Il coraggio di Bogotà

Il 28 maggio scorso, la Càmara de Representantes della Colombia, a larga maggioranza ( 93 voti a favore e 2 contrari ) ha stabilito che dal 2027 le corride dei tori e le attività collegate saranno vietate.
La decisione non è applicabile da subito perché si è voluto dare tempo a tutti coloro che direttamente o indirettamente lavorano nel campo delle fiestas, di trovare un’altra occupazione, magari approfittando della riconversione che il Governo si è impegnato a promuovere fino a quella data.
Che serva del tempo per riconvertire le arene in campi sportivi, in parchi o per costruirvi edifici di interesse pubblico si può anche capire; che l’applicabilità della legge sia rimandata per dare l’opportunità di un altro lavoro a chi ( allibratori, sarti, allevatori, banderilleros, organizzatori, agenzie turistiche in loco e di viaggio…) a suo tempo ha scelto autonomamente di investire sulle fiestas e su ciò che ad esse ruota attorno, forse un po’ meno. 

Ci sono volute 14 proposte di legge per giungere a un simile risultato, perché le tradizioni ( e la Colombia è il Paese latino-americano di più lunga data in quella della tauromachia ) sono lente a morire, e perché molti sono gli interessi economici collegati alle ganaderìas ( allevamenti specializzati ), all’alimentazione animale, alle scommesse, al turismo, etc.
Si è trattato comunque, nonostante i tre anni per andare a regime e nonostante i 10 anni di incubazione, di un notevole passo avanti, reso possibile anche dalla presa di posizione del Presidente della Repubblica, Gustavo Petro, che si è complimentato con gli attivisti per aver lottato affinché “la morte non sia più uno spettacolo”.
La Colombia si è dunque allineata con Argentina, Brasile, Cile, Guatemala e Uruguay.
Non così però Ecuador, Messico, Perù,Venezuela e, in Europa, Spagna ( di cui tutti sanno ), nonché Portogallo e Francia (di cui molti non sanno).
Per la cronaca, c’è da precisare che in Portogallo il toro di regola non lo si ammazza nell’arena, ma fuori. A volte, se si pensa che possa sopravvivere alle ferite, lo si ricuce.
Una precisazione pure per la Francia, per dire che le corride, anche lì con caratteristiche proprie, sono ammesse solo nel Midì.
E’ solo nella Francia meridionale che si consente di rispettare questa tradizione alla quale, malgrado l’avversione a siffatto genere di eventi di 8 francesi su 10, viene in soccorso un’eccezione. Infatti proprio nell’articolo 521-1 del Codice Penale, si legge:
“Le disposizioni del presente articolo [ per la salvaguardia degli animali domestici, addomesticati o tenuti in cattività ] non sono applicabili alle corride in quanto si può invocare una tradizione locale ininterrotta”.

Certamente vi è in alcuni il timore che l’abolizione della corrida funga da apripista alle rivendicazioni contro gli ingozzamenti di oche per la produzione di fois gras, o la vivisezione, o le corse dei cavalli, o gli allevamenti intensivi… Cose che potrebbero andare a impattare con settori come quello della farmaceutica, della carne, degli spettacoli circensi, e persino su modelli educativi consolidati, e non sarà quindi semplice far valere quei diritti animali di per sé altrimenti evidenti di una evidenza naturale.
Non ci dobbiamo stupire: se l’Asociacìon Internacional de la Tauromaquia ha visto respinte nel 2022 e nel 2023 dall’UNESCO le sue richieste di annoverare la corrida nel Patrimonio Immateriale dell’Umanità, è stato per vizi di forma e di procedura.

Fulvio Baldoino

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