I Sindacati e le nuove generazioni

I Sindacati e le nuove generazioni
Correva l’anno 1945, la seconda guerra mondiale terminava con un’Italia sconfitta e semidistrutta dai bombardamenti, il Paese era prevalentemente agricolo e nel Sud una larga fetta di popolazione era analfabeta.

I Sindacati e le nuove generazioni

 Correva l’anno 1945, la seconda guerra mondiale terminava con un’Italia sconfitta e semidistrutta dai bombardamenti, il Paese era prevalentemente agricolo e nel Sud una larga fetta di popolazione era analfabeta.

In questo quadro desolante le elezioni erano vinte dalla Democrazia Cristiana e dal suo leader Alcide De Gasperi, un trentino nato quando la sua Regione apparteneva all’Austria, proveniente da una famiglia umile e che, a dispetto di un fisico esile, aveva la tempra del grande uomo.

Da unico vero statista che l’Italia abbia mai avuto in tutta la sua storia del dopoguerra, in soli 7 anni come capo del Governo gettò le basi per trasformare il Paese in uno dei più avanzati del mondo.

La trasformazione avvenne attraverso il famoso Piano Marshall ma soprattutto seguendo la così detta ‘dottrina Truman’:  fuori socialisti e comunisti da ogni governo e politica liberista e capitalistica, sullo stile americano.

In poche parole De Gasperi lanciò agli imprenditori un messaggio semplice e chiaro: noi (lo Stato) non vi diamo niente, ma non vogliamo niente; per il resto, fate voi!

 

Messaggio che gli imprenditori del Centro Nord colsero al volo e in vent’anni il nostro Paese, da agricolo, povero e diseredato (per aver perso la guerra) è arrivato negli anni ’80 ad essere addirittura la quinta potenza economica mondiale, nonostante gli enormi costi per la ricostruzione e per il pagamento dei danni di guerra – ad esempio, la centrale termo elettrica di Vado Ligure fu costruita per sostituire la centrale idroelettrica di Tenda, dovutasi cedere alla Francia come risarcimento dei danni di guerra.

Pur dovendo ricostruire un Paese distrutto, pur dovendo pagare danni di guerra, il debito pubblico si trovava ai livelli di tutte le potenze europee vincitrici e la lira si conquistava una posizione tra le monete più stabili.

Si costruivano strade, autostrade, aeroporti e infrastrutture di ogni tipo, atte a favorire lo sviluppo industriale; nello stesso tempo in agricoltura si iniziava a meccanizzare il settore, migliorandone la produttività e, attraverso la ricerca, si migliorava la qualità dei prodotti da offrire a un mercato sempre più esigente.

La “Milano da bere” era l’esempio di un’efficienza da fare invidia ai nostri vicini europei; i film italiani conquistavano il mondo e la moda italiana iniziava a essere apprezzata a livello internazionale, mentre le nostre industrie metalmeccaniche esportavano anche nella stessa Germania prodotti come Vespa, Lambretta, Alfa Romeo e moto Ducati.

Gli operai lavoravano con entusiasmo e orgoglio di appartenenza e con 5 mensilità un salariato acquistava la mitica 500. L’euforia regnava nel Paese e tutti guardavano il futuro con la certezza che i propri figli avrebbero avuto ancora più opportunità di quelle che già pensavano di avere i lavoratori di allora, i quali naturalmente contribuirono in primis al miracolo economico italiano.

 

Incidit in Scyllam qui vult vitare Charibdim, arriva il ‘68 e con esso la contestazione studentesca che, pur diffondendosi in tutta Europa, solo in Italia innesca un meccanismo esasperato che partendo dalla richiesta di sacrosanti diritti per i tempi di allora, alla lunga creerà i presupposti per l’inesorabile declino del Paese.

Già nei primi anni ’60, con i socialisti entrati nei Governi così detti di ‘Centrosinistra’, si nazionalizzava a peso d’oro una rete elettrica decrepita, avveniva la prima riforma scolastica, nascevano le Regioni, non tanto per un ideale federalista – sistema statuale che non è mai appartenuto alla sinistra –  ma volute dalla sinistra solo per entrare nella stanza dei bottoni a livello locale e in modo sempre più pervasivo.

Tali Enti territoriali, assieme ad altri Enti statali creati ad hoc, davano vita ad innumerevoli centri di potere con enormi capacità di spesa (e di truffa) i quali, anziché avvicinare i cittadini alle amministrazioni, in realtà hanno creato il più grande apparato al mondo di becero clientelismo, rafforzato poi con la modifica del titolo V della Costituzione, voluta e attuata dalle sinistre e scientemente strutturata per affondare il vero federalismo, quel federalismo  che è dominante con risultati positivi in quasi tutti gli Stati civili, come gli USA e la Germania, per non parlare della vicina Confederazione Elvetica.

Tale livello indecente di clientelismo ha causato da una parte spese incontrollabili, dall’altra indicatori di efficienza decrescenti man mano che ci si sposta verso Sud, trasformando l’anarchismo creativo del dopoguerra del Nord in illegalità diffusa che dal Sud si è diffusa nell’intero Paese.

Anche al Nord quella società civile che aveva creato il miracolo economico con il culto del lavoro si è convertita parzialmente nel tempo nella società delle corporazioni, dei piagnoni e dei fatalisti.

