Il falso problema dell’omofobia

Il falso problema dell’omofobia
Le inclinazioni sessuali fra natura e cultura

Il falso problema dell’omofobia
Le inclinazioni sessuali fra natura e cultura

Trovo raccapriccianti le manifestazioni multicolori di quanti rivendicano la propria condizione o le proprie scelte sessuali ma soprattutto mi urta la pretesa dei movimenti LGTB di sussumere all’interno delle categorie progressismo-reazione, sinistra-destra, tolleranza-intolleranza quelle condizioni e quelle scelte. Un approccio serio, spassionato e razionale ad un problema che è reale finché è mantenuto nel suo alveo è quello che ho letto proprio su questi Trucioli, un approccio che mette sullo sfondo le scelte comportamentali restituendole al privato (e, dico io, in qualche caso all’attenzione del medico, dello psicologo o dello psichiatra) e pone in primo piano la questione vera del rapporto maschio-femmina, mascolinità-femminilità.


Questo va sottratto alla cultura e restituito alla natura, perché a esasperare la dicotomia non è la natura, non è la fisiologia, che ne depotenziano le differenze fino quasi ad annullarle sfumandone i confini, ma proprio la cultura, siano culture primitive e rudimentali, siano culture sofisticate e complesse, che ha condotto alla specializzazione e alla fissazione dei ruoli. In un ipotetico stato di natura, non condizionato da educazione, regole, valori e imposizioni culturali, maschio e femmina rappresentano semplicemente la prevalenza nello stesso essere umano di caratteri presenti nell’uno e nell’altra, sia sotto il profilo anatomico sia su quello fisiologico e psicologico. L’uomo, insomma è contemporaneamente maschio e femmina e se il caso ha fatto prevalere le caratteristiche dell’uno o dell’altra ciò non toglie che entrambe rimangano se non negli aspetti esteriori  e funzionali della sessualità quantomeno nella organizzazione complessiva della personalità; e quanto più la società si libera dai ciarpami culturali legati a necessità contingenti, come la divisione del lavoro, tanto più facilmente restituisce alla distinzione fra i sessi la sua fluidità, la sua continuità, il suo dipendere dal combinarsi di fattori anatomofunzionali, neurali, ormonali e di circostanze, inclinazioni, libero arbitrio. Questa consapevolezza è all’origine e rimane la base non dico della tolleranza, che presuppone comunque la presenza di una diversità problematica, ma di un’auspicabile indifferenza rispetto a ciò che accade in aree che debbono rimanere ermeticamente chiuse alle valutazioni sociali.

 

Si dirà: ma la famiglia e, di conseguenza, i rapporti eterosessuali debbono mantenere il loro primato.  Lo mantengono spontaneamente, senza alcuna necessità di intervenire con prescrizioni religiose giuridiche o morali. Sono convinto che lo Stato debba sostenere la famiglia perché essa possa assolvere al suo ruolo educativo e garantire la continuità della nazione, soprattutto in un momento drammatico come questo, in cui è esposta all’esuberante natalità di stranieri insediatisi illegalmente nel Paese. Più in generale, a questo scopo lo Stato deve sostenere non tanto la famiglia in quanto tale ma la maternità e la natalità anche se è fuori dubbio che la famiglia rimane lo strumento più idoneo per garantire l’una e l’altra. Ma mi guardo bene dal considerarla un valore o anche soltanto il nucleo, l’esito o la realizzazione di un percorso sentimentale obbligato. L’idea che sia la cellula della società è un retaggio hegeliano: la cellula fondamentale della società non è la famiglia ma sono gli individui. Ci mancherebbe che il single, mi si perdoni l’anglicismo, dovesse essere considerato come un’anomalia  nell’architettura famiglia-società civile -stato.  E, riguardo ai sentimenti, se qualcuno sostiene che il matrimonio o la convivenza sono la tomba dell’amore non mi scandalizzo: è una esagerazione che contiene una buona parte di verità. Del resto tutta la nostra letteratura, compreso il padre Dante, separa nettamente il sistema degli affetti domestici dalle vicende sentimentali: il tentativo di far coincidere i primi con le seconde è un dato storico e culturale.


Fra le vere rivoluzioni e i veri processi liberatori dell’età contemporanea vedo il papà che accudisce i figli, che cucina o provvede a fare la spesa. Queste sono vere rivoluzioni, non urlate ma realizzate. Due ragazze che si baciano in pubblico o due ragazzi che si tengono ostentatamente per mano non sono il segno di una rivoluzione, sono solo dei provocatori: quale che sia la loro natura i sentimenti sono una faccenda privata; tollero a stento le effusioni pubbliche nei confronti della prole. Bisognerebbe imparare dagli antichi la sobrietà, il decoro e la consapevolezza che la propria intimità e i propri sentimenti non si impongono agli altri: basterebbe questo per smorzare tutto l’interessato chiacchiericcio sull’omofobia, l’ultimo arnese nella cassetta degli attrezzi a disposizione del pensiero unico per imporre la censura e allineare il gregge. Contrapporre omosessualità e eterosessualità o femminismo contro maschilismo è frutto di una trappola del linguaggio. Non esiste l’omosessualità: esistono gli omosessuali o, meglio ancora, comportamenti omosessuali, che non hanno alcun rilievo sociale etico o politico. Non sono schieramenti né categorie, sono solo astrazioni, parole, flatus vocis. Una persona può avere avuto esperienze o subito attrazione per persone dello stesso sesso, càpita spesso fra gli adolescenti, che per lo più con gli anni trovano una sistemazione affettiva in una relazione eterosessuale; può succedere, e lo sa bene chi come me ha esercitato la professione di psicologo, che permangano pulsioni segrete e incoffessabili (volutamente non dico inconsce), conosco casi di acting out senili, con abbandono di moglie ed esposizione al dileggio e alla riprovazione di figli già adulti. Sono scelte, coraggiose o avventate secondo i punti di vista, ma ognuno è libero di decidere sulla strada da prendere. In generale io sono restio a classificare le persone: meno che mai accetto che uno venga ridotto ai suoi gusti sessuali. Trovo rivoltante la pretesa della Chiesa e della morale borghese di ficcare il naso sotto le lenzuola, quali che siano le intenzioni o le direttive che si vogliono imporre.


