I media al lavoro: isolare e screditare il M5S poi…

I media nostrani al lavoro:
isolare e screditare il movimento Cinque stelle
(poi toccherà alla Lega)

 I media nostrani al lavoro:
isolare e screditare il movimento Cinque stelle
(poi toccherà alla Lega)
 Io non so se Belpietro sia in buona fede o faccia anche lui parte di quel mondo torbido che sono i media italiani, televisione e carta stampata, programmaticamente impegnato a distorcere i fatti e a ingannare lettori – fortunatamente pochi – e telespettatori. È certo però che, se è in buona fede, il suo QI non deve essere astrale. Il suo giornale avrebbe dovuto essere per la destra l’alternativa all’inaffidabilità umorale di Libero e al servilismo del quotidiano di famiglia ma alla prova dei fatti la sua linea politica non si discosta dall’ambiguità dei confratelli quando addirittura non la supera. La cartina di tornasole è il giudizio su Matteo Renzi e la sua presunta volontà di andare al voto anticipato. Dopo aver preso per buone le dichiarazioni del venditore di pentole quando proclamava “al voto subito!”! e dopo aver a lungo fantasticato intorno ai suoi piani per far fuori Gentiloni, che è solo un ectoplasma – e Renzi che l’ha messo dov’è lo sa benissimo -, il direttore-fondatore-azionista non si è accorto, o ha finto di non accorgersi, che l’uomo di Rignano si preparava con dichiarazioni di segno opposto ad eseguire una lenta e furbesca virata, e ora vede nella bocciatura di una legge elettorale che sembrava andata in porto una sua sconfitta, mentre in realtà di quella bocciatura è stato proprio lui il regista.


Renzi e il Pd non hanno mai avuto alcuna intenzione di andare al voto anticipato, che per loro avrebbe significato andare volontariamente al macello. Renzi e il Pd hanno bisogno di portare il Paese allo stremo, di incoraggiare l’astensione col disgusto della politica che essi stessi stanno provocando, di isolare la Lega, distruggere la credibilità dei Cinque stelle, enfatizzare i veri o presunti accordi col Cavaliere al duplice scopo di screditare lui e accreditare se stessi. Per questo hanno bisogno di tempo e hanno bisogno di far credere che non sono loro ma gli altri a non volere il ricorso alle urne. I compagni, dai vertici alla base, non saranno colti, non saranno intelligenti, non saranno onesti ma sono indubbiamente astuti: si sono spinti molto in là col miraggio della legge elettorale e dello scioglimento delle camere fino a far tremare Alfano e i quattro gatti che gli fanno compagnia, hanno fatto credere ad un accordo storico fra le quattro forze che rappresentano la quasi totalità dell’elettorato, poi, nel momento cruciale, esce dall’avello il presidente emerito che condanna il voto anticipato. Subito dopo, un episodio in sé trascurabile, il voto in aula su un emendamento presentato non dai grillini ma da un’esponente di FI; un emendamento sacrosanto nel merito e chissà perché nemmeno presentato in commissione e chissà perché privo del placet di Brunetta, che viene approvato nonostante il parere contrario dei capigruppo.


