GLI USA IN UNA MORSA

Al contrario dell’acronimo MAGA, gli USA si trovano in una poco invidiabile morsa: economica, politica, fiscale, monetaria. Non che ciò sia dovuto in via esclusiva alla mole di misure daziarie di Trump, ma queste ultime non hanno fatto che esacerbare una situazione drammatica già in essere da alcuni anni.

Il debito pubblico USA non ha fatto che crescere, e a velocità accelerata, sino a superare, nel 2024, i $ 36 trilioni (36.000 miliardi), a fronte di un PIL di circa $ 30.000, ossia il 30% del debito pubblico globale di $ 100 trilioni

Un po’ come successo in Italia qualche anno fa, l’entità del debito pubblico viene portato a conoscenza della gente, quasi spettasse ai cittadini risolvere il rebus, che ha invece radici che risalgono al tipo di impalcatura finanziaria fondata sulla moneta a debito verso le banche private

Tanto per cominciare, il debito pubblico americano è diventato una soma schiacciante per qualunque governo si trovi a doverlo affrontare. La sua velocità di crescita è addirittura accelerata dalla rarefazione, se non a caro prezzo, dei compratori esteri del debito stesso, ossia degli ormai famigerati treasuries: le obbligazioni -bond- che lo Stato (come del resto ogni altro, in questo perverso sistema economico) emette per poi onorare, alla loro scadenza, la restituzione del capitale (principal), dopo aver pagato, ad ogni precedente scadenza, gli interessi, di volta in volta più alti.

Come si vede, lo Stato ha ecceduto nelle spese, superando gli introiti di circa $ 1,84 T, dei quali ben circa $ 1 T per interessi. Appurato che gli interessi non sono eludibili, si può intervenire soltanto sulle voci di destra: pensioni, Sanità, Difesa, Ag. Governative, Istruzione; proprio quelle su cui s’è scagliato il machete di Elon Musk tramite il suo DOGE. Mentre Trump ogni giorno minaccia di licenziare il capo della Fed, Jerome Powell, se non abbassa i tassi

Cosa succede infatti se il numero di compratori, in ispecie stranieri, si assottiglia ad ogni asta di nuovi bond; e quei pochi che sono disposti a rifinanziare il debito dei bulimici USA, lo fanno solo se allettati da interessi più alti? Succede, che la Fed (Banca Centrale americana) funge da sottoscrittore di ultima istanza e acquista essa stessa i bond invenduti, per tamponare il lievitare degli interessi, ossia del premio da pagare agli audaci che ancora sono disposti a dar credito all’economia americana, che funge da sottostante, cioè da garante della loro solvibilità.

I principali detentori esteri del debito americano sono Giappone (n°1 in verde) e Cina (n° 2 in blu); in grigio tutte le altre nazioni. Tutti, vista la crescente inaffidabilità finanziaria degli USA, non sanno come disfarsene, ma stanno operando il più discretamente possibile, consci che ogni vendita non fa che confermare la possibile insolvenza del dollaro, contribuendo così al suo crescente deprezzamento

Già, il sottostante. Vedremo più oltre come se la passa l’economia americana.

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Ma prima vorrei spendere qualche parola sul ginepraio finanziario-monetario-fiscale-commerciale nel quale si sta dibattendo Trump. Visto che il deficit e il debito non fanno che crescere, mentre egli ha promesso in campagna elettorale che suo obiettivo primario è abbassare le tasse (al solito ai miliardari, come già fece nel suo primo mandato), non fa che chiedere al presidente Fed di abbassare i tassi e ridare fiato alle attività produttive, ai prestiti/mutui, insomma alla macchina industrial-commerciale della nazione. Jerome Powell finora ha fatto orecchie di mercante, tranne dar corso di soppiatto alla sua normale funzione: ha infatti comprato oltre € 46 miliardi di quei treasuries di cui tutti stanno cercando di disfarsi e meno ancora sono disposti a comprarne di nuovi. Ma perché di soppiatto? Perché, se la notizia fosse circolata, il giochetto di auto-rifinanziarsi con l’emissione di nuovi dollari, ne avrebbe indebolito la già scarsa fiducia internazionale, con un’accelerazione delle vendite e la scomparsa dei compratori; ergo, l’inevitabile richiesta di premi (interessi) più alti per compensare il rischio di default. La riluttanza di Powell a fare acquisti di treasuries oltre il dovuto è motivata anche dal fatto che massicce iniezioni di nuova moneta non fanno che dare vigore a inflazione e svalutazione, ossia a quelle che, per statuto, dovrebbero essere le bestie nere di ogni banca centrale.

