Friggitrice geopolitica: i paparazzi del futuro e le liaisons in salsa latina – Roma e Parigi tra ruffianeria di Stato e compromessi storici
“Friggitrice geopolitica: i paparazzi del futuro e le liaisons in salsa latina
– Roma e Parigi tra ruffianeria di Stato e compromessi storici”
Nel cuore di un’Europa che frigge come un’arancina in olio bollente, l’asse Roma-Parigi si muove tra l’ineluttabile e il grottesco. Le relazioni diplomatiche tra Italia e Francia si offrono oggi allo sguardo degli analisti come una “friggitrice geopolitica”: bulimica, rumorosa, e talvolta esplosiva. Ma nel caos croccante della superficie, si nasconde un bisogno inespresso: quello di un compromesso storico, autentico e pragmatico, che vada oltre le fotografie patinate dei vertici internazionali e le schermaglie social.
*I ruffiani in grande stile* si sono già mossi. Sono quei tecnocrati e strateghi che lavorano nell’ombra degli apparati statali e della diplomazia interministeriale. Gente che annusa il vento, che affina le bozze dei trattati, che con una telefonata cambia il corso di una crisi energetica. Ma anche quelli che, con fare servile e uno sguardo al posizionamento futuro, indossano ogni maschera utile al mantenimento del potere. Così, mentre Macron e Meloni fingono distanze inconciliabili per mantenere vivo il proprio bacino elettorale, in realtà nei corridoi del Quirinale e dell’Eliseo si lavora a stretto contatto.
La *vie en rose* delle relazioni italo-francesi è però solo apparente. I fiori sono appassiti in troppi cimiteri della fiducia politica: dalle accuse incrociate sulle migrazioni, fino alle faide industriali su cantieri navali, asset energetici e mercati agricoli. Ma se è vero che ogni rosa ha le sue spine, è anche vero che nelle relazioni internazionali conta la resilienza più della coerenza. E allora eccoli, gli alleati impossibili, ritrovarsi al capezzale di un’Europa che rischia l’inconsistenza geopolitica, davanti a una Cina aggressiva, a una Russia risorgente e a un’America che gioca a poker con dazi e provocazioni.
Nel vocabolario della diplomazia europea, il latino non è morto: è solo in attesa di riscoperta. Parole come concordia, consilium, fides, officium tornano oggi più che mai attuali. La grammatica del compromesso storico tra Roma e Parigi è già scritta in una lingua antica, che parla di destino comune e responsabilità condivise. Ed è in quella lingua che bisognerebbe redigere oggi un nuovo pactum de Europa, evitando l’ennesimo aborto istituzionale davanti al primo urto elettorale o capriccio populista.

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Ma a rovinare il quadro ci pensano *i paparazzi del presente*, che inseguono gli scatti di Meloni e Macron come se fossero i protagonisti di una tragicommedia romantica. È la spettacolarizzazione della politica estera, ridotta a meme, story e commento tagliente. Eppure dietro i flash si agitano forze reali, minacce concrete, e opportunità che potrebbero non ripresentarsi. L’Europa non può permettersi di restare prigioniera del pettegolezzo diplomatico, né delle antipatie personali. L’infinito futuro della costruzione europea ha bisogno di adulti, non di influencer geopolitici.
C’è un’ultima scena da raccontare, forse la più simbolica. Un missile antiaereo europeo, frutto della collaborazione tra Italia e Francia, difende i cieli di Kijev. Mentre a Roma e Parigi ci si accapiglia su parole e posture, un sistema di difesa congiunto salva vite e tiene testa alle ambizioni di Putin. La realtà, quella vera, ha già tracciato il solco. Non resta che percorrerlo.
Un *Grand Bargain* non è una fantasia, ma una necessità storica. E il tempo stringe. O l’Europa impara a cucinare se stessa con arte e misura, o finirà bruciata nella friggitrice del disordine globale. E allora sì, non resteranno che i ruffiani, a intonare una malinconica La Vie en Rose, mentre il futuro latino si sarà dissolto in un imperfetto senza ritorno.