Riconoscere la presenza in ogni essere umano di componenti maschili e femminili e, di conseguenza, ricondurre l’omosessualità nell’ambito della normalità o, se si vuole, della natura, non esclude affatto che la sfera della sessualità sia soggetta a deviazioni, di interesse psicopatologico, psichiatrico o criminale. Anche in questo campo i compagni, gli stessi che non contenti del razzismo cercano di usare l’omofobia come arma politica, fanno una grande confusione. Non tutto è normale nel comportamento sessuale, come, in generale, nel comportamento delle persone. Provare piacere nell’infiggere dolore al partner non è solo riprovevole sotto il profilo morale ma è segno di un serio disturbo psichico come lo è l’esibizione dei genitali o l’attrazione verso soggetti non in grado di corrisponderla; le aberrazioni sessuali esistono, eccome, e possono rappresentare una minaccia sociale. Lo stupro, per esempio, è insieme un’azione criminale e un caso di devianza. Bisognerebbe anche ricordare al giudice (alla giudice) che concesse le attenuanti all’africano colpevole di violenza sessuale motivando con la diversa cultura che in nessuna cultura lo stupro è una pratica normale e legittima. Il fatto di essere straniero, accolto e mantenuto, avrebbe dovuto essere un aggravante, per l’inqualificabile magistrata divenne un attenuante!

L’antropologia culturale ha imposto il dualismo spesso fuorviante natura-cultura. Meglio sarebbe guardare ai fenomeni sociali nel segno della contrapposizione necessità-libertà, in grado di dar conto della direzione che la società occidentale deve imboccare per scrollarsi di dosso il peso della morale bigotta e borghese ottocentesca, dell’eredità cristiana, dei residui barbarici e di liberarci dai letti di procuste delle ideologie, che poi altro non sono che religioni rivedute e corrette. Fare entrare l’aria fresca della libertà, ricondurre lo Stato da fine a strumento, restaurare il primato dell’individuo, lasciare alla legge il compito di garantirne il libero esercizio del pensiero e delle sue manifestazioni, tutelarne gli interessi senza pregiudizi e non confondere i diritti dei cittadini con la dichiarazione dei diritti universali dell’uomo (ai quali andrebbero aggiunti i sacrosanti diritti degli animali), questa è la strada. Quanto ai diritti umani e ai diritti del cittadino, sono piani diversi: confonderli porta a trascurare il pensionato italiano che per sopravvivere fruga nella spazzatura e stracciarsi le vesti se i clandestini vengono costretti a rispettare la quarantena, confonderli significa consentire che il welfare pagato con le tasse degli italiani finisca nelle mani degli stranieri, con l’aggravante che la maggioranza di loro sono penetrati illegalmente nel Paese.

 

Il Potere, palese o occulto, è un’Idra dalle cento teste e i suoi strumenti di oppressione sono molteplici e diversi fra di loro: la cultura, la forza, la fede religiosa, il denaro. Il potere del capitale si è presentato nella sua forma   classica come sfruttamento del lavoro e concentrazione delle attività produttive su base nazionale. Per rafforzarsi ha imposto la coesione interna basata sia sulla solidità della famiglia e l’indissolubilità del matrimonio nella cornice della morale borghese sia  sulla retorica nazionalista e su una concezione aggressiva della Patria a supporto delle politiche imperialiste; nella sua versione postindustriale il capitale finanziario in nome della globalizzazione e della riduzione dell’umanità ad una poltiglia amorfa di consumatori deve invece smontare gli edifici nazionali distruggendone i nuclei etici e istituzionali e le identità culturali, storiche e linguistiche. 


Non ci lasciamo ingannare: la concezione laica della realtà e delle relazioni umane deve sapersi svincolare dal retaggio della morale clericale e bigotta senza cadere nella trappola del nuovo conformismo. Ridimensionare il ruolo della famiglia non vuol dire negare la molteplicità delle sue funzioni ma considerarle pragmaticamente, così come è un atteggiamento pragmatico e non ideologico quello che impone il riconoscimento dell’unicità dell’essere umano indipendentemente dal sesso, quello che restituisce i diritti alla loro codificazione – e di conseguenza li circoscrive al gruppo che li ha espressi – e rinvia la cittadinanza allo Stato di appartenenza. Rispolverando la retorica e le utopie della rivoluzione francese il Potere globale  con la sua morale buonista, il suo ecumenismo e la sua massonica fratellanza universale ci vuole tutti non dico sudditi, che possono sempre ribellarsi, ma lobotomizzati. E purtroppo, senza riferimento a compagni e grillini, chi il cervello non ce l’ha non ne sente la mancanza. 

 Pier Franco Lisorini  docente di filosofia in pensione

 

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