La strana coppia. Trump: “Abbassa i tassi”. “Se lo facessi, non venderemmo più un bond, dovrebbe comprarli tutti la Fed, e aumenterei l’inflazione e la svalutazione.” Trump in sostanza sogna una ripresa industriale e commerciale drogata alla base, e quindi effimera

Col mondo intero stanco della centralità del dollaro e riluttante a considerarlo ancora una valuta di riserva, sostituendolo nei suoi caveau con lingotti d’oro, e usando le proprie valute, senza più passare dal dollaro, è quasi patetico, direi donchisciottesco, vedere Trump che s’illude di sedere ancora sulla tolda di comando del pianeta chiedendo due cose incompatibili: abbassare i tassi e le tasse. Non può più farlo a carico del resto del mondo, come sin qui avvenuto.
Ho fatto dianzi cenno ad un’economia americana in piena salute come sottostante della sua valuta. Ma se si tratta di un’economia malata, sia per i troppi abusi passati che per l’ondivaga politica trumpiana, chi ha sinora investito i propri surplus commerciali in treasuries, si ritira in buon ordine e le sue aste vanno deserte.

L’immagine mostra con chiarezza l’altalena tra prezzi di acquisto dei bond (obbligazioni, treasuries negli USA) e interessi richiesti per poterli piazzare sul mercato. C’è normalmente un’altra altalena: tra azioni e obbligazioni, con le prime considerate più rischiose delle seconde. Oggi gli USA si trovano in una situazione perversa e anomala, con entrambe considerate a rischio, ma con i bond persino più rischiosi delle azioni. E chi possiede dei bond, incluse le grandi compagnie di assicurazioni, i fondi pensione et al. si trova in mano qualcosa che si sgretola giorno per giorno, se dovesse realizzarle prima della scadenza. Per non dire delle aspettative alla scadenza, più o meno prossima

A completare l’opera, Trump ha inaugurato un ritorno spropositato dei dazi, dichiaratamente per proteggere gli imprenditori americani, ma ottenendo il risultato contrario, ossia la stagnazione. Gli scambi commerciali si sono ridotti al lumicino, con le navi container ferme in mare, per non dover subire aumenti dei prezzi al consumo tali da ritrovarsi le merci invendute negli scaffali; per tacere delle derrate deperibili, da inviare al macero. Il mercato dei noli e dei container sta subendo danni economici gravissimi [VEDI]. E le cose non vanno meglio nelle campagne, con le esportazioni ridotte al lumicino, per la cancellazione o la riduzione all’osso degli ordini[VEDI].

Ora si profila un temuto appuntamento: la scadenza di una massa di treasuries il prossimo agosto: ben $ 7,6 T. Con lo spettro del default in caso di inadempienza. Ma si è già visto: il Congresso approverà l’innalzamento del tetto di spesa e si tirerà avanti, emettendo nuovo denaro. Proprio ciò che Powell aborre. Oppure, si toglierà il tetto alla quantità di treasuries che le banche possono tenere, lasciando ad esse il compito del bail out, con interessi più bassi. Sempre che siano disponibili a farlo…

Christine Lagarde, BCE, osserva con estrema attenzione ciò che sta succedendo oltreatlantico, sognando un euro sempre più votato a sostituire il dollaro negli scambi commerciali e come valuta di riserva. [VEDI] Inoltre, sta tagliando i tassi, a differenza del suo collega Powell

Ma c’è qualcuno che già si frega le mani. Infatti, deprezzamento del dollaro significa aumento delle altre valute, euro in testa. La governatrice della BCE, Christine Lagarde, assapora già un euro in grado di soppiantare, almeno in parte, il ruolo del dollaro come valuta di riserva e nelle transazioni estere: mors tua, vita mea. La sottostante Europa dà maggiori garanzie della cicala USA. Del resto, l’Italia, sempre vista come la Cenerentola, paga sui suoi BOT un 3,5% di interesse, contro il 5% degli USA. Due cifre che valgono più di mille parole circa il grado di solvibilità percepito a livello internazionale.

Marco Giacinto Pellifroni   8 giugno 2025

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