I baroni, la cattiva politica e la luce
Quello che sconvolge della politica italiana non sono i fallimenti, ma che i politici responsabili non ne rispondono mai. L’Italia è impantanata da decenni, eppure i politicanti hanno carriere che durano una vita. Qualcosa di profondo non funziona. In politica come ovunque. I poveri cristi vengono messi alla porta anche quando fanno bene, i potenti rimangono sulle loro poltrone anche quando fanno male. Si tratta di uno dei privilegi più odiosi e deleteri per la collettività, perché senza meritocrazia e ricambio deteriora la qualità della classe dirigente e quindi della gestione. Il problema dell’Italia non è la carenza di talenti e di persone di valore, anzi. Nella giungla ci si fortifica e gli italiani sono in media persone brillanti, il problema è che chi vale raramente raggiunge posizioni di potere mentre i mediocri hanno carriere fulminanti ed eterne. Se in Italia non emergono i migliori è perché invece di qualità utili al bene comune, vengono premiati difetti utili ai potenti di turno e l’opportunismo fa il resto. Funziona così. A regnare sono baroni e baronetti che per spiccare e rimanere in sella si circondano di mediocri cortigiani. Questo perché le persone di valore fanno ombra ai potenti e ne svergognano i limiti. Alla bravura e allo spessore, viene preferita la cieca fedeltà, il conformismo, l’affidabilità, il timore reverenziale, l’ordinarietà e perfino la meschinità.
Emergono le persone che alla fine abbassano la testa perché hanno paura o perché mettono prima i propri miseri interessi rispetto a questioni di principio e così facendo garantiscono continuità e stabilità al sistema. Emerge chi è funzionale ai baroni e al pensiero dominante mentre vengono malvisti creatività, innovazione, originalità e talento perché potenzialmente destabilizzanti. Chi si accoda al sistema e ne incarna i vizi, fa carriera. Chi osa sfidare il sistema o alla lunga viene riassorbito oppure verrà emarginato e contrastato.
Tutti sintomi della pandemia egoistica della nostra era. Per i baroni e i loro cortigiani quello che davvero conta è se stessi, è la propria misera parabola. La carriera, il potere, la visibilità, lo status, l’immagine che hanno di se stessi e tutta la roba materiale che accumulano strada facendo. Vale in tutti gli ambiti ma la politica è uno degli ascensori sociali più deleteri, arrivano ai vertici nazionali personaggi la cui unica vera competenza è idolatrare qualche capo, creare ed oliare contatti, muoversi tra liste e tornare elettorali, spargere slogan e frasi fatte e districarsi tra lobby per strappare appoggi e consensi in vista della prossima poltronata. Poi una volta accomodati non gli resta che consolidare gli artigli nel sistema, sorvegliare la concorrenza per prevenire rovesci e soprattutto salvare la faccia qualunque cosa succeda in modo da potersi riciclare. Se infatti le carriere dei politicanti sono infinite nonostante un disastro dopo l’altro, è perché non devono rispondere dei risultati raggiunti. Il modo più gettonato per riuscirci è la propaganda, litigano perfino sui numeri svendendo fallimenti come successi. E se vengono messi all’angolo, le colpe sono sempre dei loro avversari o di qualche organo collegiale. I politici usano poi i voti per lavare ogni macchia, sarebbe il consenso la dimostrazione del loro valore. Ma il sistema controlla tutto alla fonte, limitando le possibilità di scelta dei cittadini all’interno dei partiti e nell’arena. In alcuni paesi vige addirittura il bipartitismo mentre da noi sono le ammucchiate a permettere ai soliti noti di galleggiare.
Sintomi della pandemia egoistica che colpisce però anche molti cittadini. Vi sono baroni, corti e poi c’è il popolino che urla sotto al balcone. Invece di restare liberi e mantenere uno spirito critico che inchiodi i baroni alla realtà, molti finiscono per innamorarsene. E così vedono solo i pregi dei loro beniamini e solo difetti dei loro nemici e si illudono che sconfiggendoli tutto si sistemi. E via a darsele di santa ragione mentre i baroni si alternano satolli nei palazzi e nulla cambia. In politica come in qualunque ambito, per voltare pagina il popolino deve rimboccarsi le maniche ed afferrare il pallino. Deve ribellarsi invece che stare al gioco, deve unirsi invece che dividersi, deve capire invece che credere, deve fare invece che lamentarsi, deve impegnarsi affinché le sue nuove consapevolezze vedano democraticamente la luce.