Foglio di diario senza data

FOGLIO DI DIARIO SENZA DATA

A ben ascoltare il silenzio a occhi chiusi ci accorgiamo che il silenzio terrestre non è assoluto, e anzi si possono percepire, con l’occhio e l’orecchio interno i suoni dei colori e il colore dei suoni

FOGLIO DI DIARIO SENZA DATA

 A ben ascoltare il silenzio a occhi chiusi ci accorgiamo che il silenzio terrestre non è assoluto, e anzi  si possono percepire, con l’occhio e l’orecchio interno i suoni dei colori e il colore dei suoni. Colori e suoni immaginati, certo, ma non si ascoltano forse voci inesistenti e non si vedono figure colorate quando si sogna? Se mi allungo sul divano del mio studiolo  cado facilmente preda di tetre fantasie , quindi è meglio uscire all’aria aperta; camminare in riva al mare  fa bene al corpo e all’anima (sempre che la parola “anima” corrisponda, per me, a qualcosa ). Quando la stanchezza si è fatta sentire, mi sono seduto su una panchina dell’Auditorium all’aperto di Sanremo. Avevo con me  i Canti del Leopardi, e mi sono perso a meditare non so per quanto tempo sulla citazione di Menandro che il Poeta ha messo come epigrafe alla canzone Amore e morte: “Muor giovane colui ch’al cielo è caro”.

 

Io non sono più giovane, anzi, pur essendosi allungata di parecchio la speranza di vita media, sono ormai entrato a pieno titolo in quella che eufemisticamente è stata chiamata “terza età”; questo significa che ho alle mie spalle una prima e una seconda età. Ora, dal momento che, se potessi per miracolo tornare indietro, rivivrei così come l’ho vissuta la mia prima età, ma  salterei a piè pari la seconda, non sarebbe stato meglio per me (e per il mio prossimo) che il buon Dio mi avesse chiamato a sé prima che io dovessi pentirmi amaramente di aver vissuto  la mia seconda età così male da volerla  dimenticare, cancellare, annullare, se fosse mai possibile, a qualunque costo? Ipotesi ovviamente assurda, desiderio vano e anche, in aggiunta,  blasfemo (a proposito, quante volte ho bestemmiato, rinnegato, offeso, insultato volontariamente e involontariamente la Fons pietatis, qui salvando, salva gratis?): a chi devo il fatto di essere ancora vivo e in libertà invece che morto o in una casa circondariale del mio bel Paese? A quale angelo (o demonio) protettore o custode devo la mia permanenza in questa valle di lacrime?

 
Graziella Campagna e Giulio Regeni
Se penso a tante degne persone che meritavano molto più di me di raggiungere la mia età di ultrasettantenne e che invece se ne sono andate all’altro mondo nel fiore degli anni, perendo o in incidenti, o per morbi incurabili, o su qualche nuovo fronte di guerra in terre lontane, o assassinate  per essersi eroicamente ribellate ai nuovi fascismi, come Giulio Regeni, o a qualche legge non scritta ma spietata come quella mafiosa dell’omertà, come l’eroica Graziella Campagna, o vittime del fanatismo di chi uccide in nome di un dio crudele, o delle “bombe intelligenti” con le quali  il ricco Occidente fa nuove stragi di innocenti nel Terzo Mondo, mi sembra di calcare e pesare abusivamente su sora nostra matre terra,/ la quale ne sustenta e governa et produce diversi frutti con coloriti fiori et herba…mi chiedo perché, a quale fine e per quale disegno o progetto (se c’è) ho ricevuto la grazia di vivere o sopravvivere fino a quest’oggi. Se non è una questione né di merito né di necessità (a chi è necessario che io viva? Sono forse indispensabile a qualcuno? Quale missione sono stato chiamato a compiere? Che senso ha la mia presenza transitoria qui o in qualunque altra parte dell’uni o pluriverso?), non rimane che ringraziare il caso o la dea bendata. A meno che non continui a vivere per scoprire perché sono venuto a questo mondo più di settant’anni fa, e, scoperta la verità che mi è rimasta nascosta per tutta la vita, possa finalmente  riposare in pace.  

Sempre che non si tratti di una di quelle verità che non lasciano dormire in pace nemmeno  i morti, anzi, che tolgono persino la consolazione e la speranza, come canta il Poeta, di solo aspettar sereno / quel dì ch’io pieghi addormentato il volto / nel tuo virgineo seno.

 Fulvio Sguerso

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