GLI ITALIANI
(Una poesia di Pier Paolo Pasolini del 1964 che sembra scritta oggi)
L’intelligenza non avrà mai peso, mai / nel giudizio di questa pubblica opinione. / Neppure sul sangue dei lager, tu otterrai // da uno dei milioni d’anime della nostra nazione, / un giudizio netto, interamente indignato: / irreale è ogni idea, irreale ogni passione, // di questo popolo ormai dissociato / da secoli, la cui soave saggezza / gli serve a vivere, non l’ha mai liberato. // Mostrare la mia faccia, la mia magrezza – / alzare la mia sola puerile voce – / non ha più senso: la vita avvezza // a veder morire nel modo più atroce / gli altri, nella più strana indifferenza. / Io muoio, ed anche questo mi nuoce. (Da “La Guinea” in Poesia in forma di rosa , Garzanti, 1964)
Questa invettiva o deprecatio pasoliniana contro l’eterno carattere qualunquistico degli italiani viene dopo quelle celebri di Dante, del Petrarca, del Machiavelli, del Guicciardini, dell’Alfieri, del Foscolo, del Leopardi, del De Sanctis…Non si può dire che Pasolini non sia in buona compagnia: anch’egli rimprovera agli italiani la loro indifferenza, il loro particolarismo, il loro gretto egoismo, la loro secolare dissociazione, che impedisce loro di riconoscersi in un unico popolo, in una storia comune, in una medesima compagine nazionale, salvo che nel calcio o alle Olimpiadi. Sembra che il loro (il nostro) motto sia sempre: “Ognun per sé e Dio per tutti”; e questo spiega anche perché tanti italiani (la più gran parte, stando ai sondaggi d’opinione) rimangono insensibili alle tragedie che flagellano l’umanità in questi nostri tempi bui, nei quali la guerra, le pestilenze, i mutamenti climatici, le migrazioni, la miseria materiale, morale e intellettuale, le sopraffazioni, le morti per acqua, per freddo e per fame, per odio e per indifferenza ci fanno rimpiangere il tanto esecrato Medioevo. Ci fu mai un tempo in cui gli italiani non fossero divisi su tutto? Guelfi e ghibellini, Bianchi e Neri, Capuleti e Montecchi, monarchici e repubblicani, fascisti e antifascisti, democristiani e comunisti, berlusconiani e antiberlusconiani, salviniani e antisalviniani, no vax e pro vax, draghiani e antidraghiani, atlantisti e putiniani e ora meloniani e antimeloniani; insomma, non un italiano medio che abbia ascoltato, non dico il reietto PPP ma quel dolce di Calliope labbro che risponde al nome di Francesco Petrarca: “Italia mia, benché il parlar sia indarno, / … Al passar questa valle / piacciavi porre giù l’odio et lo sdegno, / venti contrari a la vita serena; / et quel che ’n altrui pena / tempo si spende, in qualche acto più degno / o di mano o d’ingegno, / in qualche bella lode, / in qualche honesto studio si converta…”.
Perché queste sagge parole, fin da quando sono state scritte, risuonano nel deserto, almeno per la più gran parte degli italiani? In prima battuta si potrebbe rispondere: perché lavorare di fino, così con le mani come con l’intelletto, per dirla con Cesare Pavese, stanca: più facile menarle, le mani; più facile odiare che mettersi nei panni del nemico; più facile credere per sentito dire che rendersi conto di persona di quello che accade e compulsare, oltre ai fogli delle gazzette, le pagine dei classici antichi e moderni; meglio il pensiero magico di complottisti e dietrologi di quello razionale e scientifico, e, a quanto pare, leggendo le cronache di pace e di guerra, meglio uccidere che amare il prossimo. Di chi è la colpa di tutto questo? Di tutti e di nessuno? Dell’Anticristo o del cosiddetto pensiero unico occidentale che, se non fosse per Putin e i suoi ideologi russi e (ahimè) anche italiani, sarebbe universale? I teorici antisistema militanti nella nuova destra e stregati dal pensiero euroasiatico di Aleksandr Gel’evil Dugin non hanno dubbi: ai quattro cavalieri dell’Apocalisse che già imperversano sull’umanità bisogna aggiungerne un quinto: il politically correct e il suo inno “Bella ciao”.
A questo proposito l’articolo di Marcello Veneziani su LaVerità del 9 novembre 2022 è addirittura un caso di scuola. L’articolo ha come titolo, al solito fuorviante, come è costume di questa testata perennemente all’attacco dell’odiato establishment, al quale spesso si allude con il pronome di terza persona plurale “loro”: “Ossessionati dal fascismo, ci scordiamo del comunismo”; qui il pronome è di prima persona plurale, come se fossimo tutti ossessi e smemorati, tanto che vien subito da chiedere: ma dove, ma quando, se nei salotti televisivi “di regime” (non parliamo nemmeno di quello che succede sui social o asocial che dir si voglia) la regola è: “S’ode a destra uni squillo di tromba, / a sinistra risponde uno squillo, / d’ambo i lati calpesto rimbomba / da cavalli e da fanti il terren. / Quinci spunta per l’aria un vessillo; / quindi un altro s’avanza spiegato; / ecco appare un drappello schierato; / ecco un altro che incontro gli vien” (dal primo coro del Conte di Carmagnola del Manzoni)?