Che molti deputati grillini, lettone il contenuto, lo abbiano votato, non mi pare uno scandalo. Semmai è sospetto che approfittando del voto segreto lo abbia votato qualcuno del Pd ed è ancor più sospetto che una quarantina di compagni non abbiano partecipato al voto. Sta il fatto che, approfittando di un dettaglio che non scalfiva minimamente l’impianto della legge e che aveva solo un interesse locale compromettendo il pateracchio fra Pd e Südtiroler Volkspartei, col pretesto che veniva bocciato un punto – marginale e nascosto – dell’accordo, una volta che la legge è tornata in commissione, il Pd, come se si trattasse di un gioco fra bambini, ha rovesciato il tavolo, ha accusato Grillo di avere violato il patto e se ne è uscito con un isterico non gioco più, la legge elettorale non si fa e scordatevi il voto. Il bello, anzi il brutto, è che i telegiornali, con in testa quelli berlusconiani e la stessa Verità, hanno fatto passare la cosa come un trabocchetto dei Cinque stelle, che piuttosto sono stati presi all’amo come ghiozzi, e contestualmente invece di far sentire la voce di quelli che nel movimento si sanno esprimere meglio e hanno le idee più chiare si sono messi a intervistare qualche povero diavolo che farfugliava senza farsi capire semplicemente perché non aveva capito nemmeno lui quello che era successo. Chi mi conosce sa che io sono molto critico nei confronti del movimento, per come usono state scelte le persone, per la scarsa incisività sul tema centrale, anzi vitale, dell’invasione, per l’angustia della polemica sulla casta, che andrebbe inserita all’interno di una visione più comprensiva; ma in questo caso mi pare evidente che è stato vittima di un attacco concentrico vile e condotto con spudorate menzogne. I Cinque stelle, pur di portare a casa la legge elettorale e andare con quella al voto, avevano rinunciato ad emendamenti che ritenevano essenziali: il voto disgiunto e le preferenze (che, mi si consenta, sono una iattura, ma questo è un altro discorso). La legge invece cade col pretesto di un emendamento presentato non da loro ma da una rappresentante del centrodestra: e di chi è la colpa? Secondo i giornali di regime, ma tutti si sono rivelati di regime, la colpa è di Grillo. Una comica.


Per concludere e sintetizzare: i compagni, convinti che i Cinque stelle non si sarebbero mai accordati con gli esponenti della vecchia politica, avevano pensato bene di vincere la partita con un bluff: Mattarella ci chiede una legge elettorale, noi, seri, ragionevoli e democratici come siamo, ci sediamo al tavolo, proponiamo, ascoltiamo, accettiamo la proposta di Berlusconi, la legge è fatta, si può andare a votare. I grillini però non vogliono trattare e tutto è rinviato sine die. Ma anche al tavolo da gioco capita che qualcosa vada storto e si debbano scoprire le carte: i grillini, invece di alzarsi sono rimasti seduti e hanno accettato. Allarme rosso, panico nel Pd, finisce che qui si vota davvero, una rovina (per loro). E allora ecco l’emendamento tridentino.

Con un non lodevole sprezzo del ridicolo tutti i media in coro: i grillini si sono sfilati, i grillini sono inaffidabili, i grillini non sanno quello che vogliono. E già che ci sono, i giornaloni di regime e gli sherpa del partito tirano in ballo lo ius soli, accusando il movimento di un comportamento contraddittorio perché sull’argomento hanno tenuto un basso profilo, dando per scontato che la linea di Grillo sia quella di sostenere il diritto dei profughi alla cittadinanza italiana (il che è clamorosamente falso). Quindi i grillini vengono con un colpo solo screditati e convinti a sostenere lo ius soli per non perdere ulteriore credibilità.

A questo proposito faccio presente che uno dei motivi per cui il Pd e la sinistra non possono permettersi la fine anticipata della legislatura è proprio la volontà di far passare senza troppo clamore lo ius soli, un provvedimento capace di affossare definitivamente il Paese (le espulsioni ora si fanno col contagocce solo perché manca la volontà politica: domani anche l’esecutivo più determinato, fosse pure a guida leghista, non potrebbe espellere nemmeno un terrorista preso con le bombe in tasca perché cittadino italiano). Lo ius soli, è bene ricordarlo, non era stato bloccato in commissione per la sprovvedutezza dei rappresentanti del movimento Cinque stelle; in aula a Montecitorio il Pd ha avuto buon gioco ma al senato la faccenda è più dura e i tempi si allungano. Se si fosse votato a settembre il provvedimento avrebbe dovuto essere accantonato. Ora chissà.