Alla situazione attuale, dalla quale, a mio parere non ne usciremo più, lasciamo ai nostri figli e nipoti un futuro ben poco invidiabile, proprio al contrario di quello che i nostri padri e nonni hanno lasciato a noi, certi che la loro eredità costituisse la base di ulteriori sviluppi.

Le colpe sono da ascrivere a quasi tutti gli uomini di Governo che si sono succeduti dopo lo statista De Gasperi, il quale giustamente amava dire che lo statista lavora per i prossimi 50 anni mentre il politico lavora per le prossime elezioni.

Ma personalmente, io reputo che gran parte delle colpe vadano ascritte ai sindacati.

I sindacati italiani non hanno mai lavorato con prospettive di lungo raggio ma si sono sempre accontentati nel pretendere tutto e subito e tutt’ora continuano a operare con una visione corporativa e limitata a quello che reclamano i lavoratori delle singole categorie, i quali naturalmente alzano sempre l’asta all’insù, senza avere una visione dell’interesse generale, come quella che dovrebbe avere un sindacato responsabile, e questo è valso ed è vero  soprattutto per il  pubblico impiego il cui posto di lavoro è garantito da un concorso vinto, spesso non si sa come, tuttavia a prova di bomba.

In poche parole tutti siamo sulla barca e se tutti remiamo dalla stessa parte la barca naviga ma se ognuno pensa che siano gli altri che devono remare, la barca inesorabilmente si ferma e tutti ne subiscono le conseguenze.

Potrei fare innumerevoli esempi, a iniziare dal fenomeno dei pre-pensionamenti di massa avviati a partire dagli anni 70, promossi e benedetti dai sindacati per ‘creare occupazione’…LEGGI… oppure i casi di assenteismo mai denunciati dai sindacati, anzi spesso coperti, con lo scopo di far assumere altre persone a fare quello che gli assenteisti non facevano; chi mai non ha avuto problemi con la pubblica amministrazione, spesso condotta da funzionari ottusi, che hanno fatto carriera non per merito professionale ma per meriti sindacali, funzionari e dirigenti  che mai rispondono dei loro errori, neppure quando bloccano legittime attività economiche, che poi spesso emigrano in Paesi amministrati in modo più efficiente.

 

Passando poi alla scuola, ovvero un altro settore dove il sindacalismo ha imperato, l’arretramento dell’istruzione italiana nei confronti di altri Stati è ormai acclarato, il quale altro non è che l’effetto diretto delle innumerevoli riforme volute dalle sinistre per dare posti di lavoro a insegnati indottrinati e sindacalizzati, per lo più di sesso femminile, il cui solo interesse è spesso solo quello di ottenere uno stipendio e un posto di lavoro sotto casa per dedicarsi meglio alla famiglia – su tale argomento, emblematiche sono state le ultime proteste di molte insegnanti del Sud e si vedrà ben presto quante malattie improvvisamente sorgeranno.

La soppressione degli avviamenti professionali che furono un vero strumento per lo sviluppo della nostre imprese negli anni di crescita, insieme ad una specie di rifiuto culturale verso gli istituti tecnici (vedi il caso incredibile  dell’istituto tecnico Nautico di Savona), sono sintomatici di una mentalità utopistica della sinistra, dove tutti dovevano essere laureati, anche con titoli farlocchi, per rappresentare la ‘cultura’ e contribuire alla cosi detta intellighenzia di sinistra che ha distrutto quello di buono che vi era nella nostra scuola.

In tutto questo guazzabuglio i sindacati ci hanno sguazzato, portando i risultati che possiamo constatare: la prima università italiana per reputazione internazionale è al 163.mo posto.

  

 

Naturalmente non si può fare di tutta l’erba un fascio, perché vi sono stati anche tanti sindacalisti onesti e perbene, che hanno contribuito a dare più garanzie ai lavoratori operanti in quei settori dove spesso esisteva sfruttamento e prevaricazione, che poi sono, guarda caso, i settori che hanno generato quella economia vera, capace di creare welfare e standard di vita soddisfacenti per tutti i cittadini, di cui godiamo, o meglio abbiamo goduto sino a oggi.

Concludo passando ai fatti nostrani, che dimostrano che in periferia le cose non sono differenti.

La nuova giunta deve tagliare a destra e a manca per evitare che lo faccia un freddo Commissario e tutti si lamentano dei tagli e tutti hanno ragione: le merendine, la cultura, lo sport, le SMS; naturalmente i sindacalisti danno ragione a tutti, come è sempre stato; … peccato che adesso manchino i soldi, anzi proprio le Giunte Berruti e le sinistre ci hanno lasciato enormi debiti, che noi di centrodestra cercheremo di sanare nell’arco di 10 anni.

Perché 10 anni e non 30? chiede la Capogruppo del Pd, in piena sintonia con la ormai famosissima “ flessibilità renziana”  (flessibilità = ulteriori debiti)

 

Perché non è onesto perseverare sulla politica mirante a conseguire il consenso alle prossime elezioni, facendo pagare alle future generazioni, ovvero ai bambini, che sono ancora in carrozzella e quindi non possono votare, i costi del malgoverno, lasciando per questa via il Paese perennemente nelle mani dei manovratori stranieri dello spread.

Non sarebbe onesto! NO, non lo sarebbe affatto, e noi siamo persone serie e se i cittadini sono intelettualmente onesti lo capiranno.

SILVIO ROSSI  Consigliere LEGA NORD

 

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