Il Piano rifiuti

“Sono tra i pochi per dovere d’ufficio che ha studiato
 a fondo le problematiche dal 2001”
Il ‘piano rifiuti’ e i seguaci della ‘civiltà dei no’
Il brutto esempio di Imperia e il “caso Savona”
Tre soluzioni, due ipotetiche e fantasiose.
 Quando scatta la certezza di essere trombati

“Sono tra i pochi per dovere d’ufficio che ha studiato a fondo le problematiche dal 2001”
Il ‘piano rifiuti’ e i seguaci della ‘civiltà dei no’
Il brutto esempio di Imperia e il “caso Savona”
Tre soluzioni, due ipotetiche e fantasiose. Quando scatta la certezza di essere trombati
 

Trucioli Savonesi, insieme a Uomini Liberi, è una delle mie letture quotidiane preferite il che non significa necessariamente che ne condivida sempre i contenuti a volte tanto urlati quanto poveri di analisi serie e pacate.

Se ho capito bene Trucioli Savonesi è uno spazio aperto a quanti vogliano manifestare il proprio libero convincimento e questo certamente è un bene, tuttavia ad una prima impressione sembra offrire l’immagine di  uno spazio monopolizzato in buona parte sempre dalle stesse persone e questo non è un bene.

E’ infatti sufficiente abbassare la tendina degli articoli per autori per scoprire la ripetuta presenza di soggetti caratterizzati da invidiabili capacità multidisciplinari i quali sono normalmente tanto versati nel criticare quanto spesso meno capaci di offrire alternative credibili alla discussione.

Fatte queste premesse mi candido a fare parte del novero degli opinionisti e dei tuttologi di questa piccola provincia per il vostro tramite, sempre che abbiate la bontà di concedermelo.
Gli studi e i casi della vita mi hanno permesso di  consolidare una pur modesta conoscenza di alcune materie sia amministrative, sia scientifiche, comprese le scienze ambientali intese come branca del sapere e non già come fede o credo politico, tutto ciò premesso oggi vorrei inaugurare questa collaborazione di tuttologo disquisendo di rumenta.

 
I “PIANI RIFIUTI” DI PESCE, FILIPPI, MARSON
Pur trincerandomi dietro ad un anonimato di maniera temo di essere stato uno dei pochi che per dovere d’ufficio hanno avuto la necessità studiare a fondo i piani provinciali dei rifiuti a partire dal primo del 2001 dell’allora assessore Pier Luigi Pesce, seguito dalle modifiche e integrazioni volute dal suo successore Mimmo Filippi, del “piano 3”  Paolo Marson, ammesso che esista, confesso di ignorarne i contenuti essendo venuto meno quel dovere d’ufficio per ragioni anagrafiche.

Di norma  questo tipo di pianificazioni vengono introdotte da una ricca e corposa dissertazione di carattere metodologico e legislativo, cui segue una analisi del territorio interessato e della popolazione che lo abita opportunamente classificata e suddivisa in opportune classi di frequenza, dati che vengono contestualmente confrontati con l’indagine storica delle quantità e tipologie di rifiuti prodotti nei singoli comuni, sui siti e sulle modalità del loro smaltimento nel tempo Per passare, infine, ad una analisi dei costi storici per abitante e/o per quintale di rumenta smaltita.
Finita la parte di indagine demografica, territoriale, ed economica questi studi passano solitamente ad analizzare tutte le metodologie possibili di smaltimento e trattamento dei rifiuti, e già in questa sede è facile capire dove almeno in teoria andrà a parare, questi piani, pur prevedendo spesso diversi destini per i nostri rifiuti, hanno infatti sempre in comune alcuniaspetti:

L’UTOPIA DELLA RACCOLTA DIFFERENZIATA
1. Prevedono il perseguimento di percentuali elevatissime di raccolta differenziata che neppure a Rocca Cannuccia di Sopra sarebbe possibile realizzare in concreto, ma che soddisfano forse anche l’esigenza di giustificare il ricorso anche ad altre soluzioni meno condivise dal mondo ambientalista e dall’universo dei comitati.

2. Prospettano soluzioni vaghe per quanto riguarda la sorte di tutto quello che la raccolta differenziata non sarà comunque in grado di intercettare, frazione che con molta probabilità rappresenterà di fatto la maggioranza della rumenta che verrà prodotta.

3. Omettono di individuare con certezza i luoghi nei quali costruire, e/o utilizzare, gli impianti di pretrattamento, eventuale compostaggio, e smaltimento finale della frazione non differenziabile, ma si limitano a fornire griglie di valutazione che soddisfano sia l’esigenza di rimanere sul vago, sia quella di cambiare idea in corso d’opera forse anche in attesa delle successive elezioni.
 Questo sistema di pianificazione assicura ai promotori pure ilperseguimento di alcuni obiettivi di breve periodo.

 

1. Il rispetto della legge infatti dal decreto 22, meglio noto come Ronchi, in poi l’ordinamento attribuisce alla competenza della Provincia siffatta pianificazione.

2. Il messaggio lanciato al cittadino elettore con il quale lo si informa che bene si è compresa la gravità del problema e che si lavora per risolverlo; forse la segreta speranza che la grana con molta probabilità possa passare ai successori appartiene al novero di quei cattivi ma segreti pensieri evocati spesso nella celebre frase del divo Giulio.

3. Il ragionevole convincimento che comunque il piano che vedrebbe la luce, anche ove venisse approvato, non si tradurrebbe in fatti concreti e il perché è superfluo spiegarlo a maggiore ragione a quanti hanno fatto della sindrome NIMBY la loro filosofia dell’essere.