Lo abbiamo già visto questo incredibile spettacolo con le ospitate dei no vax che contestavano i virologi, gli infettivologi, gli epidemiologi che raccomandavano l’impiego del vaccini anti Covid; e poi con i pacifisti russofili o nènéisti contro i “guerrafondai” atlantisti e filoucraini; ci manca solo più di assistere a un dibattito, in ossequio alla par condicio, tra un negazionista della Shoah e Liliana Segre e non so che altro ancora, magari di un terrapiattista che confuta le tesi del premio Nobel Giorgio Parisi? Ormai, come dice il giornalista urlatore Mario Giordano, anch’ egli redattore de LaVerità, c’è da aspettarsi di tutto! Ma veniamo al Veneziani-pensiero: “In questo preciso momento mezzo mondo è comunista. Però l’allarme è il fascismo. In Cina 1,4 miliardi di persone sono strette nella morsa del Partito, in Occidente dilaga la pulizia (sic!) del pensiero ispirata da Mao e Lenin. Ma i media temono soltanto le destre”; questo è un altro titolo dello stesso articolo che leggiamo a p. 13 e che lo riassume in poche parole. In Occidente dilaga il pensiero di Mao e di Lenin? Ma se poco prima ha denunciato con enfasi la dittatura del pensiero unico liberalcapitalistico occidentale, opprimente come una cappa di piombo che ci impedisce di vedere il mondo al di là del piede di casa e persino di esprimerci liberamente al di fuori del politicamente corretto, da dove viene il dilagante pensiero maoista e leninista? E in che cosa consiste la sua “pulizia”? E qui devo dare a Veneziani quello che gli spetta, cioè la scoperta della vera genesi del politicamente corretto, che non deriva dal pensiero unico liberalcapitalistico americano, poi assunto da tutto l’Occidente come fosse un vangelo, ma “secondo l’Enciclopedia britannica, il politicamente corretto risalirebbe al vocabolario marxista-leninista dopo la Rivoluzione del 7 novembre del 1917 nel quale ‘sarebbe stato usato per indicare l’aderenza alla dottrina del Partito comunista sovietico’ …
Secondo l’etnolinguista Geoffrey Hughes pure Mao-Tse-Tung nel documento Come correggere le idee errate nel partito , presentato al IX congresso dell’Armata Rossa Cinese nel 1929, chiedeva di intraprendere una lotta concentrata e decisa contro le idee scorrette”. Guarda guarda questi diavoli di comunisti! Sono stati loro a inventare il linguaggio politicamente corretto ed emendato; dovevano pur difendersi dai deviazionisti e dai dissidenti, a cominciare dalla correttezza linguistico-ideologica. Ed ecco il colpo da maestro del maggior pensatore di destra italiano vivente: “Che vi sia un nesso storico effettivo tra il politically correct occidentale e la correzione russa e cinese, non è accertato; però che vi sia un nesso logico e ideologico è evidente E’ l’idea di correggere l’umanità, di raddrizzare gli errori e gli erranti (o di perseguitarli fino a sopprimerli); comune è l’impostazione di un Canone artificioso. Questo è il lascito del comunismo, che si ritrova tutto nell’intolleranza ipocrita e militante del mondo radical e persino liberal della sinistra progressista occidentale”. Avete capito, progressisti liberaldemocratici e antifascisti di professione, tolleranti di fuori ma intolleranti di dentro, a cominciare dal presidente Mattarella e giù giù fino a Enrico Letta, a Matteo Renzi, a Carlo Calenda, a Giuseppe Conte, a Pierferdinando Casini e ora, possiamo aggiungere, a Letizia Moratti? Non vi siete ancora resi conto che il vostro atteggiamento sprezzante, la vostra aria di superiorità nei confronti della destra italiana discende dritta dallo stalinismo e dal maoismo? Chissà che cosa direbbe Hannah Arendt di questa ardita tesi politicamente scorretta del massimo ideologo italiano della nuova destra! E se Veneziani è il migliore vi lascio immaginare gli altri.
Non avevo ancora letto le dichiarazioni di Marcello veneziani ” il lascito del comunismo, che si ritrova tutto nell’intolleranza ipocrita e militante del mondo radical e persino liberal della sinistra progressista occidentale” ecc… Hanno descritto benissimo l’arroganza della maggioranza degli “intellettuali” di sinistra, speriamo servano a fare un po di esame di coscienza a qualcuno di loro. Ogni riferimento a chi scrive in questo sito, naturalmente, è puramente casuale
Partiamo dal fatto che ci sono stati grandi intellettuali di destra come Giovanni Gentile, Martin Heidegger, Mircea Eliade, Konrad Lorenz, e grandi scrittori di destra come Louis-Ferdinand Céline, Mishima, Emil Cioran e grandi artisti fascisti come Mari Sironi, De Chirico e Terragni, cos’è questa geremiade vittimistica sull’arroganza degli “intellettuali” (tra virgolette) di sinistra del non meglio qualificato Franco? Forse che il sottoscritto a cui lei allude le impedisce di credere alle tesi a mio giudizio farlocche ma secondo lei condivisibile di Marcello Veneziani.? Se argomentare contro le idee di qualcuno è arroganza, allora anche lei è un arrogante. Alla prossima.
