I seminatori d’odio e …

I seminatori d’odio
e la bufala grottesca dell’antisemitismo fra gli italiani

I seminatori d’odio 
e la bufala grottesca dell’antisemitismo fra gli italiani

 In occasione della morte di uno degli ultimi italiani sopravvissuti ai campi di concentramento tedeschi la presidente della comunità ebraica romana si è lasciata andare a considerazioni allarmanti sul ritorno dell’antisemitismo nel nostro Paese, inserito ça va sans dire, nel clima d’odio che in questo momento lo caratterizzerebbe. E nell’occasione ha rispolverato la fake news dei duecento messaggi giornalieri indirizzati alla neosenatrice Segre. Personaggio questo creato a tavolino a settantacinque anni di distanza speculando in modo ignobile sulla Shoah per rastrellare consenso elettorale.


Mi sembra di vivere in un altro pianeta. Fin che mi si dice che in Germania o in Norvegia sono attivi gruppi antisemiti la cosa mi sorprende, mi resta difficile capirne il senso, le ragioni e lo scopo ma non avendo dati per smentirla e dovendomi affidare a ciò che mi viene riportato finisco per prendere per buona la notizia e confermarmi nell’idea che qualcosa nella testa delle popolazioni germaniche non funziona (lo diceva Jung, tedesco al 100%). Ma se mi si racconta che qualcosa del genere accade in Italia mi inalbero perché non solo non è vero ma è impossibile. Intanto perché non c’è niente che fra gli italiani, tantomeno fra quelli che sarebbero sensibili al presunto clima d’odio – e non ci vuol molto a capire verso quale parte politica sarebbero orientati – potrebbe innescare un sentimento antisemita. Purtroppo buona parte degli ebrei italiani si sono trasferiti in Israele ormai da diverse generazioni e salvo che in qualche grande centro si possono incontrare testimoni di Geova, mormoni, buddisti ma di ebrei non c’è traccia. Ovviamente mi riferisco solo agli italiani: riguardo agli stranieri o di origine straniera sarebbe ridicolo andare a cercare fra di loro qualche figlio d’Israele. 


L’antisemitismo non ha senso se non ci sono ebrei, non solo, se non ci sono comunità ebraiche solidali fra di loro e avvertite come un corpo estraneo. E non a caso quando si è presentato non ha riguardato nello stesso modo tutti gli strati sociali: più diffuso e virulento fra i ceti operai, nei quartieri poveri, e pressoché assente nell’alta borghesia, fatta eccezione per certi ambienti professionali e per il mondo accademico, dove entravano in gioco conflitti fra lobby. Ed è stato un fenomeno che non ha toccato la Spagna, dalla quale gli ebrei erano stati espulsi nell’anno della scoperta dell’America né le isole britanniche ma l’est Europa, la Germania, la Francia e molto marginalmente il nostro Paese, nel quale per altro trovò una diga all’interno stesso del partito fascista. 

L’antisemitismo ha intossicato i ceti popolari indipendentemente dalla sua teorizzazione, indipendentemente dalle deliranti elucubrazioni sulla razza, che non arrivavano neppure a lambire quei ceti, sui quali aveva piuttosto presa la Chiesa cattolica che, finché ha potuto, ha imposto l’esclusione dall’insegnamento di ebrei e preti spretati e ha esercitato un massiccio controllo sulle coscienze.


In Italia ci possono essere e ci sono, anche fuori dai partiti organizzati, gruppi e singoli individui che si riconoscono nella destra radicale, che si trastullano con i cimeli del Ventennio, che venerano la memoria del Duce, che si struggono per la Patria perduta, che, anche per reazione ad una storia grossolanamente mistificata, idealizzano il regime; ma solo un mentecatto in quell’area potrebbe prendersela con gli ebrei. Semmai, ma non solo negli ambienti di destra, si può avvertire il fastidio per la speculazione che si è fatta e si continua a fare sulla Shoah, per le lacrime di coccodrillo, per la troppo facile condanna ora che non costa nulla, per la sospetta insistenza sulla necessità di mantenere viva la memoria o per un monito che è sacrosanto quando è giustificato ma suona come una campana rotta quando non lo è o è rivolto verso la parte sbagliata.

