I venti di guerra sono tornati a soffiare

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I venti di guerra sono tornati a soffiare

A costo di usare un linguaggio politicamente scorretto, nel volgere lo sguardo al cielo tra Gerusalemme e Gaza, attraversato da razzi e bombe, cascano le braccia. Di fronte a quello scenario che si ripete con metodica e cinica costanza, viene da dire, tra ragioni e torti equamente distribuiti, una sola, semplice, cosa: adesso basta, smettetela. Smettetela di tenere il mondo col fiato sospeso. Ma sarebbe – scusate il bisticcio – fiato sprecato. Quella splendida terra dove da tempo immemore israeliani e palestinesi si scontrano e raramente si incontrano, dovrebbe essere per definizione dedicata alla pace. O perlomeno alla ricerca di una forma decente di coabitazione all’interno di due Stati riconosciuti da entrambi e dalla comunità internazionale. Invece no, tranne qualche sprazzo di breve durata. I venti di guerra sono tornati a soffiare e le immagini della Spianata delle Moschee – invasa dai lacrimogeni e abbandonata da gente che fugge spaurita – certifica il fallimento di una politica ormai incancrenita che non ha mantenuto, nonostante gli innumerevoli sforzi diplomatici, nemmeno una sola promessa per provare seriamente a spegnere la miccia. L’impegno era di non valicare la delicata, sottile linea rossa oltre la quale il prezzo da pagare all’incapacità di dialogare, di gestire situazioni complesse e di accettarsi reciprocamente diventa enorme. Al punto tale di provocare un altro trauma che rende ancora più incerto il futuro dell’intero Medio oriente.

 Renzo Balmelli

da  L’avvenire dei lavoratori (il sito al momento non è disponibile)

 

 

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