Il libro sospeso e l’acqua calda

Il libro sospeso e l’acqua calda

Il libro sospeso e l’acqua calda

Secondo un quotidiano online: “Spopola il libro sospeso”, e cioè la possibilità di prendere, in una libreria, un libro offerto da altri, sulle orme dell’antica e nobile consuetudine del “caffè sospeso” di origine napoletana.

Anni fa ero a Napoli per servire lo Stato, ed ero rimasto molto colpito da questa faccenda: mentre uno si sorbiva un buon espresso in piazza Garibaldi, nel tramestio confuso e affaccendato, spuntava sovente un qualcuno sulla porta, chiedendo ad alta voce se c’era un sospeso. Se la risposta era affermativa il qualcuno entrava e sorbiva solennemente un caffè, uscendo senza pagare. Mi è sempre parso un segno di grandissima civiltà: tanto fare un atto di benevolenza per uno sconosciuto, poi fidarsi del barista, che non s’imbosca l’omaggio per sé (se i disonesti fossero stati troppi questa consuetudine si sarebbe persa da sola), poi fidarsi dell’avventore, il quale non esibisce nessun documento comprovante il suo stato contingente di necessità; e poi e infine, che tutto questo non riguarda un bene indispensabile, il “pane quotidiano”, ma una bevanda ideata, costruita e consumata per il piacere intimo di farlo. Non una medicina: di più.


Il libro sospeso nasce su questo suggerimento. Il locale, anziché essere un bar, è una libreria. Nessuno deve esibire prove sulla sua difficoltà di procurarsi un libro o sull’onestà del libro donato. Lo si fa per il bene del Prossimo, anonimamente.

Ma un libro non è un caffè. Un libro è una scatola, un contenitore che può portare contenuti assai diversi. Può essere una storiella, un saggio ponderoso, una dichiarazione d’intenti, un manuale, una raccolta di leggi e prescrizioni, può contenere riproduzioni di foto o dipinti, può anche essere brutto e noioso, può perfino essere inutile. Un caffè si consuma sul posto, la sua soddisfazione dura tre minuti. Il libro si può cominciare sul posto, ma poi occorre portarlo in luogo consono, comodo, riparato e proseguire con calma il consumo. E poi, importante, il libro non si consuma (ovvero, se trattato bene si consuma molto lentamente).

Infine c’è una critica molto forte che ho voglia di muovere al “libro sospeso”. I volumi gratuiti, a disposizione di tutti, di ogni epoca e importanza, di ogni genere e categoria (anzi: proprio del genere e della categoria che interessano al lettore) ci sono già. E da molti anni. Si trovano in ampi locali chiamati “biblioteche”. C’è stato un tempo, nella storia di questa Repubblica, in cui si era trovato modo di agevolare e spingere la formazione delle biblioteche paese per paese, quartiere per quartiere. Magari non sempre con libri freschissimi o di moda, o dei veri best-seller americani o inglesi. Forse si trattava di stanze polverose, con scaffali di recupero, dove qualcuno, volontariamente e con buona pazienza, prestava la sua opera per la divulgazione e lo scambio di quella cultura che ancora oggi ci riempie (ci facciamo riempire) la bocca. Eh, perché la cultura, intesa come attività ministeriale, pare riguardi solo i grandi centri storici, il patrimonio archeologico, Pompei, Venezia e l’alta sartoria.


In ogni caso le biblioteche ci sono, e sono diffuse e ricchissime di volumi di ogni sorta. Quasi sempre sono gratuite, fatto salvo una piccola tassa d’iscrizione. E dentro c’è tutto quello che può interessare, fatto salvo una televisione. Si entra, si saluta, si appoggia giacca e cappello, ci si avvicina al banco e si chiede aiuto o consiglio al bibliotecario, che, di solito, è ben felice di aiutare, accompagnare, mostrare, chiacchierare. Spesso si trovano anche i giornali, i quotidiani, i settimanali, le riviste specialistiche. Spesso c’è un settore dedicato all’editoria locale: storia e narrativa delle nostre valli, delle nostre coste. Se uno non trova quel che cerca, è possibile cercarlo su internet nel Sistema Bibliotecario Nazionale, e, attraverso la locale biblioteca, farsi mandare il volume (qui ci sarà da spendere qualcosa per le spese di spedizione). Ed è tutto gratis! Ed è tutto già stato pagato dalle nostre tasse, dalle tasse dei nostri genitori.

Se non altro, da liguri, dovremmo pensarci bene, su questa opportunità.

La biblioteca, se ben gestita, diventa anche un luogo particolare: non solo un deposito di libri, ma punto d’incontro, di discussione, di identificazione di un paese. Può essere un punto di riferimento per diverse questioni, e un punto d’incontro tra amministratori e utenti[1].

Queste caratteristiche sono difficili da ottenere nel settore privato, schiacciato da ben altre esigenze. E comunque le biblioteche le abbiamo, fanno parte del nostro patrimonio. Se le ignoriamo, se non ci andiamo, se non prendiamo a prestito libri e non pretendiamo una voce di bilancio per l’aggiornamento delle nostre biblioteche, presto, molto presto chiuderanno.

La biblioteca dovrebbe essere un esercizio quotidiano di apprendimento e scambio, il piacere di assaggiare, curiosare, approfondire. Individuare magari il libro che più d’altri ci colpisce e ci placa, e decidere di comprarlo in libreria, per il piacere stesso di tenerlo vicino o di regalarlo (da persona a persona) ad un amico.



[1] Ricordiamo, perché vale la pena ricordarlo, che l’uomo moderno si può distinguere come: CLIENTE quando paga per un servizio privato; PAZIENTE quando riceve una prestazione sanitaria; UTENTE quando ottiene un bene o un diritto attraverso un servizio pubblico che ha già pagato, eventualmente da integrare.

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