Dalla presidente della comunità ebraica nemmeno un accenno alla presenza in Italia, caldeggiata dal Papa e dalla sinistra, di centinaia di migliaia di musulmani che vorrebbero l’annientamento di Israele, cioè dello Stato ebraico, della costruzione politica che ha dato rifugio al popolo scampato ai ricatti dell’Occidente, alla furia nazista e comunista, all’ostilità tedesca, ceca, polacca, russa.


Perché? Non mi resta che azzardare una risposta. La sinistra si è accorta al’improvviso che il suo popolo è cresciuto, è maturato, ha preso coscienza di sé e l’ha abbandonata, che il tempo del raggiro delle masse è finito, che il gioco di togliersi la giacca per arringare gli operai aizzandoli contro il padrone col quale rimessasi la giacca e fatto il nodo alla cravatta andare a cena non funziona più. Ora che è diventato chiaro che il Pd (il Pci riciclato) è il partito della borghesia parassitaria ci vogliono nuovi nemici, nuovi slogan, nuovi veleni con cui intossicare l’opinione pubblica.

E con un grottesco rovesciamento della realtà la sinistra, che è nata dall’odio ed è anche teoreticamente fondata sul conflitto, continua tranquillamente a demonizzare gli avversari e a raffigurarli a testa in giù ma pretende di presentarsi come il partito dell’amore, della ragionevolezza, della tolleranza. Per rendersi più credibile in questa versione di lupo travestito da agnello, fiutato il vento i compagni hanno pensato bene di cambiare target, rimpinguare gli sparuti militanti, la mangiatoia del terzo settore e gli immancabili “intellettuali”, con una bella infornata di ragazzini e hanno ordinato ai media amici – praticamente tutti – di cominciare a diffondere la voce che è  nato e sta crescendo  un movimento spontaneo – le sardine – espressione diretta di una società civile che non ne può più di Salvini, del suo faccione, della sua voce, della sua pancia satolla.  


I più grandi odiatori della storia del mondo, scrisse Nietzsche, sono sempre stati i preti; oggi sono gli eredi dei comunisti. Ma con una differenza essenziale: i preti sono stati pure gli odiatori più geniali mentre compagni sono gli odiatori più stupidi.

Che la gente vera non ne possa più di Zingaretti, di Franceschini, delle capriole di Gualtieri, dei Giuseppi e di tutte le lingue biforcute che sostengono questa maggioranza se non se ne sono accorti prima o poi i compagni dovranno scoprirlo dal responso delle urne. Intanto gli italiani prendono atto che la loro Patria sciolta nell’acido dell’Europa non esiste più ma non esiste nemmeno l’Europa – ridotta a qualche centinaio di scrocconi da noi lautamente mantenuti – tant’è che come un secolo fa per dirimere un problema interno al continente si incontrano Russia, Francia e Germania, le potenze europee si sarebbe detto una volta; una volta, quando fra quelle potenze c’era anche l’Italia. Ma ora c’è l’Europa ripetono i compagni, anche se dell’Unione europea a Parigi non c’era traccia. 


Senaldi e Cuperlo

Ma a noi ci toccano non soltanto i preti e non soltanto i compagni che spargono odio. Ci tocca tutta una classe politica antinazionale e antipopolare priva di idee e di ideali che si regge solo sul sostegno mediatico, vale a dire sulle menzogne. Come la gigantesca bufala delle minacce all’anziana signora di cui nessuno fino a qualche settimana fa sospettava l’esistenza. Come la gigantesca bufala di un movimento di popolo, di una mobilitazione spontanea per o contro non si sa bene cosa, che è solo la squallida chiamata alle armi dei compagni ridicolmente travestiti da sardine in un grottesco carnevale fuori stagione. E i soliti mentitori di professione vengono a dire che su quel movimento festoso tutti vorrebbero mettere il cappello, alludendo alla Lega che per non cadere nella trappola ha fatto la sua professione di fede verso qualunque manifestazione di piazza. Non per mettere il cappello su quel nulla ma per stanare i compagni e le loro mistificazioni, per farli uscire allo scoperto, come bene hanno fatto i ragazzi di Casapound.

p.s. A sinistra non c’è solo odio ma fame di censura come rivela Cuperlo, che, pallido di rabbia, abbandona lo studio televisivo quando Senaldi incidentalmente ricorda che per la Jotti Togliatti piantò in asso moglie e figlio disabile. Non si può dire.

   Pier Franco Lisorini  docente di filosofia in pensione   

 

 

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