Gli utili crolleranno perché…

GLI UTILI CROLLERANNO PERCHÉ…
NON LICENZIEREMO NESSUNO!

GLI UTILI CROLLERANNO PERCHÉ…
NON LICENZIEREMO NESSUNO!

 In questo annuncio del colosso svizzero dell’orologeria Swatch è sintetizzato il dramma che affligge il mondo occidentale. Un profit warning non emesso a vanvera: gli utili sono effettivamente calati di oltre il 50% e il fatturato del 12%.

Questa è la legge dei cosiddetti “mercati”: premiare chi licenzia, sia per trasferire la produzione in Paesi dove sindacati e ambiente siano parole sconosciute, sia per rimanere e sostituire gli esseri umani con robot e computer. O anche solo per chiudere interi reparti non più “performanti” e magari cederli a terzi, con stipendi e salari da fame.


E’ notizia di oggi l’esubero di 650 operai della Piaggio: non “tira” più il reparto motori e manutenzione civile. Una scelta che è comunque in linea con l’andazzo generale di cancellare di fatto posti di lavoro da parte delle aziende, mentre a parole –in politica- si dice di volerli moltiplicare. Certo c’è un abisso tra la politica manageriale di Swatch e Piaggio!

C’è da chiedersi, quando questo processo raggiungerà il suo apice, di cosa vivranno sia le schiere di disoccupati, sia le stesse aziende convertite alla robotizzazione e digitalizzazione, rimaste senza clienti cui vendere le loro merci, ossia gli ex-lavoratori e i pensionati che campano sui loro contributi.

Già da tempo nelle industrie c’è crisi da sovrapproduzione, con gli impianti funzionanti al 50-60% della loro capacità, in quanto costruiti quando si sognava la crescita continua e si puntava quindi all’economia di scala. Un’iper-capacità produttiva sorella della stagnazione commerciale e della conseguente deflazione: un mostro di cui nessuno immaginava l’esistenza quando alla BCE si affidava statutariamente il compito di lottare contro l’inflazione per garantire la stabilità dei prezzi. La deflazione era un pericolo impensabile, poiché estraneo al mito della crescita continua.


La nuova sede della Piaggio a Villanova
 
La contraddizione dei “mercati” sta proprio qui, nel pretendere prezzi sempre più bassi attraverso delocalizzazione, meccanizzazione e digitalizzazione, e parallela crescita –questa si- delle persone senza lavoro; mentre d’altro canto si vagheggia una crescita del PIL tale da compensare la crescita del rapporto debito/PIL. Ma si dà il caso che il PIL rappresenti il volume e il prezzo di merci e servizi prodotti e venduti; tuttavia, le vendite presuppongono altrettanti acquisti, che però sempre meno soggetti sono in grado di sostenere, causa una povertà in implacabile crescita.

Anziché tentare di aumentare il PIL, visto che è legato alla quantità di soldi che la gente ha da spendere -e ne ha sempre meno- si punta allora sulla riduzione del debito; che invece continua a crescere, come un cancro, nonostante i vergognosi tagli allo stato sociale. Tagli più che compensati dalla crescita delle rendite di posizione del carrozzone governativo, con tutte le sue propaggini, a cominciare da deputati e boiardi di Stato, compattamente allergici al taglio dei loro lauti emolumenti. Eppure, sono 7 anni che i dipendenti statali non vedono un aumento…

Le aziende che non vogliono arrendersi alla poderosa spinta verso i licenziamenti devono sottrarre ai loro precari utili gli stipendi dei dipendenti, col dilagante risultato di non avere più di che pagare le tasse e le sanzioni che Equitalia non manca di comminare, moltiplicate da interessi usurari (gli strozzini vanno in galera; loro agiscono “legalmente”).

Scrive Roberta Rossi Gaziano, consulente finanziaria di Soldi Expert:

Negli ultimi 7 anni si sono persi nel mondo più di 60 milioni di posti di lavoro. Nell’era di internet non solo per fare lo stesso lavoro di prima occorrono meno persone, ma sempre più lavori, un tempo considerati fortino esclusivo di chi aveva una laurea in tasca, sono svolti ora dai computer.

Oggi non solo ci sono globalmente meno posti di lavoro nel mondo, ma sono in aumento i lavori mal pagati.

Tra il 1969 e il 2009 lo stipendio mediano si è ridotto del 28%. Il salario si sta polarizzando sempre più: chi sta dalla parte giusta del mercato guadagna molto bene, chi sta dalla parte sbagliata del mercato (ovvero è facilmente sostituibile) guadagna molto male.

