Genova – convegno MIUR

A Genova, convegno MIUR. Partecipanti:18 e “grazie a Biondi”
    Vista sul fallimento delle politiche governative sull’innovazione.

             A Genova, convegno MIUR. Partecipanti:18 e “grazie a Biondi”
             Vista sul fallimento delle politiche governative sull’innovazione.
  
Giovanni Biondi

Sono di ritorno da Genova, ABCD, Salone dell’educazione, dove stamattina ho avuto un acceso confronto dialettico pubblico con Giovanni Biondi, Capo Dipartimento del MIUR.

Saltando i particolari su cui tornerò altrove, mi sono tolto qualche sassolino dalle scarpe, facendogli notare che i responsabili delle politiche governative (fra i quali ovviamente lui stesso, in primis) non potevano non riconoscere il totale fallimento delle loro azioni da 10 anni a questa parte nel settore dell’innovazione a scuola: bastava guardare la sala, da 600 posti, stracolma in analoghi convegni di 10 anni fa, e oggi desolatamente vuota (in tutto 18 persone, inclusi i parenti e gli affini, sette rappresentanti degli editori e due hostess). Insegnanti: quattro.

Ecco l’emblema della demolizione delle condizioni morali e materiali in cui si fa “innovazione”, di cui portano la responsabilità i fidati collaboratori del ministro (?) Gelmini, fra cui Biondi medesimo è uno dei maggiori. Non ha gradito la mia denuncia, ovvio, anche perché ‘sta gente è abituata agli yesmen che “tengono famiglia” e che debbono dire che tutto va bene madama la marchesa…

No. Non noi, che pure teniamo famiglia (e anche dipendenti, collaboratori e consulenti) e che vediamo al suolo il settore in cui lavoriamo da una vita, e che amiamo, demolito sistematicamente sotto i colpi della mediocrità di idee e delle sotterranee pratiche che tutti conosciamo, che – guarda caso – riescono meglio con le grandi aziende, penalizzando meriti e talenti. Tutto ciò nei 10 anni di governo di destra, quasi ininterrotto, e ora di regno della signora Gelmini, della quale il minimo che si possa dire è che totalmente ignara del settore a cui è stata irresponsabilmente messa a capo.

E sappiamo bene chi è stato direttore generale prima all’Indire e ora al Ministero, e quindi artefice di tutti i progetti di innovazione nella scuola: Giovanni Biondi, capace di gestire in modo disastroso centinaia di milioni di euro fra hardware e formazione (gestita come tutti sanno da Indire, ne vogliamo parlare?), con zero euro per il software e i contenuti, l’unica cosa che renda per un docente sensato accendere un computer o usare una lavagna interattiva.

A Biondi chi chiede conto del fatto che fra gli espositori a Genova non c’era nemmeno un’azienda italiana, schiacciate o sommerse da politiche dissennate che hanno favorito solo le grandi aziende estere produttrici di computer e LIM? In Paesi civili e con una pubblica amministrazione dedita alla crescita del tessuto sociale, culturale ed economico della nazione, una società come Garamond avrebbe 100 dipendenti e migliaia di collaboratori, offrendo lavoro a decine di giovani talenti, come accade in Germania, UK, Francia, ma anche in Portogallo, Polonia, Romania. E invece dobbiamo stare qui a fare una battaglia quotidiana per difendere con i denti le posizioni, combattendo con la sola forza delle nostre idee e della nostra reputazione, sulla base dello straordinario capitale immateriale di chi lavora con serietà e passione da tanti anni con noi.

Ora invece dobbiamo assistere a questo spettacolo insensato e anche un po’ degradante, di un Capo Dipartimento che fa firmare con soddisfazione alla sua ministra Gelmini un accordo del MIUR con Telecom Italia (che a sua volta fa accordi con la Mondadori per gli E-Book. Mondadori: dice niente questo nome?) per la scuola digitale, come si può continuare a tacere, e non dire che siamo l’unico paese al mondo in cui per metodologie e didattica il ministero non firma intese con le società che lavorano nel settore ma con operatori telefonici? Come si fa a non denunciare che queste politiche insensate e uniche al mondo distruggono aziende come Garamond (ma non solo), tagliate fuori dal mercato scolastico da chi dice alle scuole che possono comprare tutto tranne contenuti (?!?), e poi fa accordi Telecom che fa accordi con Mondadori? Ci spiega Biondi che interesse ha il ministero a fare questo genere di intese? Difficile capirlo…

Che facciamo, allora? Emigriamo all’estero? Subiamo così, restando in rispettoso silenzio, assistendo alla nostra fine? O invece alziamo la voce individuando chi sono i veri avversari di tutti noi che, da insegnanti, imprenditori,ricercatori, formatori ecc., dicendogli chiaramente che se questa è la situazione (università oramai stremate, aziende strozzate, insegnanti demotivati come i due o tre che ho incontrato oggi, nomi una volta molto noti e stimati, e ora dichiaratamente stufi di tutto ciò) e loro stanno lì a dirigere da 10-20 anni e più, la conclusione non può che essere una sola?

Amici, avete fallito.

Non c’è bisogno di essere eroi romantici o cavalieri senza paura per uscire allo scoperto e dire che ora basta, facendo nomi, cognomi e raccontando fatti. Basta guardare al destino del lavoro di chi sta nel campo dell’educazione e della conoscenza in Italia e rendersi conto che senza una reazione civile ma determinata e una sana “rivolta”, qua fra poco ci avranno fatti fuori tutti, convincendo ogni soggetto interessato all’educazione a cambiare mestiere o cambiare Paese. Ma perché non cambiano lavoro o incarico loro, veri responsabili di questo disastro?

Speriamo che venga presto una ventata di aria nuova che si porti via questi soggetti miopi e arroganti, che stanno solo distruggendo ciò che fino a 10-15 anni fa era un vivo e appassionato settore di progetti e di idee. E le sale da 600 persone erano stracolme: solo posti in piedi. Non arrendiamoci, e non lasciamo soli coloro che hanno la faccia per dire alto e forte che è ora di finirla. Noi non abbiamo potere, ma siamo tanti, tanti di più, e oramai molto, molto arrabbiati.

Agostino Quadrino

(Garamond Editoria Digitale)

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