Il libro della settimana: Il passato è un morto senza cadavere di Antonio Manzini
Il passato è un morto senza cadavere di Antonio Manzini è un libro che esplora le complessità della mente umana e il potere degli eventi passati nel plasmare il presente. Come in molti dei suoi romanzi, Manzini dimostra un talento speciale nel creare intrecci ricchi e personaggi profondi, offrendo al lettore un’esperienza che va oltre il giallo classico.
Il protagonista è il vicequestore Rocco Schiavone, un personaggio già conosciuto dai lettori delle sue opere precedenti. In questo libro, Manzini continua a scavare nel passato di Schiavone, rivelando episodi che lo hanno segnato profondamente. La narrazione si alterna tra presente e passato, lasciando intravedere quanto il peso dei ricordi influisca sulle scelte e sugli stati d’animo del protagonista.
L’indagine principale si intreccia con le riflessioni intime di Schiavone, che spesso si trova a fare i conti con ombre che non si sono mai del tutto dissolte. Il titolo stesso, “Il passato è un morto senza cadavere”, allude al fatto che i traumi e le esperienze dolorose del passato rimangono vivi dentro di noi, anche se non hanno una forma concreta.
Manzini ha una grande abilità nel tratteggiare i personaggi e nel far emergere le loro ambiguità morali, e Schiavone non fa eccezione. È un vicequestore duro e cinico, ma con una sensibilità nascosta, intrappolato in un mondo fatto di regole che spesso contraddice apertamente, spinto da un’etica personale più che da una legge ufficiale.
Lo stile è diretto, a tratti tagliente, con un ritmo che oscilla tra momenti di tensione e riflessioni più intime.
L’intreccio narrativo è costruito in modo da coinvolgere il lettore fin dalle prime pagine, con un crescendo che porta ad un finale che lascia spazio a nuove domande e riflessioni.
In sintesi, Il passato è un morto senza cadavere è un giallo che va oltre la semplice indagine poliziesca, invitando il lettore a riflettere sul rapporto tra passato e presente, e sulla complessità dell’animo umano. Un libro consigliato sia agli appassionati di Manzini, sia a chi cerca una lettura che coniughi tensione narrativa e introspezione psicologica.

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TRAMA
Quando viene chiamato su una strada di montagna, al vicequestore Rocco Schiavone basta uno sguardo per capire di trovarsi di fronte a una rottura del decimo livello della sua personalissima classifica. Un ciclista, infatti, è stato vittima di un incidente. Il morto si chiama Paolo Sanna, un cinquantenne che da un po’ di tempo abita in zona ma che apparentemente nessuno conosce. Dai primi accertamenti risultano subito delle stranezze. Sanna era abbiente se non addirittura ricco, ma senza occupazione, nel tempo aveva cambiato periodicamente residenze in tutto il Nord Italia, sporadiche e superficiali amicizie, qualche amore senza conseguenze, parenti lontani e poco frequentati: insomma, «una specie di ectoplasma ai margini della società». A complicare le cose, c’è il rebus del taccuino trovato nella sua abitazione, una lista di nomi, sigle e numeri indecifrabili. Il quadro è quello di un uomo in fuga. Ma una fuga lunga, senza fine, se non fosse stato per quell’urto in montagna. Per vederci chiaro bisogna indagare nel passato, andando il più a fondo possibile, un passato che fa sprofondare il vicequestore di Aosta negli anni di gioventù di un gruppetto affiatato. Rocco vorrebbe procedere come al solito, pesante come un pugno e sottile come uno stiletto, ma è di sottigliezza che ha soprattutto bisogno, anche perché si fa sempre più drammatico il timore per la scomparsa inspiegabile di una persona, una donna, a cui qualcosa di intenso lo lega.