Genny ‘a Carogna, ovvero del calcio e della violenza
Genny ‘a Carogna,
ovvero del calcio e della violenza
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Genny ‘a Carogna, ovvero del calcio e della violenza.
La recente finale di Coppa Italia ci ha regalato un’altra pagina di calcio da ricordare, in negativo; l’evento calcistico in sé è stato praticamente ignorato e l’attenzione, giustamente, si è spostata sui fatti criminosi che si sono svolti all’esterno dello stadio, con il presunto agguanto a mano armata da parte di un delinquente, tale è il personaggio, verso un tifoso napoletano. Possiamo ampiamente discutere del concetto di tifoso, o “ultras” e del delinquente: a me pare chiaro che quanto avviene, non di rado, negli stadi italiani, non può essere ascrivibile a dei tifosi. Sono delinquenti, senza se e senza ma. Ma il personaggio che più ha colpito è senza dubbio tale Gennaro De Tommaso, detto “Genny ‘a Carogna”, noto piccolo delinquente locale ma anche capopolo di una parte della tifoseria napoletana. |
Il Genny, salendo e scavalcando la recinzione per andare a parlare con le forze dell’ordine, mostrando un atteggiamento inequivocabile con l’espressone del volto e la postura delle braccia, ha certamente dato prova di essere lì per fare una trattativa, per discutere di quanto era o stava avvenendo fuori dallo stadio. La maglietta che indossava richiama il nome di Antonino Speziale, il giovane indagato per omicidio dell’ispettore Raciti durante i disordini presso lo stadio Massimino di Catania. In sfregio all’unica persona che ha pagato con il prezzo più caro, l’ispettore di polizia. |
Si è discusso della trattativa o presunta tale tra “lo Stato” e il capoultras in questione: certamente c’è stata, e non si stupiscano coloro che non hanno mai avuto a che fare in prima persona con eventi di questo genere, anche se non è certamente lo Stato ma piuttosto le forze dell’ordine che devono vigilare in occasioni di questo genere, sull’ordine pubblico. Come ha dichiarato in una intervista anonima un poliziotto della DIGOS, c’è poco da stupirsi, quando ci sono migliaia di persone che stanno “ribollendo”, è bene usare tutti gli strumenti di dialogo, piacciano o meno, per mantenere in quel frangente un livello accettabile di ordine evitando guai ben peggiori. Genny ‘a carogna ha il merito di averci messo la faccia e di essere sceso per chiedere quali erano le condizioni all’esterno dello stadio evitando un degenero di quella che doveva essere una partita di calcio, quindi una festa. Di fronte a questo fatto, però, è necessario fare i conti con il mondo del calcio, a partire proprio da Genny, la sua presenza allo stadio e la maglietta che indossava, un’insulto. Facendo qualche ricerca in rete ho trovato diversi articoli di giornale, uno del 2008, che riporta: “Il costo minimo per una partita considerata “non a rischio” quindi con un numero ridotto di forze dell’ordine, disputata in un stadio medio-piccolo come quello labronico (Del Livorno, ndr) con una capienza di 19.201 posti, è mediamente di 30 mila euro”. Siamo nel 2008, per una squadra di piccola entità come volumi di affari e di tifoserie. E’ difficile pensare che i costi si siano ridotti. Un’indagine recente stima in 45 milioni di euro il costo annuo sopportato dallo Stato per il mantenimento dell’ordine pubblico legato alle partite. Dal 2007, con il pacchetto di norme che ha introdotto la figura degli steward all’interno degli stadi, parrebbe si sia si è registrato un progressivo calo del numero delle forze dell’ordine impiegate per gli eventi calcistici, ma è difficile pensare che questo modello possa portare reali riduzioni di costi e maggiore sicurezza. Sul calcio ormai si è già parlato molto, ora servono i fatti: misure come quella adottate dalla THATCHER fortemente repressive, obbligo di firma fuori dallo stadio per chi è interdetto, processo per direttissima da una parte. Dall’altra quanto, sempre in Inghilterra, si è fatto negli anni ’90 riempiendo gli stadi con le telecamere a circuito chiuso: in caso di incidenti, era possibile riconoscere i violenti, arrestarli e comminare loro pene detentive pesanti (e immediatamente). Non solo: le società vennero obbligate a ristrutturare gli stadi con la modifica degli impianti, eliminando le barriere tra il campo di gioco e la tribuna: soltanto posti a sedere numerati associati al biglietto nominativo, con la costruzione dei seggiolini in ogni settore. I tifosi infatti devono restare seduti per l’intera gara, pena l’espulsione che avviene tramite gli steward della società e se perdura il comportamento viene inibito l’abbonamento ed impossibilitato ad acquistare nuovi biglietti. Capienza degli stadi limitata, struttura progettata con la possibilità di avere negozi e quant’altro. Si optò anche per la responsabilizzazione delle società di calcio, alle quali venne da allora affidata la sorveglianza all’interno degli impianti. Tutto attraverso la presenza di stewards privati, retribuiti direttamente dai club, in collegamento via radio con la polizia presente solo all’esterno degli impianti. Fu anche deciso il divieto per le società di avere rapporti con i propri tifosi, se si esclude la collaborazione finalizzata a prevenire possibili incidenti: ecco, i rapporti tra società di calcio italiane e le tifoserie sono un altro dei grossi problemi che soffre il nostro calcio. Rapporti che usati a dovere possono indirizzare le cessioni, gli acquisti, le scommesse e addirittura le trattative per rilevare o meno una squadra. Come possiamo pensare che arrivino investitori nel nostra paese, anche per il calcio, se il prodotto che abbiamo è fatto di guerriglia urbana, stadi obsoleti e vetusti, società che rispondono ai capiultras prima che agli amministratori? Sono totalmente d’accordo con Renzi: non possiamo più, come collettività, sostenere per la sicurezza delle partite cifre di questo genere, senza peraltro poterci andare in sicurezza con la famiglia. Ma si deve agire, fare, il modello c’è, si può adattare certamente al contesto italiano, ma ci vuole fermezza, peraltro anche il Presidente del CONI Malagò è assolutamente in linea su questo, se vogliamo che il calcio torni ad essere una festa, come avviene negli States per baseball, basket e football americano. Dove peraltro, per motivi puramente economici, sono addirittura arrivati a fermare i campionati per trovare accordi (tra giocatori, sponsor etc…), ebbene, faccio una provocazione: fermiamo per 1 anno i campionati, facciamo le leggi, togliamo le sponsorizzazioni delle società di scommesse alle squadre (ma non è un controsenso?????), cerchiamo sponsor anche internazionali, avviamo i lavori di ristrutturazione a carico delle società e ripartiamo con un business interessante dal punto di vista economico ma accessibile da tutti e forse non avremo più bisogno di trattare con i Genny del caso. Io, da ex abbonato allo stadio ed ex abbonato alla pay per view della mia squadra, attendo sviluppi ma nel frattempo non vado più allo stadio e guardo raramente in televisione le partite, ben che meno ci porto le mie figlie. Peccato, perché uno stadio gremito che fa il tifo per la propria squadra, dal vivo, è addirittura più bello della partita giocata sul campo. Forza Genoa, comunque. ANDREA MELIS |