Il lascito giudaico-cristiano del Male che accomuna teocrazie islamiche e democrazie liberali

La prospettiva con la quale ci apriamo verso il mondo dipende dal nostro sistema di bisogni e di interessi.. È la soggettività, che condiziona i nostri giudizi, modella il nostro sistema di valori e di riferimenti, il nostro sé, vale a dire di ciò che siamo di fronte all’altro, il modo in cui ci presentiamo e ci rappresentiamo e orienta i nostri giudizi e le nostre scelte. La gerarchia dei valori e l’investimento valoriale sono funzione delle nostre conoscenze, vale a dire dei dati che abbiamo a disposizione  e della nostra capacità di ordinarli e renderli significativi.

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Se ci fermassimo a questa constatazione dovremmo concludere che nella commedia della vita ognuno recita il proprio monologo, non c’è alcuna partitura, non ci sono scambi non succede nulla.  In realtà il  nostro aprirsi verso l’esterno urta verso l’altro e ci rimbalza addosso provocando anche qualche ammaccatura. E in questo continuo rimbalzare e reciproco ammaccarsi il nostro sé si modifica continuamente e prende una forma che retroagisce sull’io interiore. Io non sono lo stesso di due o tre decine di anni fa  benché paradossalmente nel mio percepirmi rimango identico a me stesso. Se fossi un oggetto sarei semplicemente invecchiato. come uomo  sono cambiato, mentalmente e fisicamente. Cambiato perché sono cambiate le mie conoscenze, è cambiato il modo di esperire le stesse cose e sono cambiate le cose da esperire. Quello che mi piaceva non mi piace più, quello che mi era indifferente ora mi incuriosisce, i vecchi traguardi hanno perso ogni attrattiva e il mondo, in generale, mi si presenta in una veste del tutto nuova.

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Tener conto di questo consente di oltrepassare la soggettività, aprirsi al mondo con distacco, non dico sub specie aeterni, e ripetere il salto dalla parola al concetto, dall’empiria alla scienza, dalla generalizzazione alla norma. E soprattutto rende possibile abbattere le categorie buono-cattivo, piacevole spiacevole, giovane-vecchio o antico-moderno e ci libera dalla presenza del Male, lo esorcizza e ne dissolve l’essenza.

Si dirà: queste sono vuote chiacchiere o nella migliore ipotesi astratti filosofemi. Non è così e ne è la prova la cronaca quotidiana degli eccidi e della brutalità di Israele che segue allo stillicidio del terrore islamista culminato parossisticamente nella strage del 7 ottobre.  Tutto mentre sullo sfondo continua la mattanza nel conflitto russo-ucraino Bene, singoli individui e gruppi organizzati, nelle piazze o nel proprio privato, di volta in volta vedono i palestinesi o tutti gli arabi come assassini, gli ebrei come epigoni dei loro antichi sterminatori, l’Ucraina un avanzo anacronistico della peggiore faccia del nazismo, la Russia una replica dell’invasore unno. Insomma condanne, anatemi, il demonio che a seconda dei punti di vista si manifesta da una parte o dall’altra.

Ma il demonio non esiste se non nella fantasia delle menti limitate. Quelle secondo le quali Hitler era semplicemente un matto da legare, Mussolini il suo complice o, per andare oltre nel tempo, Attila il flagello di dio .  Il sonno della ragione che genera mostri, deforma le immagini come accadeva ai primi cristiani che nella composta e serena bellezza delle statue  pagane vedevano l’immonda deformità del diavolo.

Bisognerebbe trarre lezione dai rapporti interpersonali.  Se, quale che sia la causa, entriamo in conflitto con qualcuno, questi diventa improvvisamente l’incarnazione del male, ingiusto, cattivo, malvagio. Non riusciamo più a vederlo come persona, non è più il prossimo ma il nemico. Ed è solo grazie alla paura delle sanzioni e ai legami con le comunità di cui siamo parte che mediamo il nostro odio per vie giudiziarie, con sfoghi verbali o covandolo dentro di noi.  Ma se e quando riconquistiamo la lucidità o vengono meno le ragioni del conflitto il nemico torna ad essere una persona, le sue azioni e i suoi atteggiamenti ritrovano la loro giustificazione e la loro legittimità.

Draghi Meloni

Non ci sono persone cattive: ci sono persone che ci amano e persone che ci detestano. E allo stesso modo non ci sono stati-canaglia, espressione stupida coniata proprio da quelli che, se accettiamo di scendere sul piano della loro stupidità, sono le peggiori canaglie. Ci sono Paesi i cui interessi coincidono con i nostri e Paesi i cui interessi collidono con i nostri. La morale con i rapporti internazionali non ha niente a che fare. Chi la invoca cerca solo di coprire il proprio utile. Ridicolo Draghi quando afferma “come dovrebbero difendersi gli Ucraini, a mani nude?” per giustificare l’invio di armi a Kiev e il gigantesco affare che c’è dietro. Un politico vero, una volta riconosciuto che nel quadro generale degli equilibri fra Stati un conflitto ai margini dell’Europa ha una rilevanza anche per il nostro Paese avrebbe dovuto adoperarsi per conoscere le cause immediate e remote dell’intervento russo e agire di conseguenza attraverso la comunità europea e direttamente per una mediazione. Ma questo atteggiamento presuppone onestà e intelligenza, merce rara soprattutto in abbinamento. Draghi, e dopo di lui la Meloni, hanno preferito guardare al problema partendo dal presupposto di un aggressore cattivo che invade un pacifico Paese democratico e di un aggredito buono e mite destinato a soccombere senza l’aiuto disinteressato di altri Paesi buoni, democratici e generosi.

Berlusconi Puțin https://istorica.it

Dobbiamo ringraziare quel signore e quella signora se la secolare amicizia che legava l’Italia alla Russia, l’affinità culturale, gli scambi commerciali vantaggiosi per l’Italia sono andati in frantumi e chissà se e quando potranno ricostituirsi e ci troviamo legati ad uno Stato fantoccio che si è attaccato come una zecca all’Italia come agli Paesi occidentali e non solo ha rotto la continuità del sodalizio umano storico e culturale con la Russia ma ha provocato una catastrofe economica e sociale.

L’ossessione del male e la demonizzazione dell’avversario erano sconosciuti alla civiltà grecoromana. Sono uno dei principali lasciti della rivoluzione cristiana, quella che secondo la vulgata sarebbe all’origine della nostra humanitas, che al contrario si è mantenuta nonostante il nichilismo monoteista.

I popoli arabo-islamici temono l’irruzione nel loro presente di un futuro che non gli appartiene, che non hanno costruito loro.  E siccome non sono un blocco monolitico  – non mi riferisco  alle dispute dottrinarie e alle vicende che hanno portato alla contrapposizione fra sunniti, sciiti e altre fazioni islamiche ma alla maggiore o minore permeabilità alla cultura occidentale – alcuni hanno semplicemente ceduto all’invasore occidentale, altri sono venuti a patti, altri ancora si sono arroccati e l’hanno fatto in modi diversi: quelli deboli con la forza illusoria del martirio, quelli forti chiudendo le porte e preparandosi all’apocalisse.

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