“Hanno solo ucciso un extracomunitario”

“HANNO SOLO UCCISO
UN EXTRACOMUNITARIO”

“HANNO SOLO UCCISO UN EXTRACOMUNITARIO”

Ma i parenti e i difensori volontari da tastiera dei fratelli Bianchi si sono dimenticati di aggiungere l’avverbio “barbaramente”. In quattro contro un  italiano ventunenne originario di Capo Verde che era intervenuto nella rissa per difendere un amico e compagno di scuola  aggredito non da un branco di lupi ma da quattro animali appartenenti alla specie Homo sapiens (?), due dei quali,i fratelli Bianchi, particolarmente duri, attaccabrighe e violenti. 

 

Anche in questo caso, chiamarli bestie significherebbe offendere le vere bestie che non uccidono mai per il gusto di uccidere. Come sempre succede di fronte a simili efferatezze disumane ci si chiede: da dove viene tanta violenza cieca, spietata e gratuita? Va bene che la violenza e gli assassini non sono mai mancati nella storia umana a cominciare da Caino e Abele, tuttavia, in questo accanimento cieco e feroce contro Willy – un giovane mite, onesto e generoso ma, agli occhi dei picchiatori italici, portatore sano  di tre gravi virus: l’origine straniera, il coraggio e la pelle scura –  c’è qualcosa che sfugge alla nostra comprensione. A meno di non pensare che proprio la mitezza, l’onestà, la generosità, il coraggio e la diversità anche somatica di Willy rispetto alla brutalità, alla prepotenza, alla viltà, alla meschinità dei due fratelli picchiatori  palestrati  senz’arte né parte abbiano scatenato la loro furia omicida. E qui sorge un atroce dubbio: avrebbero infierito allo stesso modo se Willy, non fosse rimasto pur sempre ai loro occhi uno straniero e per di più africano? 

Certo è che i curricula dei fratelli Bianchi, esperti in arti marziali estreme, non sono per niente rassicuranti: malgrado risultassero nullatenenti avevano un train de vie dispendioso e pacchiano degno di piccoli boss di periferia e, al loro attivo, spaccio e consumo di droga oltre a una carriera di picchiatori di tutto rispetto con annessi culto e cura del corpo inteso come arma offensiva e difensiva antitetica al culto e alla cura di quel logos che, secondo Aristotele e gli Stoici, distingue, giustappunto, gli esseri umani dalle bestie. Ora posso anche sbagliarmi, sia chiaro, ma non riesco a immaginarmi i fratelli Bianchi e i loro amici intenti a soccorrere gli immigrati che sbarcano a Lampedusa o a svolgere attività di volontariato in parrocchia o a militare in quel che resta del Partito democratico  o in formazioni politiche minori come Sinistra Italiana o Leu; mentre posso immaginarli senza alcuna difficoltà simpatizzanti di Matteo Salvini e Giorgia Meloni; il quale e la quale capisco che non vogliano aver nulla a che vedere e a che fare con simpatizzanti di tal fatta, tant’è che, scanso equivoci hanno tenuto a prendere le distanze e a condannare senza appello i quattro “animali” che hanno ucciso quel povero ragazzo; Salvini: sulla sua pagina Fb scrive: “Willy era un ragazzo d’oro e benvoluto da tutti, gran lavoratore, sognava di indossare la maglia della sua amata Roma. E’ morto per un gesto di altruismo. 


Picchiato con ferocia da esseri disumani, ucciso per aver difeso un amico. Una preghiera per lui e un abbraccio commosso alla sua famiglia e ai suoi amici. Tutta la comunità di Colleferro e l’Italia intera chiedono una pena esemplare per i maledetti assassini”.  Più polemica Giorgia Meloni che ha dichiarato a Porta a Porta: “I quattro animali cocainomani che hanno ucciso quel ragazzo non c’entrano niente con la cultura di destra, sono figli di quelli che hanno partorito Gomorra, sono figli di quelli dei salotti buoni che con quei modelli hanno fatto i milioni, di chi non ha combattuto lo spaccio di droga e di quelli che ci hanno spiegato che la droga non era un problema. Sono modelli che nulla hanno a che fare con noi”. Sarà, ma tanto Salvini che per l’occasione veste i panni del buon democristiano (se non fosse per quel “maledetti assassini” il post potrebbe essere sottoscritto da Forlani o da Andreotti ) quanto la Melani hanno soffiato e stanno soffiando sul fuoco del disagio e anche delle paure diffuse negli strati meno acculturati della società riguardo a quella che loro chiamano “invasione” che viene dal mare e ora anche dalla cosiddetta “rotta balcanica”, e si può ben capire perché: sul tema della sicurezza, dell’”invasione” e di “prima gli italiani” hanno costruito la loro fortuna elettorale e il loro ampio consenso popolare. Peccato che al di là di lisciare il pelo e parlare alla pancia dell’italica plebe non abbiano ottenuto risultati significativi né in fatto di sicurezza, né riguardo al grave problema dell’immigrazione clandestina, né in politica estera, né sul piano educativo hanno fatto progredire l’italiano medio nel senso della comprensione delle diversità culturali, etniche, sessuali  e religiose. Anzi, la “cultura della destra” cara a Giorgia Meloni è regressiva non progressista (si pensi solo alle campagne contro l’omosessualità maschile e femminile e contro la fecondazione artificiale!), guarda al passato, non al futuro, è statica non dinamica.