Caro Fulvio, hai preso spunto da una poesia di Pasolini del ’64 per etichettare gli italiani come qualunquisti, gretti egoisti, individualisti, ecc. Comincerei col rilevare che Pasolini ha funto da fonte cui attingere tanto a destra quanto a sinistra, in virtù della sua indipendenza di giudizio, delle sue tesi anticipatrici, che lo rendono così attuale anche oggi, come viene riconosciuto nel libro del 2010 “Una lunga incomprensione” di Adalberto Baldoni (destra) e Gianni Borgna (sinistra). Nei primi anni ’70, ricordo quanto fosse stimato più dai circoli tradizionalisti, che frequentavo a Milano in quegli anni anni (con Rodolfo Quadrelli e Quirino Principe come esponenti di spicco, assieme ad altri autori degli editori Vallecchi, Rusconi et al.) nonostante la sua omosessualità e le simpatie comuniste, che non dallo stesso PCI, il cui monolitismo rifuggiva da pensatori troppo “autonomi”. Erano gli anni in cui il “Corrierone” era di proprietà di Giulia Maria Crespi, che gli aveva dato un taglio decisamente ecologista. Oggi, sia quella testata che La Stampa, sono schierate a sinistra: cosa che, vista la proprietà della seconda in mano agli Agnelli, lascia davvero spiazzati su cosa sia diventata la sinistra.
Poi, vorrei far presente che tutto il mondo occidentale, Italia compresa ovviamente, ha subito cambiamenti culturali e comportamentali impensabili solo decenni fa: pur rimanendo dei connotati di fondo a distinguere un popolo dall’altro, il combinato di tecnologia e finanza hanno cambiato in tutto il mondo cosiddetto libero (e ci vuol poco a definirsi libero, con i totalitarismi vigenti fuori dai nostri confini euro-americani e giapponesi) il nostro stesso modo di pensare, di raffrontarci gli uni con gli altri, mentre il denaro veniva eretto a idolo assoluto, e fluiva dal basso verso l’alto a ritmo accelerato. Forse che nelle nazioni oltre frontiera regna quella solidarietà, quella generosità verso l’altro che viene negata esistere solo in Italia? L’ultimo esempio viene da connubio Francia-Germania-Spagna nel pretendere che ad accollarci l’onere dell’invasione migratoria (accelerata da quando s’è profilato lo spettro di un governo di destra) sia solo l’Italia, levando alti lai per aver dovuto accogliere il fuscello di 234 migranti contro la trave di 90.000 lasciati sulle nostre spalle nel solo 2022.
Ho voluto dare un’occhiata alla prima pagina de La Verità di oggi, per spiegarmi come mai sia additata dalle sinistre come un campione di faziosità. L’editoriale di Belpietro titola: “Gli “amici” europei. La chiamano umanità, è ipocrisia: se facessimo come loro?”. Un articolo di Borgonovo titola: “Pur di attaccare il governo, stampa e PD stanno sempre con gli stranieri”; i quali ultimi, aggiungo io, “rimpiangono il governo Draghi”, perché chi chiude gli occhi sugli sbarchi illegali è un “governo amico”, mentre chi osa far valere le sue ragioni pro e non contro l’Italia, non gli sta bene.
Mi fermo qui, ma mi sembra che l’evidenza sia ormai lampante: le sinistre hanno perso il governo e non se ne danno pace: farebbero anche un patto col diavolo pur di mandarlo all’aria e fare un favore ai nostri “cugini” d’oltralpe. Se ho detto qualcosa di fascista, me ne farò una ragione.
Marco, su Pasolini avevamo già discusso tempo fa, ma vedo che sei rimasto sulle tue posizioni. Che coso avevo scritto in proposito? Che Pasolini è sempre sto un segno di contraddizione, perché non aveva schemi mentali rigidi, tanto che non si è mai lasciato ingabbiare ideologicamente. Sappiamo tutti, meno che il prof. Lisorini, dei suoi rapporti burrascosi con il PCI, dell’ostracismo subito dalla buona borghesia democristiana e liberale, dei fulmini della Chiesa (malgrado il suo “Vangelo secondo Matteo”) a causa della sua omosessualità: insomma Pasolini era uno scandalo vivente, tanto a destra come a sinistra, proprio perché non era inquadrabile ii uno schema consolidato. Riguardo alle tue simpatie politiche nulla quaestio: è affar tuo. Noto soltanto che la rappresentazione generica che fai della “sinistra” è alquanto caricaturale e segue appunto la schematismo de LaVerità. Quanto al fascismo, che cosa c’entra? Forse che ti ho dato del fascista? Che cos’è questo mettere le mani avanti per parare un colpo che non esiste? Non sarà una tua ossessione o fobia nei confronti non del fascismo ma dall’antifascismo?