I DIRITTI E I DOVERI IN FRAZIONE ARITMETICA

Negli anni 50 e primi anni 60 attraverso un’oculata amministrazione, i Governi del primo dopoguerra, diretti da ottimi uomini politici per lo più settentrionali, iniziarono a programmare la realizzazione di infrastrutture a supporto delle industrie che stavano nascendo spontaneamente e rapidamente nell’Italia settentrionale.

De Gasperi e Romita

Potremmo citare tanti nomi, due su tutti il democristiano trentino Alcide Degasperi e il socialista piemontese Giuseppe Romita, uomini che avevano iniziato a dare corso a ingenti investimenti pubblici per la realizzazione di infrastrutture propedeutiche allo sviluppo industriale del Paese, per quello che verrà poi definito un vero miracolo economico.

Attraverso fior di piccoli e grandi imprenditori e la tenacia e formidabile capacità degli italiani del centro nord, con l’attivo apporto di manodopera proveniente dalle regioni del Sud, l’Italia da paese agricolo diventava paese industriale e la solidità della allora nostra cara Lira veniva premiata nel 1959 da una Giuria Internazionale, formata da esperti economisti inglesi e americani, che le attribuiva l’Oscar della moneta più solida del mondo Occidentale.

Una volta raggiunto il traguardo di Paese industriale ricco al pari degli altri Paesi del Nord Europa, a partire dagli anni ‘70 iniziava la redistribuzione dei risultati economici ottenuti con tanta fatica, con l’obbiettivo di eguagliare gli altri Paesi nord europei anche nel settore del welfare.

Obbiettivo certamente giusto ma con una sola differenza rispetto ai paesi nord europei, dove la redistribuzione attraverso il welfare fu attuata proporzionalmente all’aumento del prodotto nazionale; da noi non funzionò in egual modo per cui, ben presto, esaurite le ricchezze prodotte con tanta fatica negli anni precedenti, per continuare ad elargire welfare, spesso anche solo per motivi clientelari, in special modo al Sud, siamo arrivati alla fine del 2023 ad avere un debito pubblico pari al 137,3% del Prodotto Nazionale Lordo.

Sono decenni ormai che il debito pubblico non viene fatto per creare infrastrutture o investimenti atti a migliorare il Prodotto Nazionale Lordo, cioè per aumentare sufficientemente il denominatore della frazione evidenziata sopra; al contrario, spendendo prevalentemente nel welfare, spesso anche con enormi sprechi, si continua ad aumentare il valore del numeratore, dimenticandoci che se non si investe anche e bene nel denominatore, il rapporto DEBITO/ PIL continua ad aumentare irreversibilmente e, a parte le sanzioni che arriverebbero dai burocrati della Commissione Europea, si arriverebbe, come successo alla Grecia, ben presto al default, che in italiano vuol dire fallimento, con i titoli pubblici destinati a finanziare l’attuale welfare che diventerebbero invendibili.

L’indebitamento è risultato pari a 5,1% del Pil, ben migliore della previsione iniziale (8,1%). Molti Paesi dell’Uem hanno fatto registrare nel 2021 valori superiori alla soglia del 3%, ma la procedura per deficit eccessivi è temporaneamente sospesa. L’Italia ha avuto il secondo più alto indebitamento nel 2021 (7,2% rispetto al previsto 11,7%). Anche nel 2022, sebbene in riduzione, l’indebitamento netto continuerà ad essere consistente.

In breve, considerato che al numeratore vi sono i DIRITTI, mentre al denominatore vi sono i DOVERI, affinché vi sia un giusto equilibrio, l’incremento di uno presuppone l’incremento in almeno pari misura dell’altro: in caso contrario si va a sbattere contro il muro.

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La politica decide su quale termine agire e in che quantità e troppo spesso lo ha fatto per puro clientelismo elettorale, specialmente in quelle zone del Paese dove è facile ottenere il voto in cambio di mancette, in modo irresponsabile ed eticamente discutibile.

I partiti della spesa, che sono sempre gli stessi, basano il loro consenso nel raccontare “favole” e, purtroppo, a fronte di pochi elettori che ragionano, la stragrande maggioranza non lo sa o non lo vuole fare, per cui è facile ottenere il consenso dalle persone sprovvedute, superficiali e poco riflessive, che non vedono molto distante al di là del proprio naso o del proprio abietto interesse – la mia esperienza di 5 anni in Consiglio Comunale a Savona me lo ha confermato anche a livello locale!