Non parliamo poi del loro Kulturkampf reazionario contro il mondialismo e l’universalismo dei Diritti Umani e del loro culto per la Nazione (cioè per la tribù di appartenenza), non solo anacronistico ma pericoloso (anche perché, in caso di guerra, saremmo di nuovo perdenti, ma questa volta insieme a tutti gli altri). Dunque attenzione a certi slogan come “prima gli italiani” o gli immigrati che “stiano a casa loro” (a questo slogan che piace tanto all’italica plebe bisognerebbe aggiungere: “sempre che abbiano ancora una casa da qualche parte”). E attenzione alla violenza verbale a cui indulgono anche docenti universitari magari non preclari ma pur sempre in cattedra come tal Marco Gervasoni, Trascrivo dalla rivista online globalist.it: ”24 dicembre 2019. La scorsa estate l ’ex professore di Storia comparate alla Luiss Marco Gervasoni aveva fatto parlare di sé e si era fatto cacciare fuori dall’ateneo) per una sua frase sulla Sea Watch (aveva scritto: 2Ha ragione Giorgia Meloni, la nave va affondata. 

 

Marco Gervasoni

Quindi Sea Watch bum bum, a meno che non si trovi un mezzo meno rumoroso”). Ora Gervasoni, che fa della provocazione fine a se stessa la sua cifra stilistica sentendosi evidentemente molto furbo e politicamente scorretto, ha deciso di scrivere, all’indomani della tragedia che ha sconvolto Roma e la vita  del regista Paolo Genovese e di suo figlio , che ha investito e ucciso due ragazze. Gervasoni, che il tatto non sa nemmeno dove stia di casa, ha scritto su twiter+: “Se il figlio del regista veltroniano verrà arrestato, niente paura, troverà fin da subito in carcere ad assisterlo il buon Scalfarotto”. Ora, un tweet del genere non merita nemmeno considerazione. Fare del sarcasmo non richiesto (o che non fa ridere) su una tragedia che ha distrutto per sempre vite di persone giovanissime sotto Natale è davvero miserevole…”. Sempre lo stesso Gervasoni si è segnalato anche recentemente per aver rivolto sulla sua pagina twitter volgari insulti sessisti alla vicepresidente della regione Emilia Romagna e per giustificarsi ha definito il suo insulto un “esperimento sociale contro i comunisti”. 


Anche riguardo all’assassinio di Willy assistiamo al violento scontro verbale sui social e sui media tra chi ascrive questo orrendo e vile assassinio di gruppo al clima di odio che avvelena da tempo il discorso pubblico nel nostro Paese e chi invece minimizza e banalizza l’accaduto con una incosciente e colpevole alzata di spalle per rimuovere una realtà troppo orribile per poterla guardare fino in fondo negli occhi. Certo è che una volta di più la politica ha mancato al suo compito educativo e alla sua funzione sociale: “Invece di lavorare a una costruzione inclusiva di cittadinanza, valorizzando, riconoscendo e difendendo un percorso di integrazione, si è preferito lasciare campo libero a chi ha lavorato, e molto bene, sulla narrativa, il racconto, la politica della disumanizzazione dell’altro, l’immigrato…Gli immigrati e i loro figli sono segnati dalla stessa sorte: quella percezione rozza ma ben strutturata e definita e definita nella sua semplicità, che sta tutta in quel “In fondo era solo un extracomunitario”, cioè nessuno. Ecco, questo è il valore dell’altro, oggi per una parte del nostro Paese” (Karima  Moual, su La Stampa del 9 settembre 2020). Nella nostra società postmoderna in cui gli unici valori che contano sono quelli monetizzabili e tutto il resto è fumo, anche l’uomo, come aveva ben visto Marx, è diventato una cosa tra le altre, strumento o merce di scambio, pezzo vivente di un ingranaggio che, una volta rotto o consumato, lo si getta via per far posto ad altri pezzi più funzionali all’organismo sociale

FULVIO SGUERSO 

 

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