il populismo e le mosche cocchiere

IL POPULISMO E
LE MOSCHE COCCHIERE

IL POPULISMO E LE MOSCHE COCCHIERE

 Dai libri di storia per populismo si intende il « … movimento culturale e politico sviluppatosi in Russia tra il 19° e 20° secolo, che si proponeva di raggiungere un miglioramento delle condizioni di vita delle classi diseredate, specialmente dei contadini e dei servi della gleba … ». Stante una tale definizione, a mio avviso, da un lato essere populista ancora oggi è alquanto onorevole, mentre dall’altro lato, specialmente per un politico, perseguire l’obiettivo dell’emancipazione delle classi meno abbienti è addirittura un dovere.

 

Ritornando ai passati universitari che, per ciò che mi riguarda si tratta degli anni immediatamente successivi al 1968, noi allora studenti di sinistra ci siamo nutriti di populismo e avevamo preso come punto di riferimento la rivoluzione bolscevica, la quale, in nome del popolo, aveva spazzato le classi di potere del proprio tempo, come ancor prima in Francia, sempre il popolo aveva spazzato via con la rivoluzione la casta nobiliare e la monarchia.

Negli anni ‘70 noi studenti ci siamo riempiti la testa leggendo autori come Marx, Lenin e Proudhon, per rimanerne delusi perché quelle generose utopie hanno di fatto disatteso le esigenze umane e la messa in pratica di tutte quelle teorie che, mentre sulla carta erano sacrosante, al lato pratico non hanno saputo portare alcun beneficio al popolo, condannandolo alla miseria e spesso anche alla schiavitù.

    
 Marx, Lenin e Proudhon

In me tuttavia è sempre rimasto il principio iniziale populista, verso quel popolo inteso come collettività culturalmente omogenea in cui trovo affinità e che sento come parte della mia stessa famiglia, al punto di essere convinto che, come in ogni famiglia, debba sussistere una sorta di dovere-piacere da parte dei fratelli più fortunati di a volersi assumere il fine sociale di prestare aiuto a quelli che, nella vita, pur avendocela messa tutta, sono stati meno fortunati e meno capaci – se così fosse, sarei felicissimo di pagare quelle tasse che invece pago malvolentieri.

I partiti di sinistra, nei quali io mi sono identificato sino a quando hanno perseguito questi principi, una volta assaporato il potere hanno rinnegato questi valori e da una parte hanno preso a rappresentare tutte quelle categorie meno produttive, spesso parassitarie che si sono sempre più infiltrate nella società civile, traendone vantaggi a scapito delle classi più popolari, mentre dall’altra parte hanno addirittura preferito abbandonare completamente il popolo, denigrando nel contempo chi ha invece mantenuto tali sacri principi – appunto, noi Populisti.

A partire dagli anni 80, quando il nostro Paese ha raggiunto l’apice della ricchezza da redistribuire, in nome di un ipocrita pensiero pseudo-populista, sono state create più figure dedite alla salvaguardia dei diseredati di quanti fossero i diseredati stessi di quel fortunato periodo; queste figure, prevalentemente inglobate nel grande settore pubblico, si sono moltiplicate a dismisura e hanno contribuito direttamente e indirettamente a creare quel grande debito pubblico che sta minando la nostra economia e addirittura i fondamenti della nostra società civile.

Sto parlando di quelle categorie tanto care al PD, come i vari rappresentanti degli interessi dei lavoratori, o come i rappresentanti dei bisogni della povera gente o tutto quel sottobosco di pseudo-intellettuali che vanno dagli insegnanti ai sociologi, dagli assistenti sociali alle cooperative che, assieme tutta la casta dei partiti politici, sono arrivati ad essere più numerosi degli stessi assistiti e formano lo zoccolo duro di quello che una volta era il partito dei lavoratori veri.

 

Queste figure sono diventate una lobby molto potente che si alimenta di povertà, per la quale più poveri ci sono, più vi sono più possibilità per la lobby stessa di vivere e prosperare; di ciò ne abbiamo avuto una palese conferma nel caso di mafia capitale dove è risultato ben chiaro che il business degli immigrati e degli zingari rende più di quello della droga.

Il promuovere, contro ogni logica, l’invasione che stiamo subendo da parte di popoli completamente diversi da noi, che nulla hanno in comune con noi e che mai si integreranno con noi, tanto per via delle loro religioni quanto a causa delle loro abitudini e stili di vita, non può avere altra spiegazione se non quella di portare nuove occasioni di affari e di opportunità politiche a quelle categorie che hanno nella povertà la loro linfa di sopravvivenza.

 

Come è possibile che uno Stato in decadenza economica come l’Italia possa pensare di importare nel proprio territorio milioni di africani senza creare problemi ai propri cittadini, molti dei quali già vivono in povertà? …LEGGI
Come può pensare un Governo che un Paese come l’Italia possa risolvere i problemi della fame nel mondo, andando a prelevare centinaia di migliaia di africani, che peraltro poveri poi non sono, per donar loro spesso accoglienza a 4 stelle, dimenticandosi dei milioni che muoiono nel continente nero senza la possibilità di pagare scafisti senza scrupoli? Come è pensabile che un Governo voglia assistere stranieri abusivi a scapito dei nostri poveri, i nonni o bisnonni dei quali possono essere stati nelle trincee del Carso o a combattere contro i nazisti durante la guerra di Liberazione, o semplicemente aver contribuito al nostro miracolo economico del dopoguerra col proprio duro lavoro?

  

La risposta è semplice e ovvia: al Governo e ai cattocomunisti, di tutta la nostra brava e meritevole gente non importa un bel nulla; ad essi importa solo il serbatoio di voti, costituito da chi appartiene alla grande categoria che vuol rappresentare i servizi ai bisognosi e, tra non molto, da questi nuovi arrivati che apporteranno nuova linfa per compensare i voti popolari che ormai i partiti della sinistra hanno perduto irrimediabilmente.

Le prove generali si sono viste in tutto il Paese durante le primarie del PD, dove in mezzo agli elettori vi erano moltissimi extracomunitari che votavano senza sapere nulla di ciò che stavano facendo, mentre persone di mia conoscenza mi hanno riferito che nei corsi di italiano agli extracomunitari si impartiva loro anche lezioni di voto! Insomma, una vera e propria carità pelosa, che mira a perseguire un fine politico del tutto miserabile.

 

Per mascherare queste strategie meschine, le sinistre continuano ad abbindolare il popolo con lo schema ormai rancido della divisione storica fra sinistra e destra, che adesso qualifica chi non la pensa come loro non più come un fascista, come era in uso un tempo, ma col termine di populista.

Personalmente, mentre sentirmi dare del fascista mi ha sempre offeso profondamente – visto che la mia storia e quella della mia famiglia da questo punto di vista sono inattaccabili – ora che vengo etichettato come populista mi sento pienamente a mio agio, specialmente quando quei pietosi attacchi provengono da chi si sente l’ “élite dell’establishment”  

  SILVIO ROSSI  Consigliere LEGA NORD

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