I racconti

Parole che non leggerai
Un  racconto di Cristina Ricci
in 5 parti cap 4/5

Parole che non leggerai
Un  racconto di Cristina Ricci*
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Il filo, quel magico filo che ci teneva legati. Quel filo di cui mi sono nutrita, quel filo che sembrava la forza del destino. Quel filo che legava due anime come noi, due incontrati per caso.
Ma il filo era lì.
Bastava pensarti, pensarti in un quel modo strano, intenso.
Bastava che la voglia di parlarti crescesse in me fino a provocare un dolore fisico; un malessere che attanagliava la pancia.

Bastava questo e tu comparivi, in qualche strana maniera nella mia vita.

Bastava la tua curiosità per i miei successi.

Bastava questo e io comparivo, in qualche strana maniera nella tua vita.

Sei comparso e ti sei dissolto in mille modi diversi nella mia vita.

Giorno dopo giorno, mese dopo mese, sempre la stessa storia, sempre una storia diversa.

Sono comparsa e mi sono dissolta in mille modi diversi nella tua vita.

Una notte ti ho sognato, o meglio ho sognato di te. Mi ritrovavo a correre, correre su un prato. Un prato verde, pieno di fiori. Un prato che può esistere solo nei sogni. Correvo e correvo. Un cucciolo mi inseguiva, ma io non giocavo con lui. Io correvo e guardavo in alto. Correvo e tendevo la mano al cielo. Correvo cercando di afferrare, catturare qualcosa. Non una farfalla. Correvo cercando di non perdere di vista il filo, la cordicella di quell’aquilone che danzava nel cielo azzurro.

Era un aquilone come quello disegnato sui libri dei bimbi, con le code infiocchettate da nastri multicolori. Un aquilone che danzava nel cielo, un aquilone fuggito e io lo rincorrevo. Volevo acchiappare quel capo, lo volevo a tutti i costi. L’aquilone, niente era più importante. Nessun gioco valeva tanto. Solo con l’aquilone potevo alzarmi in volo, scoprire il mondo da una diversa prospettiva, solo con l’aquilone: solo con te.

E non puoi sapere quanto mi sono disperata, quanto ho pianto, quanto ho urlato perché tu ti sei lasciato andare, perché non hai combattuto, perché hai lasciato andare l’altro capo del filo.

Mi sono disperata perché non hai creduto di potercela fare.

Ho urlato perché non l’hai trattenuto.

Ho pianto perché ti sei spaventato quando il filo ti feriva il palmo e vedendo il sangue hai mollato.

Il racconto si concluderà la prossima settimana

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