L’ “uno vale uno”, concetto fasullo ma di moda in questi ultimi anni, ha portato il nostro Paese non solo al limite del baratro, ma attraverso il bonus 110% lo terrà al limite del baratro per almeno altri 10 anni. ( Conte dei Conti)

I 5 Stelle, con la complicità delle sinistre, attraverso il reddito di cittadinanza il bonus 110%, i banchi a rotelle, i bonus monopattini e i milioni di vaccini, che hanno fatto fare affari miliardari alle multinazionali del farmaco, cacciati nelle discariche perché scaduti e attraverso altri centinaia di ulteriori rivoli di mancette elettorali, hanno aggiunto al numeratore miliardi e miliardi di euro.

Per migliorare decentemente il sistema sanitario sul quale, a partire dalla Ministra PD Bindi, dal 1996 tutti i Governi hanno effettuato tagli lineari su input dei burocrati di Bruxelles, occorrerebbe un incremento di spesa pari almeno a 1 miliardo all’anno, ma non ci sono soldi a sufficienza per farlo, perché per il solo per lo scellerato bonus 110, ogni anno e per 10 anni, avremo 17 milardi all’anno in meno di tasse, dovuti agli sconti fiscali per la ristrutturazione dei castelli e delle ville dei ricchi, oltre alle truffe perpetrate a causa di una legge scritta da incapaci: da tutto ciò si può comprendere l’entità dei danni creati in 4 anni dal Governo delle incompetenze degli “uno vale uno”.

Nel nostro bel Paese si è assistito, ormai da anni, all’uso eccessivamente disinvolto del welfare da parte dei governi cattocomunisti per ottenere consenso elettorale, ma il come finanziare questo welfare è sempre stata una materia da lasciare ad altri in futuro: spesso a governi guidati da tecnici, come l’ultimo di Mario Draghi.

Ad ogni programma televisivo, ad ogni intervista, si sente solo parlare di diritti mentre dei doveri, che sono la linfa per le spese che garantiscono i diritti, nessuno parla e spesso accade pure che le numerose manifestazioni nelle piazze con le bandiere rosse (oggi anche palestinesi) al canto di Bella Ciao, nel nome dei diritti, terminino con danneggiamenti ai beni pubblici e privati e sputi ai poliziotti schierati in difesa della legalità e dei beni comuni.

Questo Governo, che possiede una sovranità limitata per via dell’enorme debito pubblico ereditato, sta cercando di porre rimedio, nel limite del possibile, aiutando le imprese meritevoli e tutte quelle attività produttive, che incrementano il “denominatore” della frazione illustrata, e i risultati già si vedono con oltre 550.000 occupati in più rispetto agli anni scorsi, per lo più assunzioni a tempo indeterminato, altro che reddito di cittadinanza indistintamente a tutti; anche l’inflazione italiana è inferiore alla media europea, come la Banca d’Italia ha affermato proprio recentemente.

Le attestazioni delle Agenzie di rating internazionale, da Moody’s a Standard & Poor ed ultimamente anche la più severa Fitch, hanno espresso note favorevoli a un Governo che sta facendo qualcosa di nuovo, intanto perché non perde alcun finanziamento europeo, al contrario dei Governi precedenti, che molto spesso li restituivano a Bruxelles non essendo capaci a spenderli per pura incompetenza.

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Il Governo attuale non perde niente ed è sempre il primo in Europa a finalizzare le procedure per ricevere i fondi da spendere in opere serie e finanziabili e il Ministro Giorgetti, che io fra l’altro ho avuto l’occasione di conoscere personalmente, con tanta fatica riesce a tenere bada al bilancio.

I gufi delle sinistre, che con la loro presunzione di superiorità morale, dopo tante gufate a vuoto si rodono il fegato nel dover assistere alle imprese positive del Governo Meloni, sono capaci solo di parlare di fascismo quando il fascismo non esiste più da 80 anni, per non parlare dei quotidiani come La Repubblica e la Stampa che fanno loro da sponda, mentre continuano a perdere lettori.

L’unico vero problema di questo Governo, che è realmente un osso duro è la burocrazia che la sinistra ha creato nel tempo, che assieme alla Giustizia, al contrario di ciò che avviene nei Paesi del nord Europa, fanno perdere al Paese a detta di tutti gli analisti, ogni anno almeno un 2% di PIL (denominatore), ben 42 miliardi di Euro all’anno!

L’alleanza fra catto-comunisti, grillini e la solita burocrazia, unita a una certa corrente della Magistratura ( vedi caso Toti…), sono l’unico grande problema di un Governo che finalmente sta cercando, fra mille ostacoli, di cambiare la rotta fallimentare propugnata per anni dallo strisciante cosiddetto “campo largo”, rotta che porterebbe il Paese direttamente al “campo santo” economico.

Silvio Rossi libero pensatore

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