Una postilla sulla qualità della nostra informazione cartacea e televisiva


Dopo le elezioni nel regno unito i media italiani hanno dato un’altra prova di come non dovrebbe comportarsi l’informazione, soprattutto quando, come nel caso della Rai, è direttamente a carico del contribuente. “La May ha subito una disfatta”, “la brexit è rimessa in discussione” e così via. Nessuno che abbia osservato che sì i laburisti hanno fatto registrare un recupero significativo ma rimangono nettamente staccati dai conservatori, i quali hanno preso due milioni e trecentomilatrentaquattro voti in più rispetto alle elezioni precedenti, il che, come disfatta, non è poi così male. Il voto inglese si è decisamente polarizzato e a farne le spese sono stati i partiti minori, che raggiungono al massimo il mezzo milione di consensi. Gli opinionisti si sono sbizzarriti nell’analisi, spesso campata in aria, del voto disgiunto, sulla partecipazione e le scelte delle nuove generazioni e dei ceti più istruiti ma non una parola sulla massiccia partecipazione al voto dei musulmani, che, tanto per gradire, sono in Gran Bretagna tre milioni e mezzo, praticanti e non ma sempre con un forte senso di appartenenza, e chissà mai per chi hanno votato. Insomma, su quello che avrebbe dovuto essere il dato più interessante e significativo, silenzio tombale. E silenzio anche su una domanda inquietante: a chi ha giovato, cui profuit, la serie di attentati che ha preceduto il voto? Una domanda alla quale non è difficile rispondere se preceduta dalla constatazione che il mondo islamico trapiantato nell’isola dava molta importanza alla consultazione. E verso quale dei due grandi partiti inglesi sia spostato quel mondo non è un mistero.

Insomma, la Gran Bretagna ha retto brillantemente all’offensiva islamica, alla mobilitazione dell’establishment mondiale, alle pressioni scoperte di Bruxelles. E se c’è qualcosa che dovrebbe far riflettere i pennivendoli nostrani è il fatto che il proletariato inglese, gli operai del regno unito, la gente estranea agli affari della metropoli, alla grande finanza e all’accademia che strizza l’occhio al multiculturalisnmo e alla società multietnica votano compattamente per i conservatori, gli eredi dei tory (ma anche dei whig, che non sono certo confluiti nel Labour party), che erano l’espressione dell’aristocrazia, dei grandi proprietari terrieri e degli industriali. Bel bilancio per la sinistra.

E se dobbiamo imparare qualcosa dalle elezioni in Gran Bretagna, è l’allarme per il peso crescente dell’elettorato formato da cittadini di origine magrebina e africana, che, in attesa di organizzarsi autonomamente, fa pendere la bilancia verso i partiti corrivi nei confronti dell’islam e dell’immigrazione incontrollata. Quindi, anche per questo, altro che ius soli, tutti a casa (la loro)!

Notarella finale


I francesi hanno disertato le urne e il partito artificiale di Macron ha avuto buon gioco: col 15% dell’elettorato ha fatto cappotto. In Francia la sinistra non esiste più, e ce ne faremo una ragione, la destra priva di un vero partito e di un leader autentico annaspa. Su questi dati varrebbe la pena di riflettere, fermo restando il fatto che per noi, qualunque sia il colore di chi la governa, la Francia, europeista o no, rimane il nostro principale competitor (mi sono astenuto dallo scrivere nemico). Qual è la notizia per la nostra inqualificabile informazione?: la valanga Macron, il plebiscito per il nuovo aspirante napoleone (così speriamo che Sarkozy sparisca), l’ondata di En marche. Sicuramente in casa Pd si festeggia: se anche da noi si riesce a stomacare gli elettori e a tenerli lontani dalle urne, noi, magari nascondendoci come abbiamo fatto alle ultime amministrative (ma non è servito a molto), possiamo illuderci di avere ancora qualche chance. Quindi la parola d’ordine sarà: state a casa, il voto a Grillo è sprecato, per la Lega si può scegliere: o fascisti o foglia di fico per coprire le pudenda di Berlusconi, che per l’occasione diventa anche mafioso e stragista (parola del Fatto). Ora il Pd ha due obiettivi: allontanare le elezioni fino al limite del colpo di Stato e far salire l’astensione all’80%. Sempre potendo contare sulla copertura di stampa e televisione con la menzogna facile (l’ultima sul primo turno delle nostre amministrative: disfatta dei Cinque stelle e ritorno al duopolio centrodestra-centrosinistra; i compagni e i loro complici hanno problemi con l’aritmetica: numericamente e politicamente gli sconfitti sono il Pd e il suo segretario).

 Pier Franco Lisorini

 Pier Franco Lisorini è un docente di filosofia in pensione

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