Il paradosso del prigioniero
“Dio poi benedì Noè e i suoi figli, dicendo loro: << Siate fecondi, moltiplicatevi e riempite la terra. La paura di voi e il terrore di voi siano in tutti gli animali selvatici e in tutti gli uccelli del cielo, come in ognuno che striscia sulla terra e in tutti i pesci del mare; essi sono dati in vostro potere. Tutto quello che si muove e ha vita sarà vostro cibo; come già la verde erba, do a voi tutto >>”. Genesi 9, 1-3.
Se l’ammissibilità del comportamento umano verso gli animali fosse data da queste parole, allora bisognerebbe chiarire che esse sono parole tratte da un racconto mitico, ovvero da un racconto che ha il fondamentale còmpito di giustificare il presente.
Il mito infatti è il fenomeno più palese di come sia il presente a dare fondamento alle origini (di un popolo, di una religione, di una cultura etc.) e non viceversa.
Il mito tende sempre a giustificare il presente, per cui costruisce ad hoc il passato, affinché, appunto, quest’ultimo sorregga il presente e mostri la forza, grandezza e autorevolezza di un tale passato, con i suoi dèi ed i suoi eroi.
Non ci si può dunque basare su un mito per giudicare in modo retto e corretto la realtà.
Il problema animale ha bisogno di essere affrontato con la ragione.
Il mito ha certamente delle funzioni ed è certamente portatore di valenze artistiche e culturali, ma non ha il còmpito politico di regolare la prassi sociale di un popolo, né tantomeno le sue leggi.
Il mito dà un messaggio che deve essere decodificato, ma è un messaggio che non può valere come giustificazione giuridico-politica.
Orbene, un discorso oggettivo, che abbisogna di avere dei postulati su cui costruire una dimostrazione universalmente valida, cioè un discorso che rifugga l’opinione e il soggettivismo quali fatti che sùbito, per loro natura, si vedrebbero affiancati da altre opinioni di altri soggetti, o magari anche dello stesso soggetto in tempi diversi, deve pretendere che si discuta in termini razionali, in termini che abbiano la precipua caratteristica della coerenza.
Se si sentenzia qualcosa, bisogna farlo con parole chiare. Mette già male essere condannati con quelle, figuriamoci con una metafora!
In effetti Darwin rappresenta una grossa spina per chi sperava che, facendo leva sulla comodità che la teorizzazione di un uomo superiore e padrone poteva produrre sull’uomo stesso in termini di condivisione, credeva di non trovare contestazioni.
Dacché, però, un libro come “L’origine delle specie” ha cominciato a circolare, ecco che una tale sicurezza è venuta a mano a mano trasformandosi in dubbio.
Per fortuna molte sono ancora le persone che non ragionano in termini di tornaconto ma che desiderano fare i conti, a loro stessi salati, con la verità.
E’ all’uomo che spetta, dunque, il durissimo e difficilissimo còmpito, di essere intellettualmente onesto. Ha dovuto già misurarsi con un còmpito simile almeno altre due volte. Per l’equiparazione della dignità delle donne a quella degli uomini e per l’equiparazione della dignità degli schiavi ai liberi.
E in tutte e due le volte la chiesa ha avuto un’azione frenante e/o contrastante (è stata Eva a tentare Adamo e la tripartizione della società medioevale di oratores, bellatores e laboratores, cioè rispettivamente preti e prelati, guerrieri e nobili, e servi della gleba e operai, è stata da essa senz’altro avallata).
Il potere che la chiesa dà all’uomo rispetto agli animali è direttamente proporzionale al potere che egli deve cedere alla chiesa.
Solo apparentemente, dunque, quest’ultimo ne trae guadagno. A guardar bene egli assogettando gli animali, si assoggetta supinamente alla chiesa.
Mettiamola così, esprimendo ciò che la chiesa esprimerebbe se volesse esplicitare senza nessun nascondimento latamente politico la sua strategia: “Tu, uomo, avrai assoluto potere sugli animali, i quali devono essere considerati a te assolutamente funzionali; infatti tu sei fatto ad immagine e somiglianza di Dio, hai una morale che è stata scritta per il popolo su due tavole di pietra e direttamente nel tuo animo dal dito di Dio (la coscienza del bene e del male ).
Ma a questo modo mi sei assolutamente subordinato, perché ciò che tu farai di non corretto non lo potrai giustificare ai tuoi occhi come un errore (gli errori li fanno gli animali che non hanno coscienza e non hanno riferimenti spirituali superiori), ma dovrai essere contrito e avvilito perché altro non potrai che considerarlo come peccato.
La tua superiorità per questo privilegio ti è onore ma anche onere; tanto sei superiore, tanto meno sei giustificato dall’istinto, o dai condizionamenti (della fame, del sesso, della cultura etc.). Dio ha scritto la sua legge nella tua coscienza, e sa leggervi dentro.
La scruta, nulla gli sfugge. E tutto giudica.
E poiché Dio ha eletto la chiesa a suo tramite e ciò che Pietro lega sulla terra sarà legato anche in cielo, e ciò che Pietro scioglie sulla terra sarà sciolto anche in cielo, ecco che a Pietro devi assoluta obbedienza, a lui legato non solo nei tuoi atti, ma anche nei tuoi sentimenti e nei tuoi pensieri, finanche i più nascosti. Pena l’Inferno, premio il Paradiso”.
Ora, se l’uomo credeva di avere conquistato più libertà gestendo gli animali a suo piacimento, si deve rendere conto che è una pia illusione.
E’ invece caduto nella situazione del carceriere che per far sì che il prigioniero non fugga, si costringe a fargli giorno e notte la guardia, diventando così prigioniero del suo prigioniero.
La libertà dell’uomo in realtà passa per la libertà degli animali.
Quando ciò avverrà, l’impressione di avere perduto qualcosa non durerà più di un attimo; poi sarà subito il sollievo di essere veramente liberi, liberi dentro.
Abolendo se stesso come padrone che spadroneggia, l’uomo abolirà contestualmente quelli che volevano essere padroni della sua anima.
FULVIO BALDOINO