COSA ACCADRA’ ALLA DISCARICA DI VADO

  Oggi suscita stupore e scandalo il fatto che a Vado confluiranno, o forse già confluiscono, insieme ai nostri, anche i rifiuti imperiosi. Bella scoperta! Ma se in questi anni nei feudi del divo Claudio nessuno si è posto il problema che prima o poi la misura (delle loro discariche e non solo) sarebbe stata colma, se nessuno ha voluto, pensato, o potuto mettere in esercizio altre soluzioni; se  molti sia di destra che di manca sono stati concordi e partecipi delle grida del qui non s’ha da fare, non restavano che due soluzioni: la prima quella partenopea che per ora non ha dato alla prova dei fatti buoni risultati, la seconda è il Boscaccio almeno per ora .

L’autosufficienza di smaltimento, uno dei cardini più ignorati dell’ordinamento sui rifiuti, dovrebbe riguardare la capacità di smaltire negli ATO la propria rumenta. Fatto che non soltanto la legge prevede come obbligo almeno in seno a ciascuna provincia, ma che il buon senso giustifica aiutandoci a capire come non sia una buona idea consumare tonnellate di costoso gasolio per favorire il turismo della  monnezza.

Intendiamoci bene se fossi un azionista di un impianto di smaltimento sarei favorevole ad accogliere rumenta da ogni donde, pecunia non olet è il caso di dire. Chi possiede o gestisce questi impianti, infrastrutture ormai in via di estinzione come i Panda, svolge una attività imprenditoriale essenziale anche per la collettività e l’importante è che esistano, funzionino bene ed a costi ragionevoli. Altrimenti non resta nuovamente che evocare l’esempio partenopeo che sempre a detta di molti esperti non rappresenta il massimo, né per la salute, né tanto meno per l’ambiente.

 Se invece dismessi quelli dell’azionista, mi mettessi nei panni di un amministratore locale, mi preoccuperei del fatto, noto agli addetti ai lavori, ma pur evidente ed elementare, che una discarica vale tanto più quanto più assicura volumi residui di abbancamento.

Se non ricordo male alla data del piano Filippi il volume residuo utile autorizzato del Boscaccio calcolato in tempo era intorno ai sette anni o meno. Non occorre essere dei fini matematici per capire che aumentando il volume utilizzato nell’unità  di tempo diminuiscono sia il tempo residuo di esercizio autorizzato, sia soprattutto quello concesso ai nostri amministratori di turno per risolvere altrimenti il problema.

Se infine mi mettessi nei panni del cittadino pantalone vorrei sapere, e sentirmi raccontare, semplicemente la verità scevra dalle passioni di parte.
TRE SOLUZIONI MA DUE SONO IPOTETICHE E FANTASIOSE
  A mio modestissimo avviso di tuttologo, in questa situazione esistono oggi tre soluzioni di cui almeno due ipotetiche e fantasiose:

1. Si amplia, o si amplierà a breve, la capacità autorizzata della discarica del Boscaccio, soluzione  che oserei profetizzare come inevitabile ad oggi e misura che vedrebbe certamente il consenso degli azionisti privati, ma anche di quelli pubblici pur se in forma al momento mena manifesta per evidenti motivi elettorali, quantomeno fino alla prossima primavera.

2. Si imitano i ponentini e allo scadere dell’ora x portiamo il tutto alla Superba, soluzione possibile ma poco credibile anche perché se Sparta piange Atene non ride e quale sia la sorte di Scarpino e del termovalorizzatore che dovrebbe sorgervi nei prossimi lustri, ancora non è dato di sapere.

3. Si approva un piano dei rifiuti che dica con chiarezza e senza giri di parole in burocratese cosa si fa, quando lo si fa, e soprattutto dove lo si fa, soluzione che vedo più dura e certamente non di breve o medio periodo.
Infatti in questo improbabile caso l’unica cosa certa è che quel politico o amministratore che avesse la capacità e il coraggio di portare a termine  una simile impresa avrebbe la assoluta certezza di venire trombato alle successive elezioni. Questo temerario al massimo potrebbe ambire alla  residenza delle assemblee del suo condominio ed il perché credo sia superfluo spiegarlo soprattutto ai seguaci della civiltà del no.

 Il tema di fondo è quello dell’egoismo e della onestà intellettuale, di altre onestà si occupino liberi magistrati e veri giornalisti. Come tutti, sia a destra che a manca, credo concordiamo su alcuni punti in tema di rifiuti quali le politiche di riduzione, l’incentivazione al recupero ed al riutilizzo delle materie prime secondarie, così tutti o quasi spesso e volentieri concordiamo sul fatto che la rumenta che resta necessariamente indifferenziata debba essere smaltita, tal quale o compostata poco importa, altrove.
Senza scomodare una terza volta un brutto esempio basti quello della vicina Imperia: purché sia altrove il destino di questo nostro inseparabile e sgradito metabolito domestico ci interessa molto poco. Ancora meno se gli avanzi più schifosi della vita comoda di ciascuno di noi, nessuno escluso, sono destinati a riposare per sempre in paesi lontani dove il problema principale non è come smaltire le nostre scorie di civiltà, ma come procurarsi anche solo un pezzo di pagnotta al giorno. Ma la cosa troppo sovente ci interessa molto meno, purtroppo.
                                           Hiselo

 

La discarica che rende ricco un paese

Dopo Magliolo e Vado, chi si farà avanti?

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