I politicanti, il capitalismo esistenziale e il frac
I politicanti passano da una poltrona all’altra senza combinare nulla. Si occupano di strategie elettorali mentre il mondo va a rotoli. A parte le curve, ormai sono disprezzati ovunque. Lo dimostra l’astensione di massa o la scelta di outsider anti establishment. I cosiddetti populisti in Italia sono spariti quando si sono accodati al sistema, mentre oltralpe vincono ancora. Un disprezzo popolare che nasce da un tradimento, la politica non serve più i cittadini ma è in balia del pensiero unico neoliberista e così al di là delle chiacchiere è tutta uguale. Comandano élite, lobby e mercati.
Comanda il profitto economico ma anche quello personale di natura egoistica. Ma ecco il punto di fondo. Rimasto privo di alternative, il capitalismo si è espanso mangiandosi tutto. La società, la politica, i valori, le idee, l’ambiente e anche la vita delle persone. I risultati sono sotto gli occhi di tutti. Gran parte dei cittadini sono ridotti a lavoratori sottopagati oppressi da bollette, mutui e fardelli vari, incastrati in una vita stressante e deludente spronati di continuo a consumare roba inutile mentre la plastica ormai se la respirano. Una truffa epocale. Ci lavano il cervello fin da piccoli sul competere per accumulare spingendoci verso un capitalismo ormai esistenziale. Tutti a sgomitare per guadagnare e consumare sempre di più per poi ritrovarsi in coda dallo spacciatore o dal medico o imprigionati di qualche delirio egoistico. Un lunapark materialistico che ha come unico vero risultato l’autodistruzione personale e planetaria. In questo sta il fallimento del capitalismo.
Nel non riuscire a donare all’essere umano vero benessere e nell’esporlo al rischio di estinzione. Gli esseri umani non sono del resto aziende, hanno sì una pancia da riempire ma anche una testa da impegnare in modo sano e soprattutto un’anima da coltivare. Siamo più profondi e complessi di quello che ci considera il mercato che aizza giusto il nostro bulimico ego ma non è in grado di soddisfarci nella nostra interezza. Ma che fare. Il capitalismo a livello economico funziona perché genera innovazione e quindi sviluppo e ci ha permesso livelli di progresso materiale senza precedenti. Sradicarlo oggi è poi impensabile. Il punto è trovare un nuovo equilibrio rimettendo il capitalismo al suo posto in modo da impedirgli di rovinarci l’esistenza. Un compito che solo la politica può svolgere riscoprendo il suo primato. È questa la vera battaglia per la sovranità, una politica che ripudi lobby e mercati e torni al servizio della volontà popolare. Una questione di democrazia ma anche di sopravvivenza perché il capitalismo non ha cuore ma nemmeno visione e ci sta trascinando in un vicolo cieco. È urgente un modello più intelligente che impedisca ad esempio al capitalismo di mangiarsi l’istruzione, la sanità e i beni pubblici ma anche di devastare l’ambiente e la vita delle persone in nome del profitto ad ogni costo. La politica deve poi imporre un livello accettabile di giustizia sociale. È folle che poche persone abbiamo più risorse di interi paesi. Se siamo a questo punto è perché il capitalismo non ha cuore ma nemmeno cervello. Ed è la politica che deve darglieli. La politica deve svincolarsi dal casinò finanziario globale e strappare margini di manovra in modo da compensare i fallimenti del mercato nel distribuire equamente le risorse e permettere ai cittadini di avere tempo ed energie anche per godersi la vita. La politica deve togliersi il frac e promuovere una rivoluzione anche culturale. Smentendo i deliri capitalistici alla fonte e svergognando la deriva consumistica alla radice nelle industrie come nei supermercati ma anche nelle scuole e in famiglia. Altro che frac e spingere i consumi in nome della crescita economica illimitata, la politica deve avere la qualità della vita delle persone come stella polare. Profitto e benessere non sono affatto sinonimi, anzi. Altro che frac ed indici, l’economia deve tornare al servizio della democrazia e non viceversa. E deve tornare al servizio del cittadino e non viceversa. La società civile sta sperimentando da tempo alternative per esprimere le sue nuove consapevolezze. Serve una politica che le porti nei palazzi in modo da rimettere il capitalismo al suo posto prima che sia troppo tardi.