Il genere umano al tempo della postverità

Note a fondo pagina
Il genere umano al tempo della postverità (parte prima)

Note a fondo pagina
Il genere umano al tempo della postverità
(parte prima)

 2016

C’è chi può dire di aver visto nascere un bambino, chi un fiore, chi un partito politico, chi l’idea di un romanzo, chi un grande o piccolo amore, chi una vocazione quale che sia. Ebbene, io ho visto nascere una fake news. Ora, se vi fidate, vi racconto: correva l’anno 2016, e precisamente il 31 luglio. Eravamo a cena in un ristorante di Finale, l’ospite d’onore era Vittorio Sgarbi e io ero casualmente seduta alla sua sinistra. A inizio mese, il noto personaggio aveva intrapreso un viaggio a Parigi, alla riconquista della Gioconda, o, almeno, questo aveva allora annunciato, anche se, a distanza di tempo, a nessuno era chiaro l’esito della spedizione.  Sui social la news era rimbalzata ampiamente, tra gli evviva, gli abbasso e i no comment. Ma dal viaggio a Parigi, torniamo alla cena di Finale, dove eravamo reduci dalla presentazione di un suo libro: l’irascibile guru, in versione relax, era attorniato da un piccolo drappello di collaboratori, che, a quanto ho capito, lo segue in tutti i suoi spostamenti; tra di loro, uno in particolare era in costante immersione in un tablet, da cui prendeva fiato, giusto per infilarsi in bocca un pezzo di lasagne al pesto o dire qualcosa al capo e riderci su, tra il micco e l’ammicco.  Giovane ma non troppo, rubizzo, occhietti vivaci, a un certo punto, sempre ridendo, il tipo ha passato il tablet al capo ed esclamato: guarda un po’ cosa ho trovato. La foto, che viene mostrata generosamente anche a noi, ritraeva Sgarbi con Beppe Grillo, seduti a un tavolino di cui non ė chiaro il contesto: “È di tre anni fa ma non siete granchè cambiati,” ha detto il tipo, e aggiunto: “Cosa dici, Vittorio, la sparo sui social con un post, dove dichiari che ti sei incontrato con Grillo per fondare un movimento comune?”. Ottenuto il placet, la sparata ha preso il via. La foto è tuttora rintracciabile su Internet, sul profilo facebook di Vittorio Sgarbi, col riferimento a Finale Ligure e il post: Sto trattando con Grillo la fondazione del Movimento 7 Stelle. A fine cena, le visualizzazioni del post erano oltre 4.000.000, col rilancio di agenzie di stampa, partite come razzi a rimorchio dei social. Il giorno dopo, almeno tre persone che conosco, tra cui un dichiarato elettore Cinque Stelle, parlando dell’avvenuto incontro con Sgarbi, mi avrebbero comunicato perentoriamente il colpo di scena politico.


E immagino che la bufala che io ho visto nascere, sia andata galoppando sui social attraverso condivisioni su condivisioni, lisce gassate o marachelle, commenti  pro e commenti contro. Io lo sapevo!, Roba da non credersi!, Venduti! Comprati! Imprestati! Era ora! E ORA?  Magari qualche condivisore ha aggiunto  un’introduzione originalissima: Notizia shock. Oppure la più amata dai complottisti: Ecco quello che nessuno vi dice. A modo suo l’incontro configurava infatti un complotto di zampa corta, un complotticchio, diciamo, o meglio un inciucio, un inciucicchio. Quando, a tavola, la notizia è stata sparata, ho chiesto candidamente ‘ma perché?’ e la risposta è stata: ‘Semplice: per fare confusione. Visto quanta ne ha fatta quella della Gioconda?’. E a queste parole del capo, gli occhi vivaci del fido bufalaro si sono riempiti di legittimo orgoglio. In ogni caso, si è trattato di un’operazione per niente timida o nascosta, ma addirittura ostentata dal piccolo clan pasteggiante, come un colpo di genio che distingue chi la sa lunga, con un sottinteso compiacimento: come creiamo confusione noi, nessuno! In questo caso, al di là dell’utilità della notizia in sé, che sarebbe poi stata di sicuro smentita da Grillo, lasciando comunque nell’aria un odor di sospetto, ho imparato che esiste un metodo, una vera e propria pedagogia della confusione. Insomma, manipolare e disinformare per confondere. Ma confondere perché? Per guardare di nascosto l’effetto che fa? O per dominare? Ma non era il caso di fare altre domande, perché l’argomento era intanto cambiato. In quella situazione, siccome non amo il complottismo su vasta scala e vado fiera della mia ingenuità, ritengo si trattasse solo dell’autopromozione di un personaggio che si alimenta dei colpi di scena. Ma la prassi della fake è diffusa e si tratta, in ogni caso, di  un’operazione anti-democratica, se è vero che la democrazia si fonda, come la medicina, sul consenso informato, ovvero sulla verità resa accessibile. Teniamo conto che già una serie di elementi, legati soprattutto alla tecnologia, rende troppo complessa la realtà in cui viviamo, col conseguente senso generale di confusione, che forse andrebbe sanato con un maggiore impegno e investimento nell’istruzione e nell’educazione, più che incrementato. Ma ho anch’io il mio colpo di scena: proprio nel 2016 Oxford Dictionaries ha eletto a parola dell’anno il termine post-truth, in italiano postverità, una parola che già esisteva ma che ha preso il largo con la Brexit e l’elezione di Trump, vicende per cui la diffusione di menzogne è stata determinante.


Eccone la definizione: “circostanza nella quale i fatti obiettivi sono meno influenti nell’orientare la pubblica opinione che gli appelli all’emotività e le convinzioni personali “. Ora, sappiamo bene che società di massa, mercato, pubblicità, propaganda hanno segnato tappe importanti del fenomeno della manipolazione del consenso ma il bufalatore del ristorante non ha proposto al suo capo di inviare la falsa notizia ai giornali, col rischio che a qualcuno venga in mente di controllarne l’attendibilità o col rischio di incappare in lettori riflessivi, ma ha proposto di spararla sui social, mettendo in moto una macchina di trasmissione immediata, capillare, globale, velocissima. Per questo, la postverità dal 2016 a ora ha fatto passi da giganti e chi frequenta a basso dosaggio i social come la sottoscritta, si trova nella scena di King Kong, di recente riproposto dalla tv, in cui i nostri eroi non riescono a liberarsi da un dinosauro, che ne arrivano altri 3.  E non parliamo, se si fa parte di una chat! Prima o poi la bufala ci scappa e talvolta ripetutamente, spesso da parte delle stesse persone bufalorecettive. Alla domanda “perché?” ho già ricevuto  risposta al ristorante, ma un’altra domanda incalza: “Cui prodest?”. Ovvio che per le bugie che hanno favorito Brexit e Trump  la risposta è immediata. Quello che mi interessa maggiormente non ė la singola BUGIA né la bugia mirata ma quell’ insieme d bufale attivate per una generale pedagogia della confusione, e che magari non sono così direttamente collegabili a un obiettivo concreto, così che risulta difficile identificarne il mandante. L’operazione ricorda la pastura che fanno i pescatori per predisporre i pesci ad essere pescati. Ma per ora, cari lettori, mi fermo alla confusione. La prossima settimana riprenderò il discorso, mettendomi mentalmente sulle tracce di mandanti, complici e cattivi maestri, fermo restando che le vittime, effettive o potenziali, le abbiamo già identificate: la verità e la democrazia.

  GLORIA BARDI

 

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