La massa salariale mondiale secondo il Work Employment and Social Outlook 2015 è diminuita di 1218 miliardi di dollari. Oltre a ridursi, la massa tende a distribuirsi in modo ineguale: più soldi di prima finiscono a meno persone di prima.

In questo bel panorama c’è un coro di critiche benpensanti ai cavalli di battaglia di Donald Trump, come sempre dapprima ignorato, poi ridicolizzato e infine osteggiato a colpi di bazooka mediatico, mentre si enfatizza Hillary Clinton, legata a doppio filo (leggi: finanziamenti) all’esistente establishment. I media sono tutti per lei, per la continuità di un sistema ormai alle corde.

Trump rappresenta invece il drastico distacco dalle perverse regole correnti, optando per una reindustrializzazione, con tanto di dazi per proteggere le aziende dalla concorrenza sleale dei Paesi schiavisti; regole draconiane sull’ingresso e la permanenza in patria di soggetti votati alla sua distruzione; taglio netto alla presenza militare USA in giro per il mondo, matrice di quasi tutte le guerre, in particolare delle ultime devastanti invasioni di Paesi come Iraq, Libia, Siria e la conseguente nascita dell’ISIS; l’istituzione di un salario minimo di $ 10 l’ora, che può essere garantito solo in assenza di spietata concorrenza al ribasso e in un contesto sociale in cui le aziende se lo possano permettere grazie ad un robusto taglio di tasse; opposizione netta ai vari TTP (transpacifico) e TTIP (transatlantico), quest’ultimo in via di negoziazione segreta tra USA e UE, volta a rimuovere gli ultimi ostacoli alla legislazione più protettiva, dal punto di vista ambientale e sanitario, attualmente in vigore in Europa; allentamento della tensione anacronistica verso la Russia di Putin, con cui è auspicabile invece una stretta alleanza nella lotta all’ISIS, passando sopra all’annessione referendaria della Crimea, per il 90% russofona, quasi che il ricorso ai  referendum sia concesso ad alcuni (UK) e negati ad altri (Russia);possibile presa di posizione netta contro la Federal Reserve (come del resto contro la CIA), e cioè la stampa di banconote dello Stato anzichè della Fed privata. (come perorato da sempre dal senatore repubblicano Ron Paul, più volte in corsa per la presidenza, ma mai appoggiato dal GOP, al pari di Trump). Una mossa che costò la vita a JF Kennedy. Forse troppi nemici per vincere…


Donald Trump

Certo, Trump non è solo questo, dato che è a favore delle armi libere, nonostante i ripetuti omicidi “facili”; né è una figura eticamente encomiabile, se si pensa che ha fatto i soldi come palazzinaro e gestore di case da gioco. Ma la scelta del futuro presidente americano è ormai ristretta a questi due personaggi; e Hillary Clinton, oltre agli errori suoi propri quando fu Segretario di Stato, porta anche in eredità quelli del marito; il cui principale demerito fu l’abolizione nel 1999 della legge Steagall-Glass (varata da Roosevelt nel 1933 per arginare i guasti della Borsa “allegra” e la conseguente depressione); abolizione che di fatto lasciò mano libera alle intemperanze finanziarie culminate nella crisi del 2007 e tuttora in corso. Trump si è quasi totalmente finanziato da solo, evitando la futura sudditanza verso sponsor non certo disinteressati, mentre Hillary dovrà render conto del proprio operato a entità di Wall Street, come Goldman Sachs e un pletora di altri “banchieri d’investimento”. Ossia si troverà nella stessa posizione dell’altro suo incensatore, Barack Obama, che, eletto coi soldi di Wall Street, non è stato poi in grado di cambiare di una virgola le perfide regole bancarie esistenti, nonché la “finanza ombra”.

È sommamente deprecabile che la politica continui ad esser serva della finanza, come accaduto negli ultimi decenni; e Trump è l’ultima carta che resta per evitarlo. Che poi lo si definisca “di destra”, mentre Hillary sarebbe “di sinistra”, suona come un’eco del passato, del tutto stridente con le nuove tendenze come il M5S in Italia e il nuovo Partito Repubblicano di Donald Trump, il quale infatti è riuscito ad emergere nonostante la sorda avversione del suo vecchio partito, il GOP (Grand Old Party), non più in sintonia con la gente, al pari del Partito Democratico della Cinton, che prosegue per la solita strada, a braccetto dei banchieri. Del resto l’ha ripetuto alla nausea il suo ultimo concorrente, Bernie Sanders, che oggi, obtorto collo, finge di appoggiarla, per spirito di squadra, deludendo i suoi fan.

 

 Marco Giacinto Pellifroni      31 luglio 2016    

Condividi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.