Gino Messina

Gino la “bomba” e l’imprenditore di Loano
che da otto anni attende invano giustizia

Gino la “bomba” e l’imprenditore di Loano

che da otto anni attende invano giustizia

 

Alassio –Gino la bomba”  è diventato un personaggio. Animatore della movida. Un volto popolare. Se prima era conosciuto soprattutto nel mondo della vita notturna rivierasca, ora con decine di articoli, di foto ripetute, apparsi  sui media locali più diffusi,  il suo volto, il suo cognome, le sue vicessitudini sono  popolari. L’ultimo ‘colpo grosso’,  con vasta eco mediatica, è del 20 aprile scorso

 Titoloni a tutta pagina: “Gino Messina ingaggia Roberta Bruzzone. La criminologa finalese affiancherà la difesa del Pr accusato di stupro. Il processo previsto ad ottobre”. E ancora: “Così farò assolvere Gino la  bomba. La criminologa, volto noto alla tv, assunta da Messina che dice ‘non ha bisogno di violenza per fare sesso’.

Già, Messina,  Pr  di successo delle discoteche che appare in una comitiva, fotografata in strada da Silvio Fasano, al termine di una serata di vip e  ‘schiccheria’, al ristorante, per festeggiare il compleanno del sindaco (allora) Marco Melgrati (vedi Trucioli Savonesi, archivio e l’immagine di gruppo, con Messina che indossa l’inseprabile berretto a visiera)

Storia e fotoservizio che ebbero vasta risonanza ad Alassio e non solo.  Trucioli riuscì a ‘rubare’ impunemente l’intero servizio fotografico che ritraeva volti noti della politica, dell’imprenditoria, delle professioni, scatenate veline al lavoro. Da “pecunia non olet”.

Ci sono altri aspetti finora rimasti riservati, pur riguardando storie pubbliche, nella vita di Gino Messina, rinviato a giudizio dal Gip, Donatella Aschero, per abuso sessuale – di cui parleremo in seguito- e con un risvolto da ultima ora, stando sempre agli organi di informazione quotidiana.

Titola La Stampa del 29 aprile: “Altre tre donne accusano Messina. Ci ha violentato. E il giudice nega la scarcerazione dell’animatore”. Il redattore di giudiziaria di Savona, Marco Raffa, aggiunge, che il giudice delle indagini preliminari, oltre un mese fa, ha negato gli arresti domiciliari richiesti dal difensore  di fiducia, il legale romano Antonio Paparo che ha avvicendato il collega albenganese, Franco Vazio.

Ormai Messina è talmente noto che c’è chi giura di averlo rivisto di recente in discoteca. Altri l’hanno riconosciuto sull’auto parcheggiata al distributore di benzina Agip,  sempre ad Alassio. Altri ancora –siamo all’ultima segnalazione del  29 aprile- ore 18, in piazza Sant’Ambrogio. A piedi, vestito…disinvolto. Insomma o Gino non sarebbe più agli arresti domiciliari ad insaputa dei diligenti cronisti o ha ottenuto delle ‘concessioni’ di cui, per ora, le cronache non hanno fornito particolari.

A questo punto è giunta l’ora di rivelare un altra vicenda. C’è una persona, anzi una famiglia che da mesi segue in silenzio, lontano dai riflettori, Gino Messina alla ribalta della organi di informazione. Messina che si proclama innocente e scriverà un libro.

E’ la famiglia di un noto imprenditore di Loano, conosciuto per la sua decennale attività di ieri, di oggi, per  progetti di sviluppo residenziale ed alberghiero.

La criminologa Bruzzone

 Ma per una strana sorte della vita nessuno parla. Nessuno sa? Visto che l’imprenditore non ama passerelle e clamore, si potrebbe chiedere alla Procura della Repubblica, ai carabinieri, alla cancelleria del Tribunale di Albenga.

Si ascolterebbe una bruttissima, sconsolante storia. Il 15 luglio del 2003, accade ad Andora. Nei pressi di una discoteca.

 Il figlio dell’imprenditore loanese, descritto giovane tranquillo, giudizioso, senza precedenti, viene brutalmente malmenato, secondo una circostanziata denuncia, da Gino Messina nel suo ruolo, all’epoca, di ‘buttafuori’ del locale. E’ probabile che la “Bomba” neghi tutto, si dica estraneo, o di aver solo reagito, magari di essersi difeso. Non conosciamo comunque tutti gli atti processuali.

Sta di fatto che esiste un procedimento penale, pendente davanti al tribunale, con atto di citazione a giudizio, risalente, pare, al 18 novembre 2008. Il processo non s’ha da fare? Il tribunale di Albenga, non è un mistero, è in emergenza di giudici e personale di cancelleria non da oggi. C’è inoltre il problema di dare la priorità, sembra, a quei “reati” che non sono quasi prescritti, o si prescrivono a breve. O di allarme e pericolosità sociale.

Il papà del giovane non solo si rivolge ad un avvocato di Loano (Ravinale) per la costituzione di parte civile. Il figlio-vittima del brutale pestaggio non riesce a darsi pace, a farsi una ragione di una giustizia che, allo stato, continua a non rendergli giustizia. Non sarà l’unico. L’imprenditore si è era pure recato alla Procura della Repubblica, parlando con una cancelliera, ora andata in pensione. Gli ha esposto il suo caso, il cruccio di padre che non può rassegnarsi.  Pare abbia invano sollecitato un incontro con i magistrati.

Gino Messina con Lele Mora

 

A luglio saranno trascorsi 8 anni dal fattaccio. Quelle percosse provocarono una malattia protrattasi per 30 giorni. Ma soprattutto niente processo. Non farebbe neppure più notizia se non ci fosse in ballo Gino la “bomba”. Chi ritiene di aver subito un torto, resta con l’amarezza e gli interrogativi.

L’animatore della serate mondane appartiene, tra l’altro, ad una famiglia che nel passato ha vissuto, sulla sua pelle, una terribile tragedia. (Vedi articolo del Secolo XIX dell’11 novembre 1984). Racconta che un fratello di Gino, l’allora diciannovenne Lillo Messina, manovale, figlio di emigrati, fu pugnalato al cuore a poche decine dalla caserma dei carabinieri, sotto le finestre di una zona residenziale di Borghetto S. Spirito.

  Un giovane venne arrestato, sospettato e processato in Corte d’assise di Savona, e andò assolto per insufficienza di prove.

La mamma dello sventurato ragazzo, Emilia Turone, urlò tutta la sua indignazione: “Non può finire così, mio figlio vuole vendetta. Questo processo non mi è piaciuto per niente”. Lillo Messina, accertò la perizia del prof Athos La Cavera, ucciso e trafitto selvaggiamente, dopo  essere stato trattenuto ai polsi.

 

Per il fratello Gino, per i genitori, quel crimine non poteva essere dimenticato. Segnerebbe la vita di chiunque. Anche se sono trascorsi 28 anni.

Gino ha fatto strada. E’ diventato famoso. Conoscenze e frequentazioni importanti. C’è chi sostiene, persino, di averlo visto ad un ristorante di Varazze, anni or sono, a cena con un magistrato.

Gino ritratto, documenta la foto di Silvio Fasano,  in compagnia dell’assai più noto – almeno sul territorio nazionale – Lele Mora, ultima ribalta il caso di prostituzione minorile che coinvolge il presidente Berlusconi, il direttore-giornalista Emilio Fede e lo stesso Mora: imprenditore dello spettacolo assai inserito nell’ambiente del Comune e del Casinò di Sanremo, hanno descritto i giornali e anche Trucioli si era occupato di alcuni appalti (vedi archivio).

Il Secolo XIX (vedi articolo  del 12 aprile scorso) ha titolato: “ Doppia stangata per Lele Mora, fallimento personale e di una società, la sentenza del tribunale di Milano”.

Per Gino Mesina, residente a Borghetto S. Spirito, ecco la cronistoria più recente di Secolo XIX e  La Stampa.   Alcuni titoli.

Dal 2 settembre 2010 ad oggi – Violenza sessuale, arrestato pr. Alassio, vittima una ragazza ucraina sequestrata in un garage.  Violentata dopo la discoteca, finisce in carcere l’amico. Si tratta di Gino Messina, 45 anni, animatore della movida rivierasca. Gino, una macchina che sembra quella  di Batman, assemblata con pezzi diversi, mole imponente, tatuaggi addirittura sul cranio, incastrato dagli esami clinici”. E ancora: “La giovane russa. Gli avevo detto  che non volevo fare l’amore, ma lui mi ha bloccato e violentato. Lei ha 28 anni, era in vacanza ad Alassio dopo le fatiche dello studio a Torino. E’ stata soccorsa da un passante…”. “La difesa di Messina che si proclama innocente chiede la scarcerazione”. “Messina, nessuna violenza, tre testimoni mi scagionano. Un memoriale al Pm, con la ragazza russa c’era un legame affettivo”. “Caso Messina, la donna conferma tutte le accuse”. “Messina respinge il rito abbreviato. Il pr vuole difendersi in aula dall’infamante accusa di aver stuprato una ragazza. Il processo il 26 ottobre. Gino Messina, nessuna violenza, scriverò un libro. Un’accusa così uccide appena viene lanciata. E’ stata lei a buttarsi addosso a me”, sostiene il pierre.

Lui, almeno, il processo potrà averlo. In tempi brevi. Qualcun altro, parte lesa, attende da otto anni e non sa spiegarsi le ragioni. Nessuno ha mai ritenuto di spiegarglielo. Anche questa è la giustizia italiana. Non solo quella ‘urlata’ dal presidente del consiglio.

R.T.

 

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