Il Broddo de Trippa ligure: L’unica vera ricetta per “passare al setaccio” la Sinistra Massimalista

Il Broddo de Trippa ligure:
L’unica vera ricetta per “passare al setaccio” la Sinistra Massimalista

Il dramma della trippa non cotta e il ‘brodo lungo’ del PD

Genova, Cucina & Politica – In questi tempi di brodi annacquati e sapori politici indistinti, è consolante rifugiarsi nella solida, sostanziosa e inequivocabile tradizione del Broddo de trippa ligure. La ricetta, come tramandata dal volume Pesto e mortà, è di una chiarezza disarmante: mezza chilo di trippa (meglio se di vitello, più tenera), cipolla, carota e sedano. L’istruzione chiave è: Rosolare carota, sedano e cipolla e mettere nell’acqua, intiepidita e salata, con la trippa. Fare bollire sino a che la trippa stessa non sia cotta. Passare al setaccio cipolla, carota e sedano e servire il solo brodo.
Ecco, questo “brodo di trippa” è la metafora perfetta per analizzare la transustanziazione del Partito Democratico (PD) sotto la sua attuale segreteria.

Secondo la ricetta, l’obiettivo è il brodo: essenziale, nutriente, limpido, ottenuto solo dopo aver separato e “passato al setaccio” gli ingredienti di supporto – il classico soffritto politico: carota (le residue istanze riformiste), sedano (il vecchio apparato istituzionale) e cipolla (la lacrimogena eredità comunista).

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Ma cosa sta accadendo nel pentolone dem?

Il PD, anziché produrre un brodo limpido e sostanzioso, ha preferito ribaltare il processo. Si è trasformato in un “minestrone massimalista” talmente denso da risultare indigesto. La Trippa Istituzionale, un tempo pilastro della democrazia liberale, è stata lasciata a sbollire in un’acqua che non diventa mai brodo, ma si trasforma in una melma ideologica.

La cottura è infinita, proprio come il dibattito interno: non si aspetta che la trippa “sia cotta” – ovvero che il partito raggiunga una maturità di governo pragmatica – ma si continua a buttare nel pentolone tutto ciò che fa rumore: massimalismo, assemblearismo studentesco, e l’eterno ritorno dell’ossessione “anti-fascista” che, come nota acutamente un editorialista, è diventata una farsa alla “terza, quarta, quinta volta”.

La trippa, il materiale politico di base, dovrebbe essere usata per il piatto successivo (un governo credibile), ma è intrappolata in un “brodo lungo” che non nutre nessuno, se non il mito rivoluzionario.

E i liberaldemocratici che stanno a sinistra, poveri loro. Sono come quei puristi che pretendono il brodo chiaro, ma si ritrovano la ciotola piena di cipolla e sedano non setacciati, ovvero un eccesso di elementi “anti-sistema” che rendono il sapore amaro e incompatibile con i principi di un Paese moderno e liberale. La loro posizione è un paradosso culinario: cercare la purezza del brodo nell’aceto dell’antisionismo e nella retorica da “settimana rossa” che, purtroppo, infetta il tutto. Umberto Terracini l’aveva detto, e come lui ogni cuoco ligure: se non setacci gli ingredienti tossici, il brodo (politico) è avvelenato.

In sintesi, la saggezza ligure ci ricorda:
1. La Trippa deve essere cotta: La politica deve essere un lavoro sulle “cose possibili”, non una demagogia sull’impossibile. Il PD è trippa cruda.
2. Gli aromi vanno setacciati: La retorica estremista (cipolla), l’anacronismo intellettuale (carota) e la cinghia di trasmissione CGIL (sedano) devono essere eliminati per ottenere un brodo (progetto di governo) limpido.
3. Il Brodo è “molto sostanzioso e nutriente”: Un partito liberale, anche a sinistra, deve offrire sostanza, non solo schiume.

Il risultato attuale è che i liberaldemocratici sono costretti a bere un Broddo de trippa non riuscito, dove l’unica cosa “sostanziosa” è l’incompatibilità con i compagni di pentola.

Che Dio li salvi, e che il Broddo di Aidano Schmuckher ispiri loro una scissione urgente: quella tra chi vuole un brodo di governo chiaro, e chi preferisce la pappa rivoluzionaria. La trippa, in ogni caso, potrà sempre essere usata per preparare un altro piatto. Speriamo migliore.

Antonio Rossello       CENTRO XXV APRILE

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