel ricorso di Gambardella  viene ricordato l’iter che parte  dal bando di gara  dell’Autorità portuale nel 1998, quando Canavese imperava indiscusso, seguito dalla  concessione affidata ad Omnia e Spada nel 1999, alla prima Conferenza dei servizi convocata dalla stessa Autorità nel 2000, che intendeva applicare le indicazioni di un Piano regolatore portuale che prevedeva il porto,  approvato nel 2002  e  recepito favorevolmente anche  dalla Regione e dai Comuni di Savona e di Albissola Marina.

Non andò bene a Olga Gambardella, il cui primo progetto incappò nelle numerose prescrizioni che lo vanificarono, così nel 2005 la Conferenza dei servizi suggeriva di affidare il progetto a Massimiliano Fuksas. Il sindaco Berruti per farsi un’idea del progetto volerà, addirittura, a Roma nel suo studio, il 16 novembre.

Tutti i politici del tempo si stavano innamorando dell’architetto e di ciò che stava proponendo per la costa savonese: un progetto già pensato per altri e mai andato in porto, incompatibile, autoreferenziale e arrogante.

Savona se non voleva essere definita provinciale o meglio “Città nana” doveva farlo proprio.

Infatti sono ancora tutti lì, nell’attuale Consiglio comunale savonese, coloro che il 6 febbraio 2007 nell’allora seduta di Consiglio aperta al pubblico, ascoltavano ammirati l’archi-star che declamava il suo “Spillo” alto 120 metri  da costruire sull’acqua, vicino allo scoglio della Madonnetta.

Sono ancora lì, coloro che, senza battere ciglio, lo ascoltano definire l’ospedale San Paolo, un eco mostro.

Lo ringrazia emozionato, Marco Pozzo, consigliere socialista, per la fantastica presentazione.

Lo adula De Cia, che ringrazia dell’opportunità di avere avuto il dono di un’intellettuale al Comune di Savona.
L’architetto FuKsas

 L’assessore Di Tullio, nel manifestare il suo compiacimento sul progetto, lo santifica come futuro simbolo di Savona. Al diavolo la Torretta, ormai superata e vecchia.

Insomma tutti contenti. Solo gli ambientalisti, i soliti guastafeste, rompono l’idillio.

Che rabbia fanno e non solo a Canavese.
Sono etichettati dall’allora assessore alla cultura, Ferdinando Molteni: ”paladini della storia immobile”, “pantofolai”.

E sarà per questo che, nell’infiammato Consiglio Comunale che seguirà, dove la discussione si farà rovente, il pubblico si presenterà in pantofole.

Il nuovo progetto era stato approvato dai Comuni di Savona e da quello di Albissola Marina, che avrebbe fatto carte false perché la cementificazione invadesse un po’ di più il territorio albissolese per averne un sostanzioso tornaconto.

Nel Consiglio Comunale di Albissola Marina, avente per oggetto il progetto della Margonara, le differenze di colore politico non si scorgono più.

Le dichiarazioni di questo o di quel consigliere, improntate su quanto chiedere in cambio al Comune di Savona, diventavano il paradosso della dialettica politica. Un baratto che mistificava il valore di un territorio rimasto ancora inviolato, col valore portato dall’ennesima cementificazione.

Passeranno due anni perché il settore Ambiente della Regione mandi il primo stop al porto turistico che includeva lo scoglio della Madonnetta e questo porti  alla redazione di un nuovo progetto nel 2010 che prevede la diminuzione dei posti barca (da 803 a 626) e la riduzione del 30% dello specchio d’acqua con l’ esclusione dello scoglio.

A gennaio del 2011 la Regione boccia anche il nuovo progetto che non tutela la presenza di «oculina patagonica». Progetto per cui Gambardella  si è rivolto al Tar e  al Consiglio di Stato.

Non vuole digerire un diniego arrivato dopo tanti se e tanti ma , ma soprattutto non digerisce  il  cambiamento di linea deciso dalla Regione.

Pensava di avercela fatta, quando il vento tirava a suo favore e invece, qualcosa non ha funzionato.

Difficile accettare che le spinte dal territorio e soprattutto da parte di chi lo abita siano state intercettate e contino tanto.

Difficile capire che i cittadini vogliono meglio comprendere quale sia il vero guadagno da operazioni come quella della Margonara , troppo simili ad altre , troppe, sul nostro martoriato territorio.

Difficile capire che le battaglie si perdono nella mancata condivisione, che impone una logica nuova, sempre più dilagante.
L’imprenditore Gambardella
Certo, la schizofrenia della classe politica, combattuta tra vecchi valori monetari indotti dal consumo di suolo e richieste da parte dei cittadini che cominciano a pensare al valore dell’ambiente e del conseguente benessere, confonde anche chi cerca di capire.
E’ ora che anche gli Enti ancora arroccati alla convenienza della cementificazione, come il Comune di Albissola Marina, capiscano che la  dimensione economica di un territorio non può ignorare la finitezza delle risorse ormai disponibili.
 
In parole povere, tutto quello che si poteva costruire è stato costruito, adesso  BASTA!!!
 
Bisogna pensare alla crescita qualitativa del nostro territorio, alle condizioni ambientali e sociali dello stesso e questo non si conquista certamente con la costruzione di altri posti barca e di altre residenze sul mare.
 
Bisogna cominciare a vedere le cose diversamente perché possano diventare diverse, perché si possano concepire soluzioni veramente originali e innovatrici. Si tratta di mettere al centro della vita umana significati diversi dall’espansione della produzione di volumetrie e del consumo di territorio.
 
 
La classe politica è ancora accecata e impotente e propone inutili e dannose soluzioni agli aggravi di bilancio, prolungando solo l’agonia di un territorio ucciso da problemi mai risolti.
 
 
E’ necessaria una vera e propria cura di disintossicazione collettiva e si può cominciare proprio dalla Margonara.
 
 
Rivalutare il territorio e l’ambiente. Rivederne i valori irrinunciabili che ne giustifichino di nuovi come la cooperazione nella sua gestione, il piacere del tempo libero, la cura della vita sociale che diventino essi stessi il vero sviluppo, contrario al consumo illimitato di suolo e del mare. La riscoperta della cultura locale, re imparare il gusto del bello  e del ragionevole perché diventi valore imprescindibile e patrimonio di tutti .
Ricontestualizzare il valore economico del territorio. La creazione di un’idea di sviluppo economico dato dal lavoro fittizio e temporaneo della costruzione edilizia e dalla gestione portuale, ormai troppo concorrenziale per la troppa offerta, deve essere sostituita dalla potenzialità di lavoro indotto proprio dallo sviluppo legato all’aspetto naturale che, invece verrebbe irrimediabilmente espropriato  e mercificato.
Ristrutturare il costruito là dove è possibile, adattando in funzione del cambiamento dei valori anche le strutture economico-produttive esistenti: dalle strutture balneari a quelle di svago e ricettive.
 
Comprendere finalmente che non è più possibile proseguire nella mancanza di ogni limite e continuare a costruire, distruggere, modificare, consumare suoli e valori ambientali.
A tutti i costi, dove si vuole, quando si vuole, in spregio ai cittadini e all’ambiente.
 
ANTONIA BRIUGLIA
 
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