Gli Ascari e i disastri

GLI ASCARI e DISASTRI

Ovvero, come da parte del Sindaco Orsi si permette ad un soggetto privato di realizzare (con l’appoggio di Lega Ambiente) una discarica che inquinerà irreparabilmente, rovinerà dal punto di vista ambientale e renderà pericoloso un sito naturalistico in Albisola Superiore.

   GLI ASCARI e DISASTRI

  Ovvero, come da parte del Sindaco Orsi si permette ad un soggetto privato di realizzare (con l’appoggio di Lega Ambiente) una discarica che inquinerà irreparabilmente, rovinerà dal punto di vista ambientale e renderà pericoloso un sito naturalistico in Albisola Superiore.

 

È assolutamente vero che negli organismi rappresentativi molto spesso si approva o si respinge senza alcuna indagine critica: purtroppo, però, in grande prevalenza si approva. Ma ciò è conseguenza logica del fatto che chi ha interesse all’approvazione voglia ottenere il consenso a qualsiasi costo. Allora vengono evidenziati quegli aspetti che servono per porre sotto la miglior luce possibile il provvedimento nei confronti di chi è disponibile ad approvare senza approfondimenti critici. 

Il Green Park, ovvero il Parco Avventura di Località Ispina in Albisola Superiore, ne è un esempio lampante. Esso è stato presentato come un progetto assai allettante che ci fa vedere il contatto con la natura selvaggia e incontaminata da godere, da sfidare e da apprezzare nei particolari, una natura amica sia dei contemplativi sia di chi ama lo sport e l’avventura. Senza alcun dubbio, vien fatto credere, il progetto, una volta realizzato, sarà straordinaria attrattiva per un numero eccezionale di visitatori: singoli escursionisti, comitive, classi studentesche che animeranno la vita noiosa di Albisola e, soprattutto, saranno fonte di ingenti guadagni per gli operatori turistici e commerciali del paese. Si prevedono oltre 1000 (sic!) fruitori, in media, al giorno!

Sotto la spinta dei proponenti, degli interessati a vario titolo e dei numerosi ‘ascari’ anche il cittadino albisolese medio, poco e falsamente informato, apprezzerà la grande trovata anche con il suo like sui social-media. Naturalmente nessuno si chiederà «perché farlo proprio lì?».

Si tratta di una valle stretta e scoscesa con pendenze fino al 25%, con un microclima freddo e ventoso e per raggiungerla sarà necessario costruire un ponte sul torrente Riabasco. Inoltre, per livellare le pendenze onde ospitare le attrezzature, verrà costituita un’enorme discarica di materiali inerti; ci si chiede, a questo punto, perché l’azienda realizzatrice non ha scelto un sito con caratteristiche geo-morfologiche migliori tenendo presente che detta azienda possiede una vasta area pianeggiante (1.000.000 di m2) a poche centinaia di metri di distanza?

 


 

Occorre ora dare una misura di quanta terra sarà necessario apportare: si tratta di 400.000 m3 che, per dare un’idea della massa, corrispondono a 1300 villette unifamiliari! Per trasportare questo impressionante quantitativo ci vorranno più di 15.000 camion, il che significa – tenuto conto di un tempo di realizzazione di tre anni – 5.000 camion l’anno, cioè circa 10.000 transiti di andata/ritorno per le strade del paese con un insostenibile aggravio del traffico già congestionato e pericoloso. Se valutiamo la consistenza dell’apporto di detriti, dobbiamo immaginare un fronte equivalente di 100 m., per un’altezza ancora di 100 m e per una profondità di 40. Per tenere su questa massa enorme saranno necessari degli interventi di muratura di grande potenza e quindi di grosse cubature; è fonte di preoccupazione la (allo stato attuale) mancanza di controlli sull’esecuzione delle opere di contenimento. Inoltre, un così rilevante accumulo di materiali in una zona a fortissima pendenza costituisce un pericolo per la tenuta statica dell’intervento. Ricordiamo che il nostro territorio è franoso e negli ultimi anni si sono verificate piogge intensissime sotto forma delle famigerate ‘bombe d’acqua’. Un esempio che per certi versi potrebbe essere assimilato a questa situazione è il caso della diga di Stava (nel Trentino), costituita da soli 185.000 m3 di terra, che a seguito di ingenti piogge il 19 luglio 1985 cedette causando 267 vittime nel sottostante paese inondato da un’enorme massa di acqua e fango. 

 

Prendiamo ora in esame un altro aspetto che rappresenta un ulteriore pericolo: la qualità del materiale di riempimento. Tale materiale proviene dagli scavi del tunnel del Terzo Valico ed è fortemente inquinato dall’amianto. Esiste a tale proposito una relazione del CO.C.I.V. – Consorzio Collegamenti Integrati Veloci a cui è affidata la progettazione e la realizzazione della ferrovia AV/AC (alta velocità e alta capacità) della linea Milano Genova – del 28 dicembre 2015 nella quale si certifica che in almeno un terzo dei campioni del materiale analizzato si supera la soglia di contaminazione e pertanto riveste carattere di alta pericolosità (lo dicono loro stessi!). 

Ultimo punto da prendere in esame è la ratio economica di questo intervento. Nonostante quanto affermato dall’impresa realizzatrice, non sarà il Parco Avventura la fonte principale di guadagno, anzi, noi riteniamo che sarà del tutto marginale. Una prova per analogia potrebbe essere il fatto che in un comune del Ponente della provincia è stato presentato un progetto simile con un ingente apporto di terreni di scavo per realizzare la piattaforma su cui dovrà insistere il ‘parco a tema’. La convenzione tra il Comune e l’azienda prevede che dopo quattro anni il parco verrà ceduto gratuitamente ad associazioni ambientali del luogo, ciò significa che esso non produce reddito, tanto da essere regalato.

 


  

Noi riteniamo che l’azienda realizzatrice dell’intervento guadagni (e molto) in due diverse fasi:

1) i detriti conferiti fruttano circa € 20,00 a m3 e poiché i m3 previsti sono, sulla carta, 400.000 il ricavo previsto ammonterà almeno a € 8.000.000,00 (otto milioni/00);

2) l’intervento richiede, oltre alla costruzione del ponte, la realizzazione di una strada percorribile anche da autocarri i quali, nel prossimo futuro, potrebbero portare rifiuti organici ad un impianto di compostaggio che, a nostro parere, l’azienda, che si occupa come suo core-business proprio di organico, potrebbe realizzare nella vicina vasta area semipianeggiante di Pian del Pero già di sua proprietà (il famoso milione di m2) con gravissime conseguenze per la qualità della vita degli albisolesi.

Contro tutto ciò è stato presentato dal Comitato per la difesa di Valle Ispina un ricorso al TAR-Liguria che a breve andrà in giudizio; noi speriamo nell’accoglimento dell’istanza di annullamento della delibera di autorizzazione, ma già fin d’ora preannunciamo che ci batteremo contro questo scempio ambientale in tutte le sedi che la giurisprudenza ci consente di adire.

            

  Pietro Corona   

(anche in rappresentanza del Comitato per la difesa di valle Ispina